Legnanesi,

I Legnanesi sono una compagnia storica di attori ‘en travesti’, che solo nell’ultima passerella si presentavano in abiti maschili, nacque nell’oratorio di Legnanello nel 1946, come piccolo gruppo di teatro dilettante. Già da allora i primi attori della compagnia sono Felice Musazzi, Tony Barlocco, Renato Lombardi (la mostruosa Chetta), che però si esibivano anche in abiti maschili. Il debutto ufficiale avviene con E un dì nacque Legnanello , nel 1949, nel teatro dell’oratorio del Redentore di Legnano. Accolta subito da grande successo popolare, la compagnia si trasforma in una specie di Stabile legnanese, in grado di fare piccole ma capillari tournée in Lombardia. Il primo titolo in cui si battezzano le storiche figure di Teresa e Mabilia, madre e figlia in continua ripicca, vere protagoniste di questa Commedia dell’Arte lombarda, è Sém nasù per patì (Siamo nati per soffrire), cui seguirono molte altre riviste d’ingenua spettacolarità. La prima trasferta importante è nel 1955, al Villoresi di Monza, ma la consacrazione avviene con Va là batel… al Teatro Odeon di Milano, nel ’58, per volontà del suo gestore Enrico Papa. È subito un trionfo di ilarità, sia popolare sia snobistica: in platea Wanda Osiris segue e applaude le gesta e le imitazioni di Tony Barlocco, soubrette della compagnia che indosserà via via i più sfarzosi costumi, come nella parodia della vecchia rivista. Da allora fu ogni anno un record di applausi e di incassi, i Legnanesi divennero un fatto di costume teatrale, chiamando in sala un pubblico nuovo e diverso, non affine al tradizionale spettatore milanese.

La compagnia, che recitava sempre e soltanto testi della sua `prima donna’ Felice Musazzi, ex metalmeccanico della Franco Tosi, era composta di operai che, senza montarsi la testa, di giorno lavoravano in fabbrica e la sera partivano in pullman per Milano, tornando a casa a ora tarda, a fine spettacolo. Il gruppo, eccentrico ed eccezionale nel panorama del nostro teatro, raccoglieva, – trattando, con verace vena di osservazione i problemi quotidiani della povera gente nei cortili – la tradizione del teatro popolare, accostabile per qualcuno alla Commedia dell’Arte e al Ruzante. Tra i difensori storici dei Legnanesi è da citare Alberto Arbasino che, in un articolo dei primi anni ’60, paragonò lo stile di Musazzi a quello brechtiano, citando il cabaret pop di Karl Valentin e consacrando un tipo di rivoluzione nel messaggio diretto e irresistibile offerto alla platea. I testi delle riviste erano quasi sempre canovacci per mettere in risalto le condizioni di vita della povera gente della provincia lombarda, quasi una deformazione grottesca di Bertolazzi. Una delle componenti del successo fu anche, negli anni ’70, l’estremo lusso degli allestimenti, il momento canoro di Ciro, la parodia sempre più fastosa, anche negli atteggiamenti, della soubrette Barlocco che si esibiva in attese passerelle al finale del primo tempo: ma nel fondo resisteva la satira socialista ancien régime , e anche qualche battibecco `anti-meridionale’ fatto però col cuore in mano. Se l’Odeon divenne, nel corso degli anni, il teatro dei Legnanesi, dove la compagnia recitava a sala esaurita per cinque o sei mesi, gli spiritosissimi travestiti andarono anche al Manzoni, al Nuovo, al Lirico, al Massimo, sempre richiamando un fedelissimo pubblico che si riconosceva nelle situazioni `minimaliste’ e nei dettagli di costume, oltre che nel classico e storpiato gioco di parole, eredità del vecchio varietà, che la Teresa sublimò in alcune battute leggendarie, col dialetto usato come arma da scasso per la risata totale.

Tra i molti titoli, dal 1958 in poi: Teresa e Mabilia show in famiglia (irresistibile famiglia Colombo), Telalà la luna, Teresa di notte, Teresa degli spiriti , Zucc e melun la so stagiun, Chi vusa pu sé la vacca l’è sua, I pover Christ superstar, Regna la rogna, I lenzoeu d’ier e d’incoeu, Il cortile dei miracoli, Famm, fum e frecc, B… come `buleta’ , Oh vita, oh vita straca, E la buleta la va la va e l’ultimo Lasciate che i pendolari vengano a me, che debutta nel 1983 e poi viene ripreso nel 1985. Tra le tournée fuori Lombardia, una serie di poco fortunate recite al Sistina di Roma, dove accorsero però spettatori doc come Luchino Visconti e altri ammiratori dell’ambiente; e una tappa a Parigi, rappresentanti del teatro popolare italiano. Amati molto anche da Fellini, i Legnanesi ebbero poca affinità col cinema, ospitati solo dal regista Caprioli nel salotto folk di Splendori e miserie di madame Royale con Ugo Tognazzi travestito. Dopo la morte dei due capostipiti, Tony Barlocco nel 1986 e Felice Musazzi nel 1989, i Legnanesi si riorganizzarono sotto la direzione di Alvaro Testa e Dante Barlocco, allestendo allo Smeraldo altri spettacoli sulla stessa linea popolar-dialettale, cambiando i nomi ma non i caratteri, e partendo con un omaggio alla loro storia teatrale, Legnanesi story . Tra i `nuovi’ protagonisti sono da citare Lino Mario (la peccaminosa Eleonora), Angelo Mortarino (la saggia zia Maria) e Rino Mareschi (Rina, inedita zitella di taglia extra large). I migliori spettacoli del gruppo sono stati editati anche in videocassetta e Legnano ha dedicato ai suoi eroi molti onori e un ricco volume.