Hoffmann

Con Pina Bausch e Susanne Linke, Reinhild Hoffmann costituisce il nucleo storico del cosiddetto ‘neoespressionismo’ tedesco degli anni ’70 (o Tanztheater). Formatasi alla Folkwang Hochschule di Kurt Jooss, a Essen (1965-70), danza dal 1971 al ’73 nella compagnia del Teatro di Brema e inizia a creare sue coreografie alla Folkwang Hochschule (1974); ottiene così una residenza coreografica nella compagnia espressione della celebre scuola, il Folkwang Tanzstudio, e ne diviene direttrice artistica assieme alla Linke (1975-77). Dopo un periodo di studi negli Usa con Cunningham, Nikolais e la Monk, assume la direzione artistica del Tanztheater di Brema (1978): incarico che mantiene, accanto a Gerhard Bohner, fino al 1981, per poi estenderlo a direttrice unica. Nel 1986 la compagnia, che ormai porta il nome di Tanztheater Reinhild Hoffmann, cambia residenza e da Brema passa a Bochum (Schauspielhaus), restandovi fino al ’95, l’anno del suo scioglimento. Come free-lance viene eletta membro dell’Akademie der Künste di Berlino, e oltre ad allestire creazioni e a riprendere le sue più celebri coreografie (come Callas, ispirata al celebre soprano, allestita a Brema nel 1983) potenzia l’attività di coreografa nel teatro musicale, iniziata nel 1982 con l’allestimento di Erwartung e Pierrot lunaire di Schönberg, seguito dalle coreografie per il Diario di uno scomparso di Janácek (1994), La traviata (nell’edizione diretta da Muti al festival di Salisburgo, 1995) e Idomeneo (1996).

Solista di particolare forza espressiva, non stupisce che ancora oggi la si ricordi nell’intenso e ipnotico assolo, su musica di Cage, Solo mit Sofa (1979), un brano di raro rigore formale nel quale emersero le lacerazioni di una costrittiva condizione femminile e un drammatico autolesionismo, ma che in realtà già metteva in luce lo stretto rapporto con le arti visive nella simbiosi, di grande tragicità, con taluni elementi scenografici (come il divano, estensione del suo lungo abito e a cui la solista appariva indissolubilmente legata). Nel suo linguaggio scarno ed essenziale assi, croci, pietre e stoffe entrano a far parte di assoli e duetti come Bretter, Steine e Auch (1980), mentre nelle vistose e scenografiche coreografie di gruppo, allestite a Brema (Fünf Tage, Fünf Naulmchte, 1979; Hochzeit, 1980; Unkrautgarten, 1980; Dido und Aeneas , 1984; Föhn, 1985; Verreist, 1986), l’artista sceglie di utilizzare in pieno ogni mezzo che le viene offerto da una solida e ricca istituzione teatrale. Più crude e sanguigne, le opere del periodo di Bochum (Machandel, 1987; Zeche I, 1992; Zeche II, 1993; Denn ein für alle Mal ist’s Orpheus, wenn es singt, 1994; Folias, 1995) inaugurano il rapporto con la tragedia e il mondo antico. Ma la coreografa non rinuncia alla sua vocazione solistica: nel 1996 allestisce l’assolo Vor Ort e nel ’98 prepara in un duetto con l’amica e collega Susanne Linke, dopo una serie di allestimenti internazionali (come Sir Mekan e Spielraum ) in cui torna a farsi sentire la predilezione per gli oggetti in legno, in un linguaggio del corpo che, nella ritrovata essenzialità, esplora un ancor più ampio spettro di possibilità dinamiche ed espressive.