Grassi

Figura di spicco nella Milano degli anni ’40, il giovanissimo Paolo Grassi organizza la Ninchi-Tumiati, fonda ‘Palcoscenico’, primo gruppo di teatro sperimentale italiano attivo alla Sala Sammartini di Palazzo Serbelloni: con lui ci sono Franco Parenti, Liana Casartelli, Giuliana Pogliani, Mario Feliciani, Speranza Pistoia, Giuseppe Migneco e Luigi Veronesi e si rappresentano testi di Pirandello, Roberto Rebora, Ernesto Treccani, Beniamino Joppolo, Tullio Pinelli, Cesare Meano, Leopardi (frequentatissimo in quegli anni il suo Federico Ruysch e le sue mummie ) e Yeats, O’ Neill, Synge, Evreinov, Cechov; nell’ultimo spettacolo, dato al Palazzo dell’Arte al Parco, prende parte anche il neolaureato attore all’Accademia dei Filodrammatici, G. Strehler. Nell’immediato dopoguerra è critico drammatico de “l’Avanti!”, dirige la collana teatrale della Rosa e Ballo dove appaiono, fra gli altri, testi di O’ Casey, Wedekind, Strindberg, Toller, Büchner, Majakovskij e con Strehler è attivissimo al Circolo Diogene, che svolge attività di letture, intorno al quale si muove il meglio del teatro italiano che, nel ’46, fa capo a Milano: ci sono Gassman, la Torrieri, Carraro, Ferrieri, Landi, Jacobbi, Ettore Gaipa; Grassi, fresco della regia di Giorno d’ottobre di Kaiser per la compagnia di Adani, presenta La linea di condotta di Brecht, e Strehler legge con Gassman e Carraro Il cancelliere Krehler di Kaiser e presenta l’ Edipo re nella nuova traduzione di Quasimodo.

Intrecciati così i loro destini, Grassi e Strehler fondano nel ’47 il Piccolo Teatro della Città di Milano, primo Stabile italiano: «Noi non crediamo che il teatro sia un’abitudine mondana, un astratto omaggio alla cultura (…) e nemmeno pensiamo al teatro come a un’antologia di opere memorabili del passato o di novità curiose del presente, se non c’è in esse un interesse vivo e presente che ci tocchi (…) Il teatro resta quello che è stato nelle intenzioni profonde dei suoi creatori: il luogo dove una comunità ascolta una parola da accettare o da respingere. Perché anche quando gli spettatori non se ne avvedono, questa parola li aiuterà a decidere nella loro vita individuale o nella loro responsabilità sociale. Il centro del teatro sono dunque gli spettatori, coro tacito e attento. Chiediamo la vostra solidarietà in questa nostra fatica» (dal programma dell’ Albergo dei poveri di Gor’kij, spettacolo inaugurale, 14 maggio 1947). G. resta alla direzione del Piccolo fino al ’68 con Strehler. Dal 1968 al ’71 ne mantiene alto e vivo il valore, da solo, con una programmazione eclettica che presenta nuove linee registiche e scenografiche, con una ventina di spettacoli, e apre nuovi spazi (decentramento e tendoni): arrivano il giovane Chéreau, la Mnouchkine con Grüber, Bellocchio, Scabia e i suoi `interventi’ in L’isola purpurea di Bulgakov e gli scenografi Arroyo, Allio, Luzzati insieme ai testi di Wedekind, Adamov, Gatti, Neruda, Dorst, ma anche il Brecht di Strehler ( Santa Giovanna dei macelli ), perché «morto Strehler non se ne fa un altro» dichiara consapevolmente. Dal 1972 al ’77 è sovrintendente alla Scala succedendo a Ghiringhelli e poi direttore della Rai. La storia di G. è quella di una grande amicizia – unica nella storia del teatro del ‘900 – che ha saputo salvaguardare e grandemente aiutare con forza e acutezza quel talento di Strehler che ha fatto di Milano il centro di cultura che tutta Europa ci ha invidiato.