Gombrowicz

Witold Gombrowicz studia giurisprudenza all’università di Varsavia, in seguito filosofia ed economia a Parigi. Tornato a Varsavia, collabora a riviste letterarie come critico. Nel 1939 lo scoppio della guerra lo sorprende in Argentina, dove rimane fino al 1963, per risiedere in seguito a Berlino, Parigi e Vence. L’attività drammaturgica di Witold Gombrowicz è strettamente legata a quella di scrittore di romanzi come Ferdydurke (1937) e Bakakaj (1957), incentrati sul tema dello smascheramento dei modelli di comportamento sociale, o come Pornografia (1960), dove il protagonista-narratore si assume esplicitamente una funzione registica. Autore affascinato da ciò che accade tra gli uomini, dai problemi della forma e della immaturità, Witold Gombrowicz sembra essere stato naturalmente predestinato alla scrittura dialogica e teatrale: «tutta la mia opera artistica – è lui stesso a spiegarlo – tanto i romanzi quanto i racconti, è teatro. In ognuna delle mie opere è possibile trovare un regista che organizza l’azione, i miei personaggi indossano maschere, il mio modo grottesco di espressione assume una certa plasticità». D’altra parte, il carattere demistificatorio della sua Weltanschauung, l’attenzione maniacale per i cerimoniali e i rituali formalizzanti l’esistenza umana non potevano che spingerlo verso le forme teatrali più convenzionali: la farsa e l’operetta.

«Se ho voluto affrontare una forma così leggera è stato per controbilanciarla e perfezionarla con la serietà e il dolore», è la spiegazione dello stesso Witold Gombrowicz Ivona, principessa di Borgogna, pubblicata su “Skamander” nel 1938 e rappresentata nel 1958, è un’opera a tesi che sembra anticipare l’esistenzialismo sartriano. La comparsa di Ivona alla corte reale è un apologia sul «desiderio di uccidere il ridicolo che vive in noi» (J. Pomianowski). La pièce è strettamente legata ai postulati filosofici di Witold Gombrowicz, per il quale la vita fluisce tra gli estremi di una forma sclerotizzata e agonizzante da una parte e di un caos informe dall’altra, e dove l’unico fattore progressivo è l’immaturità, una `inferiorità’ carica di energia, qui rappresentata da Ivona, `elemento di contraddizione’ con la sua sgraziata goffaggine. Il matrimonio (1957, rappresentato nel 1974) è stato concepito come una trascrizione di un sogno e insieme una parodia delle tragedie shakespeariane: la pièce ha una struttura onirica dove il piano più alto del linguaggio si contamina con il lessico più volgare, e nell’ambito della trama gli avvenimenti più triviali si intrecciano ad accadimenti mortalmente seri. Eventi e personaggi sono caratterizzati da un’esibita artificialità. Nelle stesse parole dell’autore «tutte queste persone recitano sempre», tutti fingono di essere se stessi e mentono per dire la verità, mossi dall’unico – inconfessato – desiderio di dominare. Ogni cultura, infatti, non è altro che un insieme di rituali che hanno lo scopo di formalizzare in una messa in scena la lotta per la sopravvivenza.

Dopo aver così ferocemente tratteggiato l’obbligo socio-culturale delle convenzioni, in Operetta (1969) Witold Gombrowicz celebra l’apoteosi della nudità, simbolo di verità, sincerità, semplicità. Deciso a trasmettere attraverso la pochezza intellettuale dell’operetta il pathos della storia, Witold Gombrowicz descrive in Operetta nient’altro che l’apocalisse, il crollo del vecchio mondo, la rivoluzione, l’insorgere di un mondo nuovo e terribile. Da un punto di vista della personale filosofia di Witold Gombrowicz («non credo in una filosofia non erotica, in un pensiero che si libera dal sesso»), si tratta della fine di un percorso: alla sostituzione della convenzionalità della forma con la nudità da segni e orpelli corrisponde il trionfo, a lungo negato, del giovane sul vecchio, dell’universale sul nazionale, del sogno sull’ideologia. Anticipatrice dell’esistenzialismo, l’opera teatrale di  Gombrowicz se ne distanzia per l’esibito scetticismo e un certo anarchismo, ma soprattutto per la forma espressiva, per il suo carattere parodistico, per il suo senso del grottesco e dell’umorismo, che ne hanno decretato un successo pressoché ininterrotto sulle scene di tutto il mondo.