Giusti

Elena Giusti fu nel panorama della rivista italiana la rappresentante dell’eleganza classica, facendosi confezionare a sue spese dal sarto Schubert modelli raffinati ed esclusivi che potevano arrivare al costo esplosivo di un milione cadauno. Iniziò la carriera, come lei stessa ha confessato, scappando da casa, a Malta, nel 1938, a diciasette anni e a quarantasei chili, battezzata con un nome d’arte esotico, Elena Napir. Fu scritturata per uno show d’arte varia in tournée coloniale in Africa per 130 lire al giorno, facendo un’audizione a Roma in un pessimo inglese e con una gonnellina hawaiiana molto kitsch. Naturalmente la famiglia non era favorevole, il padre tentò in ogni modo di dissuadere la figlia cui aveva fatto studiare il piano e la stenodattilografia. Ma la signorina Elena Giusti aveva deciso ed ebbe anche un suo personale successo: girò sette mesi, fece il canale di Suez in cammello, ebbe flirt molto altolocati. E il dado del varietà era tratto, in un ambiente allora considerato poco conveniente per una ragazza di buona famiglia che nel 1941-42 ebbe il suo debutto italiano a Milano accanto al Trio Lescano e Natalino Otto in Fantasia musicale e a Roma in Maddalena dieci in condotta, parodia di un famoso film. Oltre agli spettacoli di beneficenza dell’epoca, nel 1943-44 la G. figura in locandina a Roma con Che ti sei messo in testa? di Galdieri con Totò che imita Aligi in La figlia di Ionio e la Magnani che inneggia alla libertà polemizzando alla grande con i nazisti in sala. E sempre con Totò sarà nel 1944-45 in Con un palmo di naso accanto alla Merlini e Lucy D’Albert, passando lo stesso anno anche col `bauscia’ Tino Scotti nello show Ridiamoci sopra . Nel 1943-44 è con De Sica e la Merlini in Ma dov’è questo amore? e nel 1944-45 è la soubrette del Cappello sulle 23 di Morbelli, con Spadaro e Viarisio, regia di Mastrocinque. Si trasferisce a Napoli, dove nel 1945-46 recita in Polvere di Broadway, accanto al cremonese U. Tognazzi, che diventerà poi il suo partner fisso per tre stagioni con epicentro al Lirico di Milano.

Ma prima la Giusti lavora per Garinei e Giovannini in Si stava meglio domani (1946-47) accanto alla `maestra’ W. Osiris e a G. Agus e soprattutto impara l’arte da Totò in Ma se ci toccano di Nelli e Mangini, C’era una volta il mondo nel 1947-48 e Bada che ti mangio , sempre obbligata, come tutta la compagnia, a correre alla bersagliera sulla passerella, fino allo sfinimento. Svezzata con l’attività radiofonica («la voce di cristallo dell’Eiar») e al fianco dello chansonnier O. Spadaro, la Giusti lavora con i grandi comici dell’epoca e si afferma definitivamente all’inizio degli anni ’50. Con Macario è la soubrette di Votate per Venere , nel 1950-51, accanto ad altre bellezze in ascesa come F. Lillo, D. Gray e L. Masiero, oltre a Bramieri; con C. Dapporto lavora in Buondì zia Margherita di Galdieri nel 1948-49. È la soubrette classica, al servizio del comico di cui sopporta occhiate maliarde e qualche battuta dozzinale, ma in compenso indossa e cambia a ripetizione vestiti così sfarzosi che mandano in tilt le signore delle prime file. Con Tognazzi, che si vanta di aver scoperto, fa coppia fissa, è la soubrette ufficiale di tre riviste scritte da Scarnicci e Tarabusi: Dove vai se il cavallo non ce l’hai? (1951-52), (in cui la G. canta “Scalinatella” come una turista americana a Napoli), Ciao, fantasma (1952-53) e Barbanera bel tempo si spera (1953-54), in cui appare anche la `spalla’ di Tognazzi, il giovane R. Vianello. Dopo aver abbandonato lo sfortunato show Baratin con T. Scotti nel 1954-55, per cui le chiesero 32 milioni di danni (ma ne pagò soltanto 7), e dopo una tournée come cantante in America, la G. dà l’addio alle scene ancora giovane – scegliendo il ruolo di madre e aprendo poi una ricca boutique a Milano – con Il diplomatico (1959) in cui, già incinta, apparve per l’ultima volta al fianco di Dapporto, alla fine di un’epoca.