Giovaninetti

Dopo il suo esordio di autore con Ombre (1927), segnato dalla poetica di Cechov, le caratteristiche della sua scrittura furono ispirate dapprima al realismo e, successivamente, a uno spiritualismo dai forti tratti misteriosi e simbolisti. Con Gli ipocriti (1932) si rivolse infatti alla satira sociale e di costume e, da questo momento in poi, i suoi riferimenti furono i saggi di Freud, Jung e Adler sull’inconscio e sui sogni. Questi studi influenzarono fortemente la sua scrittura, come testimoniano l’atto unico Ciò che non sai (1946), L’abisso (1948), Lidia o l’infinito (1948, ebbe scarso successo), L’oro matto (1951), Sangue verde (1953). Uno dei suoi ultimi drammi, I lupi (1962), ricondusse G. sulla strada del realismo. I suoi testi furono messi in scena da alcune tra le principali compagnie (Pavlova, Tofano, Borboni, Brignone-Carraro) ed ebbero numerose traduzioni all’estero (Francia, Germania, Svizzera, Svezia e, fuori dall’Europa, Argentina). In campo giornalistico, fu critico drammatico e cinematografico prima per il “Giornale di Genova” e poi per “Il Popolo”.