Ginzburg

Al teatro Natalia Levi Ginzburg arriva con ritardo rispetto alla narrativa, frenata – per sua ammissione – dalla paura della fisicità del pubblico e dal basso livello della nostra drammaturgia. Proprio in sintonia con la sua produzione maggiore, due sono state le linee dominanti dell’approccio: da un lato l’adozione di un linguaggio parlato che non fosse né dialettale, né letterario; dall’altro l’esplorazione – a livello tematico – del microcosmo familiare, spesso malamente avvelenato da spaccature insanabili. Le prime tre commedie – Ti ho sposato per allegria (scritta per Adriana Asti e rappresentata nel 1966), L’inserzione (portata sulle scene per la prima volta a Londra, Old Vic, nel 1968 e poi riproposta al San Babila di Milano nel 1969), Fragola e panna (allestita nel 1973) – prospettano uno schema tipico nell’opera della G., quello cioè dell’infelice e sottomessa donna di provincia umiliata dall’adulterio. Il fitto intrecciarsi dei dialoghi sostituisce già sin d’ora qualsiasi azione, costituzionalmente aliena ai suoi personaggi. La segretaria (1967) e La porta sbagliata (scritta nel 1968, trasmessa in televisione nel 1972 e rappresentata l’anno successivo a Lucca, Teatro del Giglio) allargano l’obiettivo su tutti i componenti della famiglia, moltiplicando i piani dell’analisi accrescendo la coralità. Entrambe le commedie sono attraversate da un profondo pessimismo e dalla convinzione che la solitudine sia il comune destino degli uomini d’oggi. Questo nucleo tematico, reso evidente attraverso i casi di sofferta infedeltà coniugale, sostanzia anche le opere successive più significative, da Paese di mare (1968, trasmessa in televisione nel 1972), all’ Intervista (portata sulle scene del Piccolo di Milano nel 1989 da Carlo Battistoni con l’interpretazione di Giulia Lazzarini e Alessandro Haber), agli atti unici Dialogo (scritto appositamente per la televisione nel 1970, trasmesso nel 1971) e La parrucca (rappresentata nel 1973 al Teatro Rendano di Cosenza).