Garbuglia

Allievo di Mario Chiari, Mario Garbuglia inizia la sua carriera a fianco di L. Visconti con un celebre Sguardo dal ponte di A. Miller (Roma, Teatro Eliseo, 1958), in cui, sfruttando l’effetto di elementi scenotecnici a vista e opportuni cambiamenti di luce, mette a fuoco con esattezza, nella dinamica dell’azione, i diversi piani del luogo scenico. Nei successivi Veglia la mia casa, angelo! di K. Frings da T. Wolfe (Roma, Teatro Quirino, 1958), I ragazzi della signora Gibsons di W. Glickman e J. Stein (Roma, Teatro Eliseo, 1958) e Figli d’arte di D. Fabbri (Roma, Teatro Eliseo, 1959) si rivela appieno uno stile che, con una ricerca ambientale accurata e perfezionistica, costruisce le immagini come inquadrature ad angolazioni diverse; particolarmente adeguato, dunque, alla scenografia cinematografica, alla quale l’artista si dedica fin dal 1950, collaborando con M. Monicelli, M. Ferreri e naturalmente con Visconti ( Le notti bianche , Nastro d’argento 1957), senza tuttavia abbandonare totalmente il teatro: l’alta serra liberty per Spettri di H. Ibsen (regia di Luca Ronconi, costumi di Vera Marzot, Spoleto, XXV festival dei Due mondi, 1982), tutta bianche vetrate, suddivisa da panneggi che calano dall’alto sopra pochi arredi chiari, gli consente di vincere il premio Ubu 1983 per la scenografia.