Flaiano

Scrisse romanzi (Tempo di uccidere, 1947), racconti (Una e una notte, 1959) e raccolte d’aforismi, svolse in diversi periodi attività di critico drammatico (le sue recensioni furono in parte raccolte nel volume dal titolo: Lo spettatore addormentato) e tentò occasionalmente il teatro. Ennio Flaiano esordì nel 1946 con l’atto unico La guerra spiegata ai poveri che, attraverso uno scoppiettante susseguirsi di battute, spesso azzeccate, raccontava i meccanismi alle origini dei conflitti, ironizzando sulle figure dei potenti e solidarizzando, con pudica amarezza, su quelle delle vittime. Seguirono due farse di scarso spessore (La donna nell’armadio, 1957; Il caso Papaleo, 1960) e l’opera teatrale più impegnativa, Un marziano a Roma (1960), tratta da un breve racconto e travolta dai fischi alla prima rappresentazione al Lirico di Milano, anche a causa di una messinscena di V. Gassman, inutilmente faraonica. Vi si riproponeva, nelle vesti di una storiella fantascientifica, il tema non nuovo di come una tensione ideale poteva essere assorbita e svuotata da una realtà cinica e vischiosa. L’insuccesso portò l’autore ad affermare che «scrivere per il teatro è come scrivere in ottava rima. Una forma che non ci riguarda più». Ma ci provò ancora una volta, con La conversazione continuamente interrotta (1972), dove tre intellettuali, stancamente impegnati nello stendere una sceneggiatura, parlavano delle loro nevrosi e vivevano, quasi distrattamente, piccoli drammi non certo sufficienti a riempire il loro vuoto. E anche qui osservazioni graffianti s’innestavano in una struttura programmaticamente fragile. Come critico, ebbe soprattutto il merito di segnalare, fra i primi, il talento di C. Bene; ed è stato, come sceneggiatore cinematografico, il più importante collaboratore di Fellini (I vitelloni, La dolce vita ).