Fields

C. Dukinfield; Filadelfia 1879 – Pasadena, California, 1946), giocoliere statunitense. Di famiglia poverissima, di genitori inglesi immigrati, scappa di casa dopo una lite con il padre e, bizzarramente, si sostenta imparando a fare il giocoliere. Mancano però notizie precise fino al suo impegno in un teatro all’aperto a Plymouth Park, Norristown: secondo alcuni nel 1894, secondo altri nel ’97. Nel 1898, comunque, debutta a New York, al London Theatre sulla Bowery, non solo come giocoliere ma anche come comico. Ed è così che comincia il successo: nel 1900 parte per l’Europa e ottiene gran risultati al Palace di Londra, al Winter Garten di Berlino, in Francia, in Belgio, in Spagna, Scozia e Irlanda. Tornato negli Usa, diventa famoso nel circuito del vaudeville e del musical ( The Ham Tree , 1905). Torna in Gran Bretagna, e nel 1908 è alle Folies Bergère in un programma nel quale è presente anche Maurice Chevalier. Nel 1914 la sua popolarità è tale che i produttori di Watch Your Steps di I. Berlin lo licenziano, convinti che avrebbe distolto il pubblico dai protagonisti Vernon e Irene Castle. Il successo di F. cresce con le sue partecipazioni agli spettacoli di Ziegfeld (1914-1921) e ancora nella rivista George White’s Scandals del ’22. Nel 1923 è protagonista (e coautore) a Broadway di Poppy , suo massimo successo personale, con 346 repliche. Poppy fu tradotto in film: muto, nel 1925, da D.W. Griffith, e ancora nel ’36, sonoro, dove F. è sempre protagonista. Ha interpretato parecchi film, diventando una star all’avvento del sonoro e collaborando spesso alla sceneggiatura con lo pseudonimo di Charles Bogle. Celebre per la sua lingua tagliente, per le battute crudeli, proiettava un’immagine sgradevole. Il suo ruolo più celebre è quello del signor Micawber nel film David Copperfield (1935). Durante gli ultimi anni della sua vita, amareggiato da critiche e insuccessi era diventato alcoolizzato. Anche qui una battuta fu più forte di tutto: «Ho tanto bevuto alla salute degli altri – disse – che ho finito con il perdere la mia».