Feydeau

Georges Feydeau si affermò nel 1887 con Sarto per signora (Tailleur pour dames) e fu per una trentina d’anni uno dei più brillanti fornitori di copioni per i teatri commerciali parigini, in una carriera che coincise quasi esattamente con la cosiddetta belle epoque. Ritenuto nel suo tempo non più che un artigiano abile e fortunato, lo si considera oggi, in Francia e altrove, uno dei maggiori autori comici dell’intera storia del teatro. È consuetudine suddividere i suoi vaudeville (si definiscono così le sue commedie, sulla scia di Labiche e di altri autori del Secondo Impero) in due gruppi. Nel primo del quale fanno parte, fra gli altri, Il signore va a caccia (Monsieur chasse, 1892), Champignol suo malgrado (Champignol malgré lui, 1892), L’albergo del libero scambio (L’Hôtel du Libre Echange, 1894), Il tacchino (Le dindon, 1896) e La pulce nell’orecchio (La puce à l’oreille, 1907) – si raccontavano in termini buffoneschi i pericoli che incombevano sulla coppia, presentando una gentile signora che si riteneva a ragione o a torto tradita e decideva di ricambiare il marito della stessa moneta (ma l’adulterio non veniva mai consumato). Il secondo filone – che comprendeva, per esempio, La palla al piede (Un fil à la patte, 1894), La dame de Chez Maxim’s (1899) e Occupati d’Amelia (Occupe-toi d’Amélie, 1908) – aveva invece come protagonista una cocotte coinvolta in vari imbrogli, o perché voleva conservare l’amante prossimo a convolare a nozze o perché, trascinata dalle circostanze o dal suo buon cuore, si trovava a recitare un ruolo che non le competeva. Si partiva in ogni caso da una situazione che racchiudeva in sé uno o più malintesi, e la si sviluppava in tutte le possibili conseguenze, con una virtuosistica scienza dell’intreccio e un dialogo di perfetta funzionalità comica, valendosi di personaggi visti solo nei loro comportamenti, senza pretese d’approfondimento psicologico. Più realistici furono gli atti unici (riuniti col titolo Dal matrimonio al divorzio) con i quali il commediografo chiuse la sua carriera prima di sprofondare nella follia. Vi si presentava (per esempio in Pupo prende la purga , On purge bébé, 1910 e in Ma non andare in giro tutta nuda, Mais n’te promène donc pas toute nue, 1911) una serie d’immagini quasi strindberghiane (ma volte al comico) dell’inferno familiare, con mogli spaventosamente autoritarie e mariti ridotti a vittime.