Fehling

Dopo studi di teologia e giurisprudenza a Berlino, segue i corsi di recitazione di P. Wegener e F. Kayssler; in seguito lavora come attore a Vienna e a Berlino dove interpreta, tra l’altro, il ruolo di Trofimov ne Il giardino dei ciliegi (1918) alla Volksbühne di Bülowplatz sotto la direzione di Kayssler. Nel 1919 debutta nella regia con Il matrimonio di Gogol’ e si impone, a partire dal 1921, con messe in scena di opere di Shakespeare quali La commedia degli errori e Re Lear , e di Uomo massa di Toller. Dal 1922 al 1944 lavora con continuità al Teatro Nazionale di Berlino caratterizzandone la storia di un intero periodo con le sue messe in scena di Shakespeare e di classici tedeschi quali Kleist, Lessing, Hebbel, Goethe, ma anche di Cechov ( Tre sorelle , 1926) e Schnitzler ( Liebelei , 1931). Dal 1933 al 1934 F. mette in scena cinque opere di ispirazione nazista di Ziese, Paul Ernst, Griese, Johst e Blunck. Sotto l’intendenza di Gründgens dirige nel 1937 il Riccardo III di Shakespeare che viene ricordato per come la geometria dello spazio scenico venisse, con calcolo quasi matematico, riempita da un’atmosfera lugubre e apocalittica. A Berlino cura anche regie di opere wagneriane come L’olandese volante alla Kroll-Oper, nel 1929, e il Tannh&aulm;user alla Staatsoper nel 1933. Lavora anche alla Schauspielhaus di Amburgo dirigendo il Don Carlos (1935) e La vendetta di Crimilde (1936) di Hebbel. Nel 1945 fonda una associazione teatrale a suo nome che scioglie dopo circa un anno e appena due produzioni. Sempre a Berlino, nel 1948, mette in scena Le mosche di Sartre all’Hebbel Theater del quale tenta, senza successo, di assumere la direzione artistica. Lo stesso anno si reca a Monaco dove dirige la Maria Magdalena di Hebbel e, nel 1950, Casa di bambola di Ibsen e Donna Rosita nubile di García Lorca. Due anni più tardi cura la sua ultima regia allo Schiller Theater di Berlino, la Maria Stuarda di Schiller. Una sindrome depressiva gli ha impedito di realizzare ulteriori progetti. Il teatro di F. non si rifà all’espressionismo, ma è comunque un teatro profondamente tedesco, con un’anima tragica; decisamente impolitico, rappresenta la concezione della scena opposta a quella di Brecht e di Piscator.