epico

Preceduto dalle esperienze di Piscator e Mejerchol’d, il teatro epico venne elaborato da Bertolt Brecht, che usò il termine per indicare un sistema estetico di messa in scena che ha come obiettivo primario produrre conoscenza attraverso la narrazione critica di fatti e situazioni, così da suscitare attraverso il teatro una trasformazione sociopolitica della realtà. Il t.e. come forma teatrale si contrappone alla teoria aristotelica dell’identificazione mimetica e della catarsi, su cui si fondava il naturalismo teatrale coevo a Brecht; rifiuta l’immedesimazione e l’adesione irrazionale al punto di vista illusionistico della scena o del personaggio, sia dell’attore sia dello spettatore, e intende al contrario produrre un effetto di distanziazione (effetto di straniamento) da ciò che la scena `mostra’ attraverso «uno stile di rappresentazione quanto più possibile freddo, classico, razionale», «facendo appello all’intelligenza» piuttosto che al sentimento. Modello elementare di questo teatro che `racconta’ e non incarna è «la scena di strada», in cui i testimoni di un incidente narrano come si è svolto. Divenuto noto in tutto il mondo grazie alle tournée del Berliner Ensemble, in Italia il t.e. ha influenzato, per la sua concezione etico-politica del teatro e per la poetica dello straniamento, l’esperienza della regia critica (Strehler, Castri, ecc.), dell’animazione (Scabia) e della sperimentazione (Fo e il teatro politico degli anni Settanta).