Enriquez

Dopo essere stato aiuto di Lucignani, Visconti e Strehler, debuttò nel 1951 con Cesare e Cleopatra di Shaw, dirigendo la compagnia Ricci-Magni. Di due anni posteriore fu la sua prima regia lirica, Norma (Londra, Covent Garden). Sempre negli anni ’50 firmò molti altri lavori di segno diverso e di autori come Alfieri, Molière, Eliot, Odets, Fabbri, Moravia, Pirandello, sempre con una notevole attenzione all’analisi drammaturgica. Al decennio successivo appartengono le sue prove di maggior risonanza; a quel periodo risale anche il sodalizio con L. Luzzati, G. Mauri e V. Moriconi. Nacque la Compagnia dei Quattro, della quale tappe fondamentali furono La bisbetica domata (1962) e gli allestimenti di opere di García Lorca, Ionesco, Beckett, Sartre ed Euripide. Più avanti, dopo essere tornato anche alla regia lirica (notevoli, in particolare, il mozartiano Flauto magico e le messinscene al festival di Glyndebourne nelle stagioni dal 1963 al ’65), si fece coinvolgere nelle fortune e sfortune del teatro pubblico italiano: prima allo Stabile di Torino, poi a quello di Roma dove assunse la direzione artistica, non senza roventi polemiche. Tuttavia la sua vena, che spesso lo spinse verso un teatro gioiosamente barocco, non si estinse. Con lo Stabile romano produsse fra l’altro Kasimir e Karoline , spettacolo che ebbe grande successo e che rivelò in Italia Ödön von Hórváth. Negli anni ’70 rifondò la sua compagnia debuttando anche come attore in alcune messinscene ( Le notti bianche , Il Gattopardo ), le quali, insieme a Il sipario ducale tratto da Volponi, dimostrarono anche la scelta di un teatro ridotto da famosi romanzi. E ciò pur continuando la linea del teatro tradizionale: si vedano i suoi allestimenti di Parole divine di Valle-Inclán, de I parenti terribili di Cocteau, di Il seduttore di Fabbri e di Chi ha paura di Virginia Woolf? di Albee.