Dursi

Tra i pochi autori autentici e significativi del dopoguerra italiano, Massimo Dursi fu ricco di estri immaginativi e umori pungenti. Scrittore nato (pur se laureato in chimica), nei suoi lavori riversò una tensione costante di ideali civili e morali, unita alle impennate di una fantasia brillante, capace di tradursi in una scrittura densa e vivace, in un fraseggiare elegante e originale. La sua drammaturgia puntò da un lato a una satira di costume legata alla contemporaneità, dall’altro a un registro definito da qualcuno `epopea degli umili’. Appartengono alla prima categoria commedie come la graffiante Caccia alla volpe (1948), La giostra (1950) e Fantasmi in cantina (1964). Del secondo gruppo fanno invece parte opere a sfondo storico come Bertoldo a corte (1957), La vita scellerata del nobile signore Gilles de Rais che fu chiamato Barbablù (1967), arrivata anche sulle scene del Piccolo Teatro di Milano, Stefano Pelloni detto il Passatore (1963) e Il tumulto dei Ciompi (1972). Fu anche autore di numerosi testi radiofonici e televisivi. Come critico (al “Resto del Carlino” dal 1945 al ’74), le sue recensioni sono da considerare vere lezioni di metodo.