Duncan

Cresciuta in un ambiente familiare influenzato dalle teorie di Delsarte e impregnato di fervida religiosità e acuta sensibilià artistica, Isadora Duncan ne ha ricevuto una educazione improntata all’amore per la natura e per la libertà, tipico dello spirito di frontiera americano. Decisa a calcare il palcoscenico, rifiutando però l’estetica del balletto accademico, brevemente sperimentato con Marie Bonfanti a New York e più tardi a Londra con Ketti Lenner, un’allieva della Elssler, si è dedicata con passione a elaborare una sua nuova e personale forma di danza classica, dove il termine classica è da intendere come ellenica, ispirata cioè all’antica Grecia, con l’intento di esprimere i più intimi sentimenti in modo autentico e istintivo, e senza più indossare costumi e calzature costrittivi, ma lasciando vibrare il corpo, così come le onde del mare si increspano al vento, in leggere tuniche sciolte e a piedi nudi. Dopo i primi ingaggi con il Masonic Roof Garden a Chicago e nella compagnia di Augustin Daly a New York, con cui è arrivata in Gran Bretagna per la prima volta nel 1896, ha poi dato inizio alla sua straordinaria carriera di solista, inventando il proprio linguaggio e il proprio stile. Avendo presentato con successo alcune esibizioni in forma di concerto di danza, musica e poesia nei salotti newyorkesi, e sentendosi ormai pronta per proporle anche oltreoceano, ha quindi affrontato la grande avventura europea, destinata a farne un mito, come antesignana della danza moderna e come modello femminile di indipendenza e di intraprendenza, sia nello schierarsi a favore di cause politiche in cui credeva, sia nel produrre e circuitare i propri spettacoli, sia nello scegliersi i compagni di vita: Gordon Craig e Paris Singer, padri rispettivamente dei suoi figli Deirdre e Patrick, annegati tragicamente nella Senna (1913), e poi Sergej Esenin.

Dopo il secondo approdo a Londra nel 1898 insieme alla madre Dora, al fratello Raymond, anch’egli artista, e alla sorella Elizabeth, allestendo per la buona società inglese i suoi fortunati recital, ha raggiunto Parigi nel 1900, danzando nel gruppo femminile della connazionale Loie Fuller, città che abbandonerà per recarsi a Budapest, dove nel 1902 ha ricevuto i primi significativi riconoscimenti professionali. Si è poi esibita a Monaco e a Berlino, dove ha anche tenuto la famosa conferenza è La danza del futuro, destinata a diventare la sua prima pubblicazione, per ritornare ancora a Parigi, al Teatro Sarah Bernhardt, nel 1903, attirando stavolta l’interesse degli ambienti intellettuali e guadagnandosi la stima e l’amicizia, tra gli altri, di Georges Clemenceau, August Rodin, Antoine Bourdelle. Il successivo viaggio in Grecia, dove ha compiuto un lungo soggiorno, imbevendosi di cultura e d’arte, edificandovi una residenza sul Monte Imetto e mettendo in scena nel 1904 ad Atene una sua versione delle Supplici di Eschilo per dieci fanciulli, è diventato il punto di partenza per una nuova, intensissima, stagione. Subito dopo a Bayreuth, infatti, è stata invitata a interpretare una delle Grazie nel Baccanale del Tannh&aulm;user , mentre a Pietroburgo ha radunato un pubblico scelto, tra cui Fokine, che ne sarà influenzato per la sua Chopiniana o Les Sylphides , e Anna Pavlova; e in seguito a Mosca è stata apprezzata dal grande innovatore del teatro Konstantin Stanislavskij, che avrebbe voluto ospitarla come docente nella propria scuola. In Russia sarà di ritorno nel 1908 al teatro Marijinskij di San Pietroburgo con l’ Ifigenia di Gluck, e nuovamente nel 1924, in occasione della morte di Lenin, per dedicargli due marce funebri.

Le sue incessanti tournée l’hanno condotta anche nei Paesi Bassi, in Scandinavia, in Italia, al Teatro Costanzi di Roma nel 1912, in Argentina, in Brasile, a Cuba, senza trascurare i numerosi rientri negli Usa, nel 1908, quando si è esibita al Metropolitan di New York, poi nel 1914 con le sue alunne parigine; e qui la sua improvvisata Marseillaise , danzata per caldeggiare l’intervento americano nell’Europa in guerra (1915) ha fatto scandalo; e di nuovo nel 1918, quando si è finalmente esibita nella sua città natale, e ancora nel 1922 con Esenin, il che le ha procurato non poche difficoltà da parte delle autorità per le sue simpatie politiche filosovietiche e per il comportamento violento del marito alcolista. Rientrata in Europa, i gravi problemi finanziari che hanno indotto amici ed estimatori ad organizzare aste benefiche di oggetti d’arte a suo favore, l’hanno spinta, per procurarsi denaro, a scrivere l’autobiografia My Life, che sarà pubblicata postuma e assai rimaneggiata. Infine, è stata ancora la Francia, sua patria d’elezione, a vederne l’ultima recita, al parigino Teatro Mogador nel 1927, con Redemption di Franck, l’ Ave Maria di Schubert, il Baccanale di Wagner, alla vigilia della morte, a Nizza, strangolata dalla lunga sciarpa finita tra le ruote dell’automobile scoperta. Ma intanto, nel corso di questa leggendaria carriera, desiderosa di plasmare le danzatrici del futuro, la sua vocazione di insegnante l’ha condotta ad aprire numerose scuole: la prima nel 1904, con l’aiuto della sorella Elizabeth, a Grünewald vicino a Berlino; qui si formerà la sua compagnia, le Isadorables, e in questo gruppo tutto femminile le giovani Irma, Lisa, Margot e Maria-Theresa assumeranno persino il cognome Duncan. Nel 1909 ne è stata fondata una seconda a Beaulieu nell’area parigina, il Dionysion, con visitatori abituali eccellenti come Eleonora Duse e Gabriele D’Annunzio, poi un’altra in Svizzera e, dopo un tentativo non riuscito in Grecia nel 1920, finalmente quella di Mosca, nel 1921, su invito del governo sovietico. Irma Duncan, che è stata responsabile della scuola moscovita, guidando poi il gruppo di ragazzi russi, noto come Isadora Duncan Dancers, in una fortunata tourne americana nel 1928, ha pubblicato, sulla base di questa vasta esperienza, il manuale The Technique of Isadora Duncan (1937), in cui ha raccolto una preziosa serie di esercizi utilizzati nelle scuole duncaniane.

Isadora, solista ispirata, ha operato la sua rivoluzione affidandosi all’istinto creativo, alla fascinazione delle meravigliose immagini della classicità greca osservate avidamente e interiorizzate nella propria memoria corporea in lunghe ore trascorse nei Musei di Londra, Parigi, Atene, e all’intensa rispondenza emozionale del corpo alla musica, non più quella composta appositamente per il balletto, ma quella colta di Chopin, Beethoven, Schubert, Gluck (Ifigenia e Orfeo), Bach, Wagner, Brahms, Cajkovskij ( Patetica ), Liszt, Franck, Berlioz, Skrjabin. Sebbene non abbia tramandato espressamente né un proprio metodo di studio né un repertorio di danze, per altro oggi ricreate dalle sue allieve di terza e quarta generazione, la D. è stata senza dubbio una delle madri fondatrici della danza moderna americana, in quanto ha liberato il potenziale di energie femminili, che la società ottocentesca e puritana aveva compresso, teorizzando e praticando l’espressione di sé attraverso il movimento naturale, guidato dal ritmo vitale della respirazione, la forza propulsiva che appartiene tanto agli esseri umani quanto all’intero universo.