Donati

Inizia la sua carriera come assistente di P. Zuffi, lavorando poi con L. Visconti per il Il crogiuolo di Miller (1955) che, rievocando fedelmente i dipinti di Hals, Vermeer e Rembrandt, già evidenzia il suo amore per la ricostruzione colta. Successivamente, per L. Squarzina si occupa di Anna dei miracoli di W. Gibson (Milano, Teatro alla Scala 1960), e per F. Zeffirelli di un discusso Amleto di Shakespeare (1963), in cui, nella simbolica ambientazione progettata dal regista (funzionale, ma scarna, con una scena composta da un piano a cerchi concentrici che muta secondo l’incidenza delle luci), i costumi tingono i protagonisti di colori decisi, neri profondi e candidi bianchi, mentre i personaggi minori sfilano in secondo piano, vestiti di grigi spenti e bruni terrosi. Con la scaligera Traviata di Verdi (1965) rafforza il suo rapporto con il regista toscano, con il quale successivamente lavora anche per il cinema ( La bisbetica domata , 1967; Romeo e Giulietta , 1968), a cui si dedica ormai quasi esclusivamente (torna al teatro con G. Ferrara per Trovarsi di L. Pirandello, Milano, Teatro Carcano 1981 e, più di recente, con M.M. Giorgetti per Edipo re di Sofocle, Vicenza, Teatro Olimpico 1995), collaborando anche con Pasolini ( Il Vangelo secondo Matteo , 1964; Edipo Re , 1967; Decameron , 1971; Il fiore delle mille e una notte , 1973) e Fellini ( Satyricon , 1969), con cui divide un Oscar per Casanova (1976).