disagio, teatro e

Il significato di disagio a cui facciamo riferimento, lo definisce come l’insieme di percezioni, più o meno profonde e consapevoli, che accompagnano i vissuti di inadeguatezza, di bisogno che non trova risposta e che si mostra ineffabile, di incontro con la mancanza e con il dolore. Il disagio si differenzia, per la sua indeterminatezza, dalla devianza e dalla delinquenza, nelle quali si è già organizzato un comportamento di risposta socialmente inaccettabile. L’esperienza del disagio è un’esperienza comune, che si accentua in quelle fasi dell’esistenza in cui più forti sono le istanze di cambiamento e di trasformazione. Il teatro, attingendo alle matrici rituali e ludiche, elabora i vissuti di crisi attraverso i meccanismi della mimesi, della catarsi, della produzione simbolica. La diversità dall’altro, con le sofferenze che può provocare, fonda l’esistere dell’esperienza teatrale stessa, possibile solo nel distinguersi di un attore e di uno spettatore. L’alterità riconosciuta si fa specchio in cui affermare la propria e l’altrui pluralità, nell’esperienza creativa del corpo espressivo e intenzionale. Nella pluralità dell’attuale fenomenologia teatrale, solo alcune esperienze artistiche si fanno carico del rapporto con il disagio. Le situazioni più feconde sono quelle del teatro agito, in cui l’attenzione si orienta alle dinamiche di processo, piuttosto che alle istanze produttive, e che si declinano sia in azioni di prevenzione attraverso l’animazione teatrale, il teatro ragazzi, i laboratori di espressività, concentrati nell’area dei minori; sia, per adulti e giovani, in esperienze di teatro amatoriale e laboratori di formazione al teatro dove riconoscere le potenzialità espressive e comunicative della persona, con attenzione al vissuto corporeo, relazionale e al gioco dei ruoli possibili.