Figlio d’arte, Roberto De Vico debuttò a sei anni nella compagnia di Vincenzino Scarpetta nel ruolo di Peppiniello in Miseria e nobiltà di Eduardo Scarpetta. Fu un debutto infelice poiché il bambino, nella scena che chiude il primo atto e nella quale i personaggi mangiano voluttuosamente un enorme piatto di pastasciutta, ingoiò una delle stringhe che veniva usata invece degli spaghetti: il padre Adolfo, dunque, preferì rinviare di qualche tempo il suo ingresso definitivo nell’arte. Meno che ventenne, De Vico prese posto nella compagnia paterna accanto ai fratelli Antonio e Mario, con i quali formò poi una delle compagnie più ricche e fortunate dell’avanspettacolo degli anni ’30, la compagnia De Vico, di cui faceva parte anche Anna Campori, a sua volta figlia d’arte. Ex cantante d’operetta e moglie di Pietro, fu l’unica a inseguire in avanspettacolo, con grande successo, la vena esotica che caratterizzava la più ricca rivista dell’epoca: il manifesto che annunciava la compagnia mostrava i tre fratelli a petto nudo nascosti da un grande ventaglio di piume di struzzo. E non tutti, fra i possibili spettatori, capirono l’ironia. Attore dalle straordinarie capacità comiche, De V. ebbe molto successo come balbuziente e mamo, sulla falsariga di Ciccio De Rege (con il quale lavorò alla fine degli anni ’30), e riportò in auge uno dei cavalli di battaglia di Nicola Maldacea, la macchietta del `Balbuziente’ appunto, scritta da Trilussa. Ma la popolarità maggiore gli venne da una serie televisiva per ragazzi, La nonna del corsaro nero, con Anna Campori e Giulio Marchetti, vera e propria trasmissione di culto tra la fine degli anni ’50 e l’inizio dei ’60. Nella prosa, infine, ha avuto la massima fortuna nella terza età, grazie anche al sodalizio con il regista Antonio Calenda che lo ha voluto in molti spettacoli di successo, dal fortunato Cinecittà (1985) a un memorabile Aspettando Godot di Beckett (1990), nel quale De Vico si ritagliava uno spazio di personalissima follia nel piccolo ruolo del ragazzo.