Cvetaeva

Marina Ivanovna Cvetaeva si avvicina al teatro subito dopo la rivoluzione d’Ottobre, alla fine del 1917, quando è già poetessa affermata grazie a due raccolte di versi (Album serale , 1910; Lanterna magica, 1912) dove rivela il suo precocissimo talento. Introdotta nello stimolante ambiente del Secondo Studio del Teatro d’Arte di Mosca, diretto da Vachtangov, tra il 1918 e il 1921 (periodo per lei di lutti, disagi e difficoltà economiche) scrive una serie di brevi lavori teatrali (ce ne sono giunti sei, fra cui Avventura e La fenice , dedicati alla figura di Giacomo Casanova nella sua vecchiaia), destinati agli allievi dello Studio: avrebbe voluto riunirli in volume, col titolo di Romantika , ma, dopo l’emigrazione prima a Berlino (1922) e poi a Praga, rinuncia al progetto. Trasferitasi a Parigi (1925), a partire dal 1927, nel periodo di composizione dei suoi più celebri poemi ( Poema della montagna e Poema della fine ), lavora a una trilogia tragica, L’ira di Afrodite , inquietante rilettura contemporanea del mito di Teseo, di cui ci restano le prime due tragedie in versi, Arianna (inizialmente intitolata Teseo ) e Fedra . Il teatro della C., di grande complessità e intensità lirica, è stato quasi completamente dimenticato per circa mezzo secolo; oggi si comincia a scoprirne l’originalità, le suggestive, ardue cadenze poetiche.