Cobelli

Personaggio eclettico e bouleversantGiancarlo Cobelli attraversa gli ultimi cinquant’anni dello spettacolo italiano affiancando all’esperienza teatrale quella televisiva e segnalandosi al pubblico e alla critica per il suo gusto graffiante e parodistico, sovrapponendo la smorfia al sorriso disincantato e talvolta grottesco. Formatosi dal punto di vista artistico alla scuola del Piccolo Teatro di Milano, a partire dal 1952, secondo l’insegnamento di Strehler e Decroux rispettivamente per la recitazione e per il mimo, ancora studente lascia un segno significativo in La pazza di Chaillot di Giraudoux, nel Revisore di Gogol’ e in Il dito nell’occhio (1953), allestito dalla compagnia Parenti-Fo-Durano. Nel 1957 il suo nervoso talento è protagonista dell’Histoire du soldat di Stravinskij, messo in scena per la regia di Strehler alla Piccola Scala. Pressoché contemporaneo è il debutto televisivo, con la partecipazione a numerosi programmi della tv dei ragazzi, che, con la creazione del personaggio di Pippotto, garantisce al carattere funambolesco dell’attore grande popolarità.

La gestualità beffarda dell’artista, cifra espressiva di una fisicità amplificata dai toni spesso irriverenti, esplode tuttavia nel 1959 in Cabaret ’59, presentato al teatro Gerolamo di Milano. Lo spettacolo, del quale Giancarlo Cobelli è unico interprete, preparato in collaborazione con Giancarlo Fusco, sancisce il debutto ufficiale dell’attore, che espone se stesso in un ‘recital anti-recital’, in cui la vigorosa inventiva comica, senza mai cadere nello stereotipo, evoca esplicitamente la lezione dello `Chat noir’. Il successo dello spettacolo è replicato nel dicembre dello stesso anno in Cabaret 1960 : la forma del cabaret diviene spazio privilegiato per annullare il diaframma fra sperimentazione e spettacolo, campo di battaglia nel quale il regista riesce a far esplodere le tensioni maudites della sua arte. La versatilità dell’artista è sottolineata a metà degli anni ’60 dal continuo passaggio dalla scena alla regia e alla scrittura, e dalla sovrapposizione di generi e forme: dal cabaret Cabaret n. 3 di C., Fusco, Arbasino e Mauri (1963) alla commedia musicale: Un cannone per Mariù di G. Fusco e F. Carpi (1961) e soprattutto La caserma delle fate (1964) di cui, oltre a essere protagonista e regista, fu anche autore in collaborazione con Badessi. La fine degli anni ’60 e gli anni ’70 sono dominati dalla regia attraverso la quale Giancarlo Cobelli, in un continuo processo di costruzione e decostruzione rompendo ogni possibile struttura narrativa, svolge da uno spettacolo all’altro quella che per lui è l’utopia del teatro: Gli uccelli di Aristofane (1968), Woyzec k di Büchner (1969), Antonio e Cleopatra di Shakespeare (nelle due versioni del 1972 e 1974), La pazza di Chaillot di Giraudoux (1972), La figlia di I orio di D’Annunzio (1973), L’impresario delle Smirne di Goldoni (1974), L’Aminta di Tasso, nell’elaborazione dello stesso C. e di Giancarlo Palermo (1974), e il collage Soprannaturale, potere, violenza, erotismo in Shakespeare (1975) rappresentano le tappe più significative di tale itinerario.

Bruciato ogni naturalismo, il mimo Woyzeck urla nell’agonia del corpo la fine di ogni apparenza e nota patetica, così come i personaggi shakespeariani, transitando da un testo all’altro in un’unica messa in scena, sanciscono la perenne e incontrollabile transitorietà del tempo: demistificante «pessimismo che sfocia nell’utopia» (Groppali). I classici reinventati attraverso citazioni spesso contaminate offrono così la possibilità di una ‘ribellione travestita’ al mero estetismo dell’ufficialità. Un percorso quello di Giancarlo Cobelli proseguito su registri analoghi nel corso degli anni successivi, sino ad arrivare a Un patriota per me di J. Osborne (Roma, Teatro dell’Angelo 1991), mai rappresentato in Italia e ulteriore segno della spinta trasgressiva sottesa alla linea registica e drammaturgica dell’artista. Nello stesso anno realizza Il dialogo nella palude di M. Yourcenar e, per i due spettacoli, ottiene il premio Ubu per la migliore regia 1991. Fra gli spettacoli successivi da ricordare almeno l’aspro, spoglio, feroce Troilo e Cressida di Shakespeare e per la Scala, Iphigénie en Tauride di Gluck (1992), L’angelo di fuoco di Prokof’ev (1994, ripreso nel 1999) e Il Turco in Italia di Rossini (1997).

Giancarlo Cobelli si spegne il 16 marzo 2012, all’età di 82 anni.