Chiari

Conclusi gli studi, nel 1936 avvia la carriera al Teatro sperimentale dei Gufi di Firenze, ma è nel 1946 che conferma il suo talento con Delitto e castigo di Dostoevskij che segna l’inizio della felice collaborazione con Luchino Visconti. Per lui si occupa di un fortunato allestimento di Zoo di vetro (1947) che offre, in una scena fissa, un interno e un esterno circondati dalle ombre della città; dell’ Euridice (1948) e di Oreste di Alfieri (1949) dai costumi settecenteschi e dal palcoscenico fastoso e barocco, parato di drappi rossi e delimitato da portali di pietra; infine di Medea di Euripide (1953) dagli abiti modesti, ambientata in un piccolo paese greco. Celebri anche gli allestimenti scaligeri per I sette peccati di Veretti (stagione 1955-56) e La pietra del paragone di Rossini (regia di M. Missiroli, stagione 1958-59) che definiscono uno stile dalla grande padronanza architettonica della scena, con stacchi prospettici e uno spiccato interesse per la materia. Lavora anche per altri registi (Squarzina, Strehler e Gassman), giungendo a soluzioni di estrema sintesi, come nell’ Adriano VII di P. Luke (regia di G. Albertazzi, 1971). Il suo linguaggio espressivo non fatica a trovare spazi soddisfacenti pure in campo cinematografico, come ne L’arte di arrangiarsi (1959) e nel precedente Le notti bianche (L. Visconti, 1957), che viene premiato con il riconoscimento del nastro d’argento. Negli ultimi anni, lo scenografo si è in effetti dedicato con maggior assiduità al cinema (spesso affiancato dalla costumista Maria De Matteis), cimentandosi anche nella regia.