Chagall

Fin dalla giovinezza il teatro aveva rappresentato per Marc Chagall un universo di libertà poetica e visionaria; vi contribuì l’incontro, avvenuto nel 1908, con Léon Bakst, allora direttore della scuola Zvantseva, dove Marc Chagall proseguirà gli studi («La sua gloria, in seguito alla stagione russa all’estero, mi faceva girare, non so perché, la testa. Sfogliando i miei studi, che sollevavo a uno a uno dal pacco dove li avevo ammucchiati, diceva, trascinando le parole con quel suo accento signorile: sì, sì, c’è del talento, ma siete sprecato, siete su una falsa strada, sprecato»). Nel 1920 Marc Chagall si impegnava nelle decorazioni del Nuovo teatro ebraico di Mosca, da lui fondato insieme al critico Abraham Efroscon. Dipinse alcune grandi tele, destinate a venir tese alle pareti e al soffitto, ma un anno dopo il teatro fu chiuso per motivi politici e Marc Chagall abbandonava la Russia; i dipinti vennero custoditi in semiclandestinità nella galleria Tretiakov di Mosca, dove l’artista li rivide nel 1973. La vena lirica e visionaria di C. si dispiegò nei lavori scenografici per il Ballet Theatre di New York, commissionati dal coreografo L. Massine. Ricordiamo le scene e i costumi per L’uccello di fuoco di Stravinskij (1945; ripreso con coreografia di Balanchine nel 1949) e i bozzetti per Aleko, un balletto ispirato al poema di Puskin Gli zingari (1942, musica di Cajkovskij). Il più celebre dei quattro dipinti realizzati da C. per i fondali del balletto, intitolato Una fantasia di San Pietroburgo , ritrae in lontananza un purpureo paesaggio della città, mentre nel cielo turbinoso vagano sospesi un cavallo bianco e un candeliere acceso; il flusso del colore intenso e le pennellate libere e impulsive rivelano la nuova fase pittorica a cui era approdato C., abbandonando il lirismo pastorale del periodo precedente. Dopo le scene e i costumi per Daphnis et Chloé di Ravel all’Opéra di Parigi (1959, coreografia di G. Skibine), nel 1963, su invito di De Gaulle e di Malraux, C. realizzò i cartoni per il soffitto del teatro; l’ultimo suo lavoro di scenografo fu per il Metropolitan di New York, con il Il flauto magico di Mozart (1967, regia di G. Rennert).