Gaudin

Artista eccentrico, tra i più interessanti coreografi della `nouvelle danse’ francese; i suoi lavori, spesso demistificatori, tendono a `raccontare’ le emozioni umane tra violenza e comicità, estasi tenebrose e gag dissacranti, deliri verbali e gesti nervosi. Forma compagnia nel 1979; oltre a Sous couche (1981), tra le sue più interessanti coreografie è L’ascète de Saint Clémente et la Vierge Marie (1986, musiche di Rossini e John Lurie). Da ricordare anche La dame aux camélias , lavoro nato nel 1990 con la collaborazione dello scultore Roland Roure, Poupières rebelles (1993), Mandragore (1994), Mandragore, Mandragore (1995) e Narcissus (1997).

Gobbi,

La piccola compagnia del Teatro dei Gobbi, un regista e tre attori-autori, fu attiva purtroppo solo per tre anni, producendo due spettacoli: Carnet des notes (1951-52), Carnet des notes n.2 (1952-53) e, nella stagione seguente a Parigi, alla Comédie des Champs-Elysées, un’antologia dei due precedenti. In origine il gruppo si limitava a due soli attori, Alberto Bonucci e Vittorio Caprioli, i quali avevano sperimentato certi sketch fulminanti mostrandoli a un pubblico di amici e di colleghi entusiasti. I due attori erano assistiti e diretti dal regista Luciano Mondolfo, uomo di grandissima cultura, impeccabile sense of humor e passione per la letteratura e il teatro francese. Le prime prove pubbliche del duo Bonucci-Caprioli si svolsero in Sudamerica e poi a Parigi nell’inverno tra il 1950 e il ’51, in locali notturni e con gran successo. Nel dicembre 1951, con l’avvento di Franca Valeri, nasce il gruppo propriamente detto del Teatro dei Gobbi e debutta a Roma, al Teatro di via Vittoria: senza scene (un paravento) e senza costumi, lo spettacolo è un prodigio di intelligenza e di comicità. I tre attori non cedono ad alcun tipo di volgarità o di facilità comica e ugualmente, spesso, lo spettacolo si interrompe per le clamorose risate del pubblico. Altrettanto successo – medesima la formula, gli attori e il regista – ottiene il loro secondo Carnet des notes , e ancor maggiore è il successo del terzo spettacolo, un’antologia dei primi due, a Parigi nella stagione seguente. Il Teatro dei Gobbi, insieme ai due spettacoli Parenti-Fo-Durano ( Il dito nell’occhio e Sani da legare ),è l’esempio più alto (l’unico?) di spettacolo comico intelligente in Italia.

Gotta

Collaboratore al “Corriere della Sera” e romanziere di successo, raccolse la sua narrativa nel ciclo de La vela . Come scrittore per la scena non ottenne grandi riconoscimenti, anche se il suo La damigella di Bard (1936) fu uno dei testi prediletti di E. Gramatica. I temi preferiti di G. sono quelli a carattere sociale tinti di venature liriche. Tra i titoli: La nostra ricchezza (titolo d’esordio del 1919), Il convegno dei martiri e Mille lire (entrambi del 1923), Il marito che cerco (1934), La fontana dei sospiri (1938) e Di là in giardino ( 1952).

Gabel

Gabellini (Rimini 1938), attrice. Dopo un esordio teatrale Zerbina, in Capitan Fracassa (sceneggiato per la tv) l’ha fatta conoscere al grande pubblico nel 1958. La sua attività prosegue con, tra le altre, l’interpretazione di Elena nell’ Odissea (1968) e una partecipazione nel ruolo di Laura Millington nel celebre sceneggiato di A.G. Majano E le stelle stanno a guardare . Nel 1973 è diretta dal marito Piero Schivazappa nella versione televisiva di Vino e pane di I. Silone, nella parte della protagonista Annina; ma la possibilità di mostrarsi come valida interprete drammatica l’otterrà nel 1976 nei panni di Zobeide, nel Garofano rosso , e in seguito nel ruolo di Virginia in Un eroe del nostro tempo . Lo sceneggiato tv Quer pasticciaccio brutto de via Merulana (1983) le fa conquistare il riconoscimento come miglior attrice al Festival del giallo di Cattolica.

Greco

Compiuti gli studi di danza classica nel 1959 e appresa la tecnica jazz a New York con maestri come L. e M. Mattox, entra nel corpo di ballo della Rai e si esibisce come primo ballerino nei maggiori varietà talevisivi (Studio Uno, Canzonissima) spesso a fianco della moglie Maria Teresa Dal Medico. Nel 1970 fonda la Compagnia italiana danza contemporanea, per la quale crea balletti a serata di varia ispirazione, da Donna Laura di Carini a Vita di bohéme , da Malgré tout a Etruria. Contemporaneamente apre a Roma un vivace centro didattico e, nel 1996, un teatro dedicato alla programmazione coreografica.

Giannini

Da giovane fece molti e vari mestieri, viaggiando per l’Europa. Solo dopo aver convinto i familiari, riuscì ad intraprendere la carriera giornalistica e nel 1914 arrivò alla direzione de “l’Avanti!”. Fondò e diresse poi altre testate: fino al 1932, quando, per contrasti con il suo editore dell’epoca, abbandonò momentaneamente il giornalismo per dedicarsi alla scrittura di soggetti cinematografici. Tra il 1937 e il 1939 fu attivo sulle scene, dirigendo una propria compagnia, con la quale mise in scena quasi tutte le sue commedie, tipiche dei generi comico e poliziesco. Vanno ricordati: Parola d’onore (1923, messo in scena dalla compagnia Musco), Il castello di bronzo (1931), La casa stregata (1934), Supergiallo (1936, compagnia Gandusio), La belva (1937, compagnia Zacconi), Il pretore De Minimis (1950, compagnia Ruggeri). Nel 1945 fondò il settimanale “L’Uomo Qualunque”, che divenne partito politico, nelle cui fila G. fu eletto due volte deputato. Fu anche sceneggiatore, librettista e direttore di compagnie.

Goll

Di origine ebraica, ebbe una vita irrequieta che lo portò dalla Lorena alla Svizzera, a Berlino, a Parigi, di qui negli Usa e poi nuovamente in Francia. Ugualmente varie furono le lingue in cui scrisse (tedesco, francese, inglese) e gli stili adottati, in un eclettismo che denota la multiformità delle componenti culturali della sua personalità. Legato all’ambiente letterario del surrealismo, scrisse per il teatro alcuni drammi di tono grottesco e di lucida farsa, tra cui Matusalemme o il borghese errante (Methusalem oder Der ewige Buger, 1922), una satira della borghesia, Royal Palace (1926), Le stalle di Augia (Der Stall des Augias, 1926).

Gershwin

Appartenente a modesta famiglia ebrea d’origine russa, George Gershwin da ragazzo studia il pianoforte poi composizione, senza però potersi assicurare una formazione accademica. A sedici anni si impiega presso una casa editrice di musica di New York col compito di eseguire canzoni al piano a uso dei clienti, poi è accompagnatore al piano di cantanti presso il City Theatre. Comincia nel frattempo a scrivere canzoni in proprio, alcune delle quali vengono utilizzate in spettacoli di rivista. Nel 1919 debutta, appena ventenne, con un musical tutto suo, Half Past Night , ma la grande affermazione giunge l’anno dopo con La Lucille , versi di Arthur J. Jackson (pseudonimo del fratello Ira, che lo seguirà come ‘lyricist’ – poi col suo vero nome – fino all’ultimo) e Buddy De Silva. Questo musical registra 104 repliche. Inoltre, lo stesso anno, Al Jolson acquista e divulga la canzone “Swanee”, composta per lo spettacolo Capitol Revue , e il nome di G. diventa popolare. Mentre continua a comporre canzoni, il nostro musicista porta in scena un gran numero di commedie musicali e di rivista, su testi diversi, anche più di una all’anno. Morris Gest Midnight Whire è ancora del 1929; del 1920 è George White Scandals of 1920 , seguita negli anni successivi dalle nuove edizioni di questa rivista in serie, che era nata nel 1919 a iniziativa di George White, ex ballerino diventato impresario di spettacoli noti per lo sfarzo, sul modello delle Ziegfeld Follies; del 1921 è Dangerous Maid , del 1922 Our Nell (in collaborazione con William Daly), del 1923 The Rainbow (rappresentata in `prima’ a Londra). Poi si succedono nel 1924 Sweet Little Devil , Primrose (tra le sue canzoni si afferma soprattutto, anche lontano dalla ribalta, “Isn’t It Wonderful”), Stop Flirting e Lady Be Good , lanciata quest’ultima da Fred e Adele Astaire. Spettacolo che impone, oltre a “Oh, Lady Be Good”, un’altra fra le canzoni più note e più belle di George Gershwin, “Fascinating Rhythm”, in cui i versi di tipo colloquiale si prestano particolarmente a ritmi vigorosamente sincopati.

Il 1924 è anche l’anno di Rapsodia in blu per pianoforte e orchestra, eseguita alla Aeolian Hall da Paul Whiteman a capo della sua orchestra di jazz sinfonico, pianista lo stesso G. Quest’ultimo ambisce da sempre a comporre anche musica da concerto, oltre quella reputata `leggera’: aveva già scritto un quartetto per archi e un’opera afro-americana in un atto, Blue Monday Blues , utilizzata solo per una recita all’interno della rivista George White’s Scandals of 1922 e poi ripresa col nuovo titolo 135th Street . In seguito G. comporrà, in questo ambito, il Concerto in fa per piano e orchestra (eseguito alla Carnegie Hall), il poema sinfonico Un americano a Parigi (ancora Carnegie Hall, New York Symphony Orchestra), una seconda Rapsodia per piano e orchestra , l’opera `all negro’ Porgy and Bess , nonché preludi, suites, ouvertures e variazioni. La produzione di musical continua intanto con Tell Me More ; Tip Toes ; Song of the Flame , tutti del 1925 (l’ultimo in collaborazione con Herbert Stothart). Oh, Kay! è del 1926, scritta da Guy Bolton e P.G. Wodehouse per la `stella’ G. Lawrence, che impersona una nobildonna inglese innamorata di un playboy americano sullo sfondo del proibizionismo: spiccano in partitura le canzoni “Do Do Do” e “Someone To Watch Over Me”. Le vivacissime Strike Up the Band (una satira politica che contiene la bella canzone “The Man I Love”) e Funny Face (244 repliche; al centro la canzone “S’ Wonderful”) sono del 1927; Rosalie (335 repliche) e Treasure Girl del 1928; Show Girl è del 1929; Girl Crazy del 1930. Quest’ultima commedia musicale, su un bellimbusto di città spedito dal padre in una sperduta località del selvaggio West – debutto della ventunenne Ethel Merman – contiene alcune fra le più belle canzoni del repertorio gershwiniano, “Embraceable You”, “I Got Rhythm” e “But Not For Me”. Gli ultimi lavori teatrali, meno fortunati dei precedenti, sono: Of Thee I Sing (1931, sulla lotta fra repubblicani e democratici), Pardon my English e Let’em Eat Cake (1933), una specie di seguito – quest’ultima – di Of Thee I Sing .

Successivamente George Gershwin, invitato a Hollywood, compone canzoni originali per film, tra cui Love Me Tonight ( Amami stanotte , 1932, di R. Mamoulian), Shall We Dance ( Voglio danzare con te , 1937, di M. Sandrich, con Fred Astaire), A Damsel in Distress ( Una magnifica avventura , 1937, di G. Stevens, ancora con Fred Astaire), The Goldwyn Follies ( Follie di Hollywood , 1937, di G. Marshall, con Vera Zorina). Mentre lavora ai numeri musicali di quest’ultimo film, George Gershwin – che ha sempre sofferto di mali di testa – viene colto da un malore, provocato da un tumore cerebrale che lo porta fulmineamente alla morte, non ancora quarantenne. Molti dei suoi lavori teatrali e sinfonici sono stati trasposti su pellicola, dopo la sua morte: citiamo fra i film più importanti Lady Be Good (1941, di N. Z. McLeod), Un americano a Parigi (An American in Paris, 1950, di V. Minnelli) e Cenerentola a Parigi (Funny Face, 1957, di S. Donen). Otto Preminger dal canto suo nel 1959 porta sullo schermo Porgy and Bess . Molte canzoni vengono poi utilizzate intensivamente dal cinema di tutto il mondo, e sulla vita di G. si gira nel 1954 il film Rapsodia in blu ( Rhapsody in Blue , di I. Rapper). Nella sua produzione teatrale – che lo pone al primo posto fra tutti gli autori del suo tempo – così come negli altri suoi lavori, questo musicista ha successo perché riflette in pieno il nostro secolo e il mondo americano: come è stato detto, con la sua audacia, le sue sfrontatezze, la sua gioia febbrile, il suo movimento che si addolcisce in ritmiche malinconie, domina la scena, in teatro e fuori.

Garbuglia

Allievo di Mario Chiari, Mario Garbuglia inizia la sua carriera a fianco di L. Visconti con un celebre Sguardo dal ponte di A. Miller (Roma, Teatro Eliseo, 1958), in cui, sfruttando l’effetto di elementi scenotecnici a vista e opportuni cambiamenti di luce, mette a fuoco con esattezza, nella dinamica dell’azione, i diversi piani del luogo scenico. Nei successivi Veglia la mia casa, angelo! di K. Frings da T. Wolfe (Roma, Teatro Quirino, 1958), I ragazzi della signora Gibsons di W. Glickman e J. Stein (Roma, Teatro Eliseo, 1958) e Figli d’arte di D. Fabbri (Roma, Teatro Eliseo, 1959) si rivela appieno uno stile che, con una ricerca ambientale accurata e perfezionistica, costruisce le immagini come inquadrature ad angolazioni diverse; particolarmente adeguato, dunque, alla scenografia cinematografica, alla quale l’artista si dedica fin dal 1950, collaborando con M. Monicelli, M. Ferreri e naturalmente con Visconti ( Le notti bianche , Nastro d’argento 1957), senza tuttavia abbandonare totalmente il teatro: l’alta serra liberty per Spettri di H. Ibsen (regia di Luca Ronconi, costumi di Vera Marzot, Spoleto, XXV festival dei Due mondi, 1982), tutta bianche vetrate, suddivisa da panneggi che calano dall’alto sopra pochi arredi chiari, gli consente di vincere il premio Ubu 1983 per la scenografia.

Giordano

Dopo gli studi con Carla Perotti e Anna Sagna, nel 1980 Raffaella Giordano entra nel Teatro e Danza La Fenice di Carolyn Carlson per poi passare nel 1981 al Tanztheater Wuppertal, dove interpreta Kontakthof e Sacre di P. Bausch. Nel 1984 è co-fondatrice di Sosta Palmizi, per cui crea e danza Il cortile (1985), Tufo (1986), Perduti una notte (1987), cui fa seguito la sua prima coreografia individuale, Ssst… Testimonia il suo forte legame con il Teatrodanza mitteleuropeo in lavori per il Folkwang Tanzstudio di Essen (Il volto dell’aria, 1995) e il Centre national danse contemporaine di Angers (Et anima mea 1996), cui affianca il più concertante Quartetto su notte trasfigurata (musica di Schönberg 1998). Sotto la sigla Sosta Palmizi produce inoltre gli assolo L’azzurro necessario (1992), Fiordalisi (1995), Il canto della colomba (1998).

Ganio

Dopo i primi studi nella città natale, entra dodicenne alla scuola di ballo dell’Opéra di Parigi, dove segue i corsi di R. Franchetti. A sedici anni è già nel corpo di ballo dello stesso teatro e a diciannove è a Marsiglia, dove lavora con R. Hightower. Alla nascita dei Ballets de Marseille di R. Petit, si unisce alla compagnia distinguendosi in molti lavori del coreografo francese per la grande eleganza e lo stile da danseur noble. Sua partner abituale è a lungo Dominique Kalfhouni, sua ex moglie dalla quale ha avuto due figli. Spesso ha danzato al fianco di Noelle Pontois, Ghislaine Thesmar, Karin Kein e anche C. Fracci e L. Savignano. In Italia, dove ancora saltuariamente si esibisce, dirige una scuola di danza, la Maison de la danse di Roma.

Griffin

Dopo un fortunato esordio accanto a Luzzati ( Pericle principe di Tiro di W. Shakespeare, regiadi W. Gaskill, costumidi E. Luzzati, Genova, Nuovo Lido, 1982), stringe un intenso rapporto con M. Sciaccaluga, di cui diventa lo scenografo fisso. Indovinati il Roberto Zucco di B.M. Koltès (Genova, Teatro della Corte, 1992), dalla buia e squallida ambientazione assunta a metafora della moralità del protagonista; La bisbetica domata di W. Shakespeare (Verona, Teatro Romano, 1992) e il recente Ivanov di A. Cechov (Genova, Teatro alla Corte, 1996 ), apprezzato per l’ingegnosità delle soluzioni scenografiche, che fanno coesistere le strutture nude del retropalco con le costruzioni illusionistiche del giardino (dominato da un enorme trattore) e del salone della casa del tormentato Ivanov.

Guillaume,

Il capostipite dell famiglia Guillaume è Francesco Luigi, che con l’aiuto della moglie Maddalena e del figlio Luigi II, nella seconda metà dell’800 dirige il Circo Olimpico, complesso di tutto rispetto, specializzato nelle grandi pantomime. Altri G. dirigono proprie compagnie ginnico-acrobatiche che girano per tutta Italia. Un nipote, Onorato, sposa Itala Truzzi che gli dà Ferdinando e Natalino, impegnati dall’inizio del ‘900 come attori comici cinematografici. Natalino acquista una certa notorietà coi nomignoli Tontolini e Polidor. Gli impresari Gatti e Manetti, in società con alcuni dei discendenti della dinastia, presentano un Circo Guillaume che effettua tournée in Italia dal 1901 al 1908 e poi ancora nel 1917. Fra i Guillaume si distingue Cesare, detto Antonet, primogenito di Natale (figlio di Luigi II), buon cavallerizzo e acrobata; nel 1855 debutta come clown augusto nel circo di Vicente Gil Alegria, con delle satire sul colera scoppiato in Spagna. Forma col fratello Umberto (1872), detto Bebè, una coppia comica che dura fino agli inizi della prima guerra mondiale. Nel 1920 prende come spalla Tonino Aragon, di una celebre dinastia di clown spagnoli attiva ancora oggi. Si sposa con Pilar Jarque e fa coppia con il fratello Antonio, `Tonitoff’. Diventa clown bianco associandosi a Little Walter. A Buenos Aires conosce Grock con il quale forma una delle migliori coppie di clown del secolo. Nel 1918 cambia di nuovo partner per associarsi a Beby Frediani con il quale costituisce un sodalizio artistico fino al termine della carriera.

Guasti

Dopo la formazione presso la scuola di L. Rasi a Firenze, Amerigo Guasti esordì nel 1890, scritturato da G. Emanuel. Nel 1905-6, con Sichel, Ciarli, Bracci e Dina Galli, sua compagna anche nella vita, fondò la compagnia che doveva sciogliersi solo dopo la sua morte. Ebbe anche un’esperienza cinematografica con L’ammiraglia nel 1914. I suoi ruoli furono soprattutto brillanti, ma G. li interpretò con una sobrietà piuttosto rara negli attori dello stesso genere. Tra le sue rappresentazioni di maggior successo: Il piccolo caffè di T. Bernard, La pace in famiglia di G. Courteline, Il re e l’asino di Buridano di de Flers e Caillavert, Le campane di San Lucio di G. Forzano, La morte degli amanti di L. Chiarelli, Un letto di rose di G. Adami.

Gotturni, i

Nel 1981 esordiscono con lo spettacolo Dove andiamo a vedere . Nel 1988 riprendono il repertorio de I Gufi, con lo spettacolo Notte da Gufi , su testi di N. Svampa. Messini conduce dal 1989 il Laboratorio Teatro Città di Villafranca, da cui sono uscite in seguito altre componenti del gruppo. I G. si esibiscono dal 1992 nello spettacolo Gatto nero che va in scena con l’accompagnamento di una piccola orchestra di otto elementi.

Gatti e Manetti

Giuseppe Gatti sposa una Guillaume e acquisisce il diritto all’utilizzo del nome. Carlo Manetti per un certo periodo conduce il Circo fiorentino. Assieme formano una società molto attiva nei primi anni del ‘900 che, utilizzando diverse insegne, si esibisce in prevalenza nei circuiti teatrali presentando buoni numeri equestri e qualche artista d’eccezione, come Enrico Rastelli.

Gielguld

Studia alla Hampshire school di Londra e con numerose grandi danzatrici russe del passato, comprese la Preobrazhenska e la Karsavina, nonché con R. Hightower. Si esibisce con una serie di compagnie francesi fra il 1961 e il 1966, poi raggiunge il Ballet du XXème siècle di Béjart (dal 1967 al 1972) dove crea diversi ruoli. È al Balletto dell’Opera di Berlino dal 1971 al 1972, poi prima ballerina con il London festival ballet dal 1972 al 1975, quindi ospite del Royal ballet touring company. Creatrice di Steps , notes and squeaks nel 1978, dirige l’Australian ballet dal 1983 al 1996 e il Balletto reale danese dal 1997.

Giannotti

Diplomata all’Accademia d’arte drammatica di Roma, debutta con la compagnia di A. Pagnani nel 1961 nel Giardino dei ciliegi , nel ruolo di Dunjaš’a, diretta da M. Ferrero. Subito dopo interpreta Vittoria nello Stato d’assedio di Camus al Teatro dei Satiri di Roma. La sua carriera prosegue lavorando con lo Stabile dell’Aquila in spettacoli come L’uomo, la bestia e la virtù di Pirandello; Ispezione di Betti; Il divorzio di Alfieri; e con il Teatro stabile di Roma, dove è in scena in Dal tuo al mio di Verga. Nel 1972 recita nella Caterina di Heilbronn di Kleist (a Zurigo) e impersona Elettra nella prima realizzazione dell’ Orestea di Ronconi. È interprete anche di Pianola meccanica (elaborazione del Platonov di Cechov) all’Argentina di Roma, con M. Mastroianni, di Dio ne scampi dagli Orsenigo di Siciliano, in coppia con A. Proclemer, e di Siamo momentaneamente assenti di Luigi Squarzina, che nel 1991 vince il premio Idi.

Giovani,

La Compagnia dei Giovani non ebbe mai questa definizione ufficiale se non in alcune tournée estere, adottando invece la formula tradizionale dei nomi ‘in ditta’, diversi a seconda degli anni. La compagnia nacque nel 1954 da un’idea di Rossella Falk, che voleva formare un gruppo di attori già noti – seppur giovani – a partire da Marcello Mastroianni, che rifiuterà per dedicarsi al cinema, da Giorgio De Lullo e da lei. La prima formazione includerà invece, oltre ai nomi della Falk e di De Lullo, quelli di Tino Buazzelli, Romolo Valli e di Anna Maria Guarnieri, ventenne, appena reduce dal debutto. La compagnia esordisce con Lorenzaccio di De Musset per la regia di Squarzina. La svolta avviene quando Giorgio De Lullo, su insistenza di Valli, passa alla regia, sempre nel 1954 con Gigi di Colette. De Lullo porta con sé l’esperienza maturata come attore con Luchino Visconti, e ne segue l’insegnamento divenendo un regista meticoloso, attentissimo ai valori del testo, e alla trasposizione di questo nella recitazione. Ma fondamentale è anche il lavoro con Strehler al Piccolo milanese per alcune stagioni in ruoli di primo attore. L’esperienza del gruppo, straordinariamente unito da un punto di vista umano e intellettuale, si pone dunque come un anello di congiunzione fra la grande tradizione attoriale e le nuove possibilità interpretative fornite dalla regia. La compagnia, dalla quale si allontanerà già durante il primo anno Buazzelli, si contraddistingue per un’attenzione alla drammaturgia italiana, con La bugiarda scritta appositamente da Diego Fabbri e realizzata nel 1955-56 (con ben due riprese successive, nel 1963 e nel ’71) e più tardi con i testi scritti per il gruppo da Giuseppe Patroni Griffi: D’amore si muore (1958), Anima nera (1959) e Metti una sera a cena (1966). Ma i grandi successi saranno Il diario di Anna Frank di Goodrich e Hackett nella stagione 1956-57, con centinaia di repliche nelle stagioni successive, un accurato e brillante Goldoni con Le donne di buon umore (1961), Tre sorelle di Cechov (1964-65) e soprattutto Pirandello, con messe in scena di altissimo livello critico e artistico ( Sei personaggi in cerca d’autore , 1963-64; Il giuoco delle parti , 1965-66; L’amica delle mogli, 1968-69; Così è (se vi pare) , 1971-72). Con l’uscita della Guarnieri nel 1963 entrerà in ditta Elsa Albani, presente nel gruppo sin dal primo spettacolo, mentre l’ultima formazione includerà, dal 1971 al ’73, Rina Morelli e Paolo Stoppa. Vanno inoltre ricordati lo straordinario apporto di Ferruccio De Ceresa, in tutti gli spettacoli, e dello scenografo e costumista Pier Luigi Pizzi, che firmerà tutti i loro lavori dal 1955 in poi.

Goodrich

Lavorò soprattutto come sceneggiatrice cinematografica, quasi sempre in coppia col marito Albert Hackett (1900). Per il teatro i due scrissero Il diario di Anna Frank (The Diary of Anne Frank, 1955), che sceneggiava con abilità e con un certo pudore il famoso documento lasciato dall’adolescente ebrea destinata a morire a Belsen, nel quale si ricostruiva la cronaca dei due anni trascorsi in una soffitta di Amsterdam da due famiglie israelite sotto l’incubo della Gestapo. Il dramma, che restava nei limiti di un buon prodotto commerciale, fu rappresentato con successo in tutto il mondo.

Garboli

Cesare Garboli è uno dei personaggi più influenti e importanti del panorama letterario italiano, sia per l’ampiezza e la profondità dei suoi interessi che per il fascino di una scrittura proteiforme, inventiva e sensibilissima. Si è occupato di classici, tra cui Dante, Leopardi, Chateaubriand e Pascoli; di molti autori contemporanei, tra cui Montale, Penna, Longhi, Soldati, N. Ginzburg; ha insegnato all’università di Roma, Macerata e Zurigo; dirige la rivista “Paragone”. Da sempre coltiva interessi teatrali. Anzi il suo esordio professionale, agli inizi degli anni ’50, è come redattore dell’allora nascente Enciclopedia dello spettacolo. Fra il 1972 e il 1977 è stato uno straordinario ed eccentrico critico teatrale militante, per “Il Mondo”, “Corriere della Sera” e “l’Unità”: molti dei suoi articoli sono stati raccolti recentemente (1998) nel volume Un po’ prima del piombo. Ma è come traduttore in cui si dispiega tutta la sua capacità creativa e mimetica, soprattutto con il prediletto Molière, prefigurato come una sorta di psicanalista ante-litteram e con il quale avviene una sorta di simbiosi mutualistica unica nel suo genere, come si può leggere nel volume che raccoglie le traduzioni. Delle quali molte sono state anche messe in scena: Il malato immaginario (Festival di Spoleto, 1974; regia di De Lullo e Romolo Valli interprete); Il borghese gentiluomo (Genova, 1975, regia di C. Cecchi); Le intellettuali (Les femmes savantes; Genova, 1978; regia di M. Sciaccaluga); da non dimenticare, inoltre, nel 1974, il Tartufo radiofonico, per la regia di Giorgio Pressburger, con, in veste di attore, O. Costa. Nel 1976 ha tradotto H. Pinter, Terra di nessuno (Prato; regia di De Lullo). Tre sono per ora le sue notevoli teatralissime traduzioni scespiriane, tutte rappresentate: Amleto (Spoleto, 1987; regista e interprete C. Cecchi); Misura per misura (Torino, 1992; regia di L. Ronconi) e Re Lear (Roma, teatro Argentina, 1995; ancora per la regia di Ronconi. Si ricordano inoltre Il Filottete di André Gide, rappresentato al Piccolo Teatro di Milano, nel 1988, con Gianni Santuccio in una delle sue ultime apparizioni; un curiosissimo quanto poco conosciuto Victor Hugo, Mille franchi di ricompensa , messo in scena a Genova (1990), per la regia di Benno Besson; infine, Il lutto si addice ad Elettra di O’Neill (1997) per la regia di Ronconi. Nel 1997, ancora in territorio molieriano, ha curato e tradotto La famosa attrice , anomimo pamphlet secentesco rivolto contro la moglie del grande commediografo e attore.

Gorostiza

Autore del teatro indipendente degli anni Quaranta e Cinquanta, precursore del nuovo teatro argentino del decennio seguente. È direttore del collettivo teatrale Grupo del Sur. Il suo è un teatro realista che cerca di valorizzare gli elementi del teatro popolare nazionale. I titoli più significativi sono: Il ponte (El puente), 1949; Il caso dell’uomo dalla valigia nera (El caso del hombre de la valija negra), 1951; Marta Ferrari , 1954; Vivere qui (Vivir aquí), 1964; Gli amati fratelli (Los hermanos queridos), 1978 e Ammazzare il tempo (Matar el tiempo), 1982.

Gaskill

Compagno di scuola teatrale di Billie Whitelaw presso il Civic Playhouse di Bradford, si forma tra le file del `repertory theatre’ come attore e impresario, per approdare al Royal Court Theatre nel 1957. Qui si afferma al suo primo impegno registico con la messa in scena delle farse di N.F. Simpson Un tintinnio risonante (1958), Il buco (1958) e Il pendolo a una direzione (1959). Nel 1963 su invito di Laurence Olivier è regista associato al National Theatre, presso il quale non solo ottiene un grande successo con la regia di Madre Coraggio di Brecht e de L’ultima buonanotte di Armstrong di J. Arden, ma contribuisce a sostenere la stagione della nuova compagnia. Nel 1965, di ritorno al Royal Court, istituisce il Writer’s Group, un gruppo di studio che propone ai giovani un’esperienza di teatro ispirata allo stile brechtiano. Sempre nel ’65 cura la regia dei primi testi di E. Bond (in seguito metterà in scena tutti i suoi lavori), Salvo (proibito dopo le prime rappresentazioni) e La mattina presto (testo censurato), entrambi motivo di scandalo a causa delle scene brutali e oscene: G. si ritrova al centro della polemica sui limiti del `rappresentabile’, che si conclude nel 1967 con l’abolizione dell’organo di censura. Successore di G. Devine alla direzione della English Stage Company del Royal Court e, negli anni ’70, fondatore insieme a M. Stafford-Clark del Joint Stock Theatre Group (specializzato nella produzione di testi elaborati in stretta collaborazione fra autori e attori), G. è da sempre vivace promotore del `nuovo’ e regista di indiscusse qualità. Per il National Theatre ha diretto il testo di Pirandello L’uomo, la bestia e la virtù (1989) e La neve nera di Bulgakov (1991).

García Lorca

Federico García Lorca coltivò fin da bambino svariati interessi artistici: musica, disegno, tradizioni popolari, teatro dei burattini. Importante per la sua formazione fu l’amicizia con Manuel de Falla. Laureatosi in legge nel 1923, si trasferì a Madrid nella Residencia de estudiantes, dove ebbe modo di frequentare altri giovani artisti che insieme a lui formeranno la `Generazione del ’27’: R. Alberti, S. Dalí, L. Buñuel. Nel 1921, contemporaneamente all’uscita del suo primo volume di poesie, Libro de poemas , venne messo in scena Il maleficio della farfalla (El maleficio de la mariposa), commedia lirico-simbolica con insetti come personaggi, che si risolse in un fiasco. Amareggiato da questo primo insuccesso, Federico allestirà in seguito delle rappresentazioni private dei suoi testi. Nel 1927 andò in scena a Barcellona, interpretato da Margarita Xirgu, il dramma storico Mariana Pineda . Intanto era uscito Canzoni (Canciones) e l’anno successivo sarà pubblicato Romanzero gitano ( Romancero gitano ), seguito da Poema del cante jondo , opere che gli procurarono una grande popolarità. Nel 1929 si recò con una borsa di studio a New York e poi a Cuba. Il viaggio lascerà tracce profonde nella sua produzione (si veda la raccolta Poeta en Nueva York ). Al ritorno in Spagna, il teatro lo assorbì quasi completamente: fece rappresentare La calzolaia ammirevole (La zapatera prodigiosa, 1930) e nel ’33 Amor de don Perlimplín , Donna Rosita nubile (Doña Rosita la soltera), Nozze di sangue (Bodas de sangre) e nel ’34 Yerma . Nel 1931 aveva scritto Quando saranno trascorsi cinque anni (Así que pasen cinco años), dramma sperimentale, appartenente insieme a El público a quel teatro che lo stesso autore giudicava `irrappresentabile’, almeno in quel momento. Dal 1932 gli era stata affidata la direzione del teatro universitario, che egli chiamò La Barraca, un gruppo sperimentale e itinerante che doveva far conoscere il teatro classico spagnolo nei luoghi più sperduti. Con questo gruppo allestì testi di Cervantes, Lope de Vega, Calderòn, intervenendo in tutte le fasi della messa in scena, dalle musiche alle coreografie, dai costumi alle scenografie e spesso recitando egli stesso. Allo scoppio della guerra civile, nel luglio del 1936, la decisione di tornare a Granada gli sarà fatale. Arrestato dai falangisti con imprecisate accuse di comunismo, venne fucilato il 19 agosto. Poco prima di lasciare Madrid, aveva concluso e letto agli amici la sua ultima opera drammatica, La casa de Bernarda Alba. I testi teatrali di Garcìa Lorca, che affrontano temi fondamentali legati all’amore, alla morte, alla repressione, al senso della vita, espressi attraverso simboli e metafore ricorrenti, con un linguaggio altamente evocativo e iscritti in strutture drammaturgiche forti e di grande suggestione, hanno ispirato innumerevoli versioni, soprattutto danzate. Vasta eco suscitò in Italia la prima mondiale de El público – testo rimasto incompiuto e inedito alla morte dell’autore – al Teatro Studio del Piccolo di Milano nel dicembre del 1986, con la regia di Lluis Pasqual.

Gamson

Studia con Julia Levien, May O’Donnell, Etienne Decroux e Katherine Dunham, con cui talvolta si esibisce. Debutta come solista con il cognome di Gold nel 1955, per trasferirsi poi in Europa per un paio di anni. Tornata negli Usa, approfondisce lo studio della danza con Nikolais e si dedica alle conferenze su I. Duncan, della quale inizia anche a ricostruire le coreografie negli anni ’70, diventando una delle più accreditate interpreti della sua opera. Oltre ai lavori duncaniani danza anche brani di M. Wigman e suoi propri. Fonda poi un gruppo di danzatrici specializzate nel rimontare titoli di Limón e in attività didattico-divulgative. Per questa sua opera di fresca rivitalizzazione del repertorio moderno ottiene la Guggenheim Fellowship e il Bessie Award.

Giannasi

Simonetta Giannasi studia danza a Firenze con Rino Pedrazzini, Barbara Baer e Cristina Bozzolini. Nel 1986 entra nel Balletto di Toscana dove per il suo fascino singolare e la potenza tecnica si segnala subito in lavori di Ed Wubbe (Bianchi flussi, 1987) e Massimo Moricone (Trois en Quatre, 1987). Dopo aver partecipato allo show televisivo Fantastico, nel 1989 rientra nel Balletto di Toscana e danza ruoli principali in Pulcinella (1990) di Virgilio Sieni, Mediterranea (1993) di Mauro Bigonzetti, Otello (1994) di Fabrizio Monteverde e Hortensia (1996) di Cesc Gelabert. Ha danzato con la compagnia di Virgilio Sieni in L’eclisse (1992).

Giuffré

Nel panorama del teatro italiano Aldo Giuffé si segnala come uno dei rari attori ‘venuti dalla gavetta’: ciò che gli ha consentito di formarsi una vastissima gamma di mezzi espressivi, sia nel genere comico sia in quello drammatico, e di sviluppare una versatilità capace di svariare dalla farsa alla tragedia shakespeariana e al dramma moderno. Debutta nel 1947 con Eduardo De Filippo e rimane con lui sino al ’52, quando, in seguito a una scelta meditata e tutt’altro che facile per un attore di estrazione dialettale, lo lascia per affrontare, sia pure in piccole parti, nientemeno che Cechov, Turgenev e Goldoni; e, per giunta, in compagnie come quelle di Andreina Pagnani, Luchino Visconti, Renzo Ricci e Anna Magnani. Di pari passo, cresce via via l’importanza dei ruoli. Nella stagione 1957-58, allo Stabile di Palermo, è Verri in Questa sera si recita a soggetto di Pirandello e l’anno dopo viene scritturato dal Piccolo Teatro di Milano. La grande popolarità arriva nel 1972, allorché, insieme con il fratello Carlo, fonda una propria compagnia, che nel 1983 vince il premio Positano per aver ottenuto il più alto incasso al botteghino fra tutte le compagnie di prosa italiane. Fra i testi portati al successo da Aldo e Carlo Giuffé, Francesca da Rimini di Petito, A che servono questi quattrini? e I casi sono due di Curcio e, soprattutto, La fortuna con l’Effe maiuscola di Eduardo De Filippo e ancora Curcio, in cui Aldo disegna del personaggio di Erricuccio, un minorato mentale, un ritratto assolutamente indimenticabile.

Guzzanti

Corrado Guzzanti debutta come autore con le trasmissioni televisive Non stop e Proffimamente, entrambe del 1986, scrivendo i testi per la sorella Sabina (con lei e David Riondino debutta in Il fidanzato di bronzo, 1989-90). Come attore il suo debutto in televisione risale al 1989 con Scusate l’interruzione . Dal 1990 è autore e attore di tre edizioni di Avanzi , nel 1993-94 lo rivediamo in Tunnel ; è grazie a queste trasmissioni che giunge a una grande popolarità, lo ricordiamo in questi anni nelle vesti di Rocco Smitherson, Lorenzo, Emilio Fede, Gianfranco Funari. Nel 1995-96 è attore e co-autore (insieme a S. Dandini e S. Guzzanti) del Pippo Chennedy Show. Seguono i successi teatrali: nel 1996 Millenovecentonovantadieci e, l’anno successivo (con i nuovi personaggi del Pippo Chennedy Show), La seconda che hai detto , al suo fianco la `spalla’ M. Marzocca.

Girardot

Dopo gli studi al Conservatoire, dal 1954 al 1957 Annie Girardot è alla Comédie-Française, apparendo soprattutto in ruoli brillanti. Debutta nel cinema nel 1955 con Treize à table di Hunebelle, ma il suo successo è legato anche all’Italia: lavora infatti a teatro con L.Visconti (Dopo la caduta, 1960), che nello stesso anno la vuole in uno dei suoi capolavori cinematografici, Rocco e i suoi fratelli , dove è la prostituta Nadia. Durante gli anni ’60 e ’70 lavora con importanti registi italiani: accetta di imbruttirsi per il ruolo grottesco della Donna scimmia (1963) di Ferreri, dove recita accanto a Tognazzi; appare ne I compagni (1963) di Monicelli, nell’episodio firmato da Visconti de Le streghe (1967), in Dillinger è morto (1968) ancora di Ferreri, in Metti una sera a cena (1969), l’opera cinematografica più celebre di Patroni Griffi, ne Il sospetto (1975) di Maselli, ne L’ingorgo (1979) di Comencini. In Francia, collabora con A. Astruc ( La proie pour l’ombre , 1961), C. Lelouch (Vivre pour vivre , 1967; Il y a des jours… et des lunes , 1990), P. de Broca, A. Cayatte, E. Molinaro (La mandarine, 1971), B. Blier (Merci la vie, 1991). Attrice dal sicuro talento drammatico e dalle intense doti espressive, G., con la sua bellezza moderna e non convenzionale, ha creato un tipo femminile inquieto, intelligente e sensibile. Premiata a Venezia come miglior attrice per Trois chambres à Manhattan (1965) di Carné, nel 1975 conquista anche il César per Docteur Françoise Gailland di Bertuccelli.

Gsovsky

Issatchenko; Mosca 1901 – Berlino 1993), danzatrice e coreografa russo-tedesca. Si forma alla danza libera nella scuola pietroburghese di I. Duncan; studia inoltre balletto con O. Preobrajenska e A. Volinin e danza ritmica con Dalcroze. Nel 1924 si trasferisce a Berlino con il marito, il ballerino e maestro V. Gsovsky, con il quale nel 1928 apre un importante centro didattico; in seguito assume la direzione dei corpi di ballo della Berlin Staatsoper (1945-52) del Teatro Colòn di Buenos Aires (952-53), della Berlin Stadtische Oper (1954-66), della Frankfurt Oper (1959-66), e dell’indipendente Berlin Ballet, firmando contemporaneamente le prime produzioni dei Catulli Carmina di Carl Orff (1943), L’idiota di Henze (1952), Der rote Mantel di Nono (1954), I sette peccati capitali di Weill (1960). Considerata una delle più illustri figure del balletto tedesco, come maestra è stata di fondamentale importanza per la formazione di intere generazioni di danzatori tedeschi dal secondo dopoguerra in poi.

Gibellina,

Tra i ruderi della vecchia Gibellina, distrutta dal terribile terremoto del Belice (gennaio 1968), si muove, ormai da quindici anni, la macchina del teatro delle Orestiadi di Gibellina. Nate da un’idea di Emilio Isgrò, che aveva tradotto in dialetto siciliano la trilogia di Eschilo (poi allestita, dal 1983 al 1985, per la regia di Filippo Crivelli e le macchine sceniche di Arnaldo Pomodoro), le Orestiadi rappresentano un momento fondante del progetto – fortemente voluto, tra gli altri, da Ludovico Corrao – di ricostruzione urbanistica e di rinascita artistica e culturale della città; un progetto che data almeno dal 1978, anno della mostra La città frontale di Pietro Consagra, artefice della grande `stella’ di pietra che segna l’ingresso alla nuova Gibellina, ricostruita a valle (mentre accanto ai ruderi, come presenza della memoria, si stende il bianco sudario del Cretto di Alberto Burri). Dal 1986 al 1990, sotto la direzione artistica di Franco Quadri, le Orestiadi si proiettano sulla scena internazionale come uno dei luoghi deputati a coniugare memoria e ricerca teatrale, attraverso progetti – presentati quasi sempre in anteprima assoluta – connotati da una forte carica di innovazione: Le Troiane di Euripide (1988), nella messa in scena del giovane e geniale regista belga Thierry Salmon; La creazione del Mondo o La conquista dell’America del cineasta e scrittore apolide, benché di origine cilena, Raul Ruiz (1990), che si svolge nell’arco di due giornate tra i ruderi e un altro suggestivo spazio scenico, il Baglio delle Case di Stefano; la trilogia Les Atrides, una grande produzione del Théâtre du Soleil, ideata e diretta da Ariane Mnouchkine (1991).

Ma già nel 1990, con la guida della sezione arti visive affidata ad Achille Bonito Oliva e con l’istituzione di una sezione cinematografica e di una dedicata alla musica etnica, Gibellina sperimenta in maniera sempre più forte la pratica della contaminazione tra i diversi linguaggi espressivi; nel frattempo, attraverso l’inaugurazione degli Ateliers del Mediterraneo (cui si affiancherà il Museo Officina diretto da Enzo Fiammetta), si pone come luogo privilegiato di transiti e di scambi culturali e artistici, con una particolare apertura verso il mondo islamico-mediterraneo. Dalla stretta collaborazione tra Bonito Oliva e Roberto Andò (scrittore e regista, chiamato a dirigere nel 1991 la sezione teatro) nascono, tra il 1992 e il ’94, due importanti eventi interdisciplinari: il progetto teatrale Metamorfosi di una melodia (1992), ideato e curato dal cineasta israeliano Amos Gitai (insieme allo stesso Andò e a Enrico Stassi), che trae ispirazione dalle cronache dell’assedio di Masada descritto nella Guerra giudaica di Flavio Giuseppe (nel cast il regista americano Samuel Fuller, Hanna Schygulla, Enrico Lo Verso; musica di Markus Stockhausen); e il progetto multimediale di Bob Wilson (musica di Philip Glass) T.S.E. – Come in under the shadow of this red rock, da La terra desolata di T.S. Eliot, che si articola in un lungo seminario-laboratorio nel 1993 e nell’allestimento definitivo – che rilegge in chiave contemporanea la tradizione dei ‘mistery plays’ medioevali – nel suggestivo Baglio delle Case di Stefano nel settembre 1994. Nonostante l’istituzione, nel 1992, della fondazione ‘Orestiadi’, i curatori del festival hanno dovuto superare, negli ultimi anni, i ritardi e gli ostacoli della burocrazia e della politica regionale, continuando peraltro a dispiegare capacità progettuali e produttive anche nella cornice del più giovane ‘Festival di Palermo – Sul Novecento’. Il cartellone teatrale dell’edizione 1998 ha segnato comunque il pieno rilancio del festival che ha ospitato, tra l’altro, il nuovo allestimento di Ruggero Cappuccio Il sorriso di San Giovanni e il laboratorio del grande regista lituano Eimuntas Nekrosius Verso Macbeth.

Guinness

Sir Alec Guinness debutta nel 1934 e nel ’36 si unisce alla compagnia dell’Old Vic interpretando diversi ruoli classici per poi cogliere l’attenzione della critica nel ruolo di Aguecheek nella Dodicesima notte , e ottenere pieno riconoscimento del suo talento nella moderna messa in scena dell’ Amleto (1938) di Tyrone Guthrie. Finita la guerra torna all’Old Vic dove interpreta un’ampia varietà di personaggi, classici e moderni, e intraprende l’attività registica. Attore eclettico e molto richiesto si distingue in particolare nei ruoli shakespeariani (Riccardo II, Amleto, Re Lear), ma dimostra uguale maestria nella gestione di caratterizzazioni moderne in Cocktail party di Eliot, in Il re muore di Ionesco, in Ross di Rattigan per la regia di Glen Byam Shaw, mentre nel ’53 rifiuta, come già Richardson e Gielgud, di recitare in Aspettando Godot dell’allora sconosciuto Beckett. Nel 1966 insieme al regista Gaskill contribuisce alla messa in scena di una versione sperimentale del Macbeth, e nel ’73 interpreta Dr. Wickersteed in Habeas Corpus di Alan Bennett.

Galiena

Accanto ai ruoli teatrali spesso interpreta lavori creati sia per il cinema che per la televisione. Anna Galiena si forma professionalmente a New York dove studia con Caroline Ducrocq, Michael Moriartry e Sandra Seacat. È il 1978 quando, nella stessa città, debutta in teatro in Romeo e Giulietta; nel 1980 interpreta Il gabbiano di Cechov, e, nello stesso anno studia all’Actors studio. Fino al 1984 il suo lavoro prosegue in America con spettacoli come Riccardo III (1980), Zio Vanja (1982), The Chain (stagione 1982-83), accanto a commedie di autori contemporanei americani e musical, in seguito torna in Europa, dove, al Teatro stabile di Genova, interpreta Tre sorelle (1984), per la regia di O. Krejca. Nel 1991, al Teatro Odéon di Parigi, lavora ne Il balcone , diretta da Lluis Pasqual e nel ’92 è al festival di Spoleto con Verso la fine dell’estate . La sua attività teatrale prosegue al Teatro Franco Parenti di Milano, dove interpreta La vita è un Canyon (1994), per la regia di A. R. Shammah. Al festival di Avignone ’94 fa parte di una compagnia del teatro no giapponese, nella pièce Susanô , creata da Takayuki Kawabata e diretta da Hiroschi Teshigahara. Nel 1998 è impegnata ne L’amante di Pinter, per la regia di A. R. Shammah.

giocoliere

La giocoleria è fra le discipline circensi che richiedono più costanza e perseveranza. I progressi sono in genere lenti e frutto di grande sacrificio e gli artisti dediti a essa devono continuamente sottoporsi a prove e allenamenti estenuanti dal punto di vista non solo corporeo ma anche mentale. Nel proprio specifico campo quella del giocoliere è la specialità più suscettibile di variazioni. I giocolieri spesso cambiano i tipi di oggetti che giocolano, il numero di essi, il modo di presentarsi in pubblico e così via, creando una quantità praticamente illimitata di sotto generi (fra i quali la giocoleria con i piedi detta `antipodismo’). La giocoleria è una delle prime tecniche dello spettacolo del corpo, tanto che il reperto più antico pare essere quello dei graffiti rinvenuti in Egitto nella tomba di Ben Hassani, datati attorno al 2.040 a.C. Nel nostro secolo la disciplina ha avuto degli sviluppi importanti. Fino alla seconda guerra mondiale, nei circuiti dei teatri di varietà i g. affinano le loro esibizioni presentando non più dei normali numeri ma dei piccoli atti unici nei quali rappresentano anche dei personaggi. Questo dà loro la possibilità di cambiare più volte l’esibizione nel corso della carriera, inventando delle ossature diverse nelle quali inserire gli stessi salti mortali e le stesse giocolerie. Appaiono i giocolieri `patriottici’, in uniformi militari (fra i quali Paul Conchas); i g. `eleganti’, in abiti da sera (Cinquevalli, Kara, Spadoni); persino i giocolieri `da ristorante’, con scenografie e attrezzi chiaramente ispirati a quelli di una sala da pranzo (i Perezoff). Poi, per rappresentare quelle attività ludiche ormai parte della vita quotidiana, nascono i g. `sportivi’. Tutte le catalogazioni possibili non sarebbero comunque sufficienti a descrivere tutte le tipologie e l’enorme intreccio di famiglie, di troupes, di artisti istruiti da un loro predecessore e a loro volta maestri di altri, che affollano le piste dei circhi e soprattutto le scene dei teatri di varietà nel periodo d’oro della disciplina.

Una grande inversione di tendenza avviene con il più importante giocoliere del secolo, Enrico Rastelli il quale, attorno agli anni ’20, toglie alla giocoleria la caratteristica di piccolo atto unico per restituirle invece l’ingenuità di un’esibizione astratta, senza simboli, al di là e al di sopra d’ogni possibile interpretazione. Se la cultura italiana avesse adeguatamente valorizzato l’arte circense, Rastelli occuperebbe probabilmente un posto nella storia dello spettacolo italiano fra Scarpetta e Petrolini. Il circo, che fornisce tanti stimoli agli esponenti della seconda generazione della regia teatrale, porta chiari segni della sua arte, soprattutto nell’accezione del ritmo e della sveltezza. Oggi sembra normale che un giocoliere usi certi attrezzi e abbia uno stile improntato soprattutto sulla velocità, ma ciò è dovuto alla rivoluzione della disciplina avviata da Rastelli. Durante i suoi ultimi anni di vita la sua fama origina numerosi emuli che cercano di imporsi utilizzando il suo stile o le sue tecniche. Fra gli italiani si ricordano: Massimiliano Truzzi e Paolo Bedini. Anche nel secondo dopoguerra la maniera dominante rimane quella impostata dal grande artista italiano. Attrezzi imperanti di questo periodo sono le clave, che avevano sostituito i bastoni, le palle di diverse dimensioni e i cerchi; lo stile rimane quello rapido ed essenziale dell’italiano. Sui detriti delle sue tecniche lavorano Angelo Piccinelli, Eduardo Raspini, Alberto Sforzi e Gilberto Zavatta. In seguito la tipologia si distingue in diversi stili: quello sudamericano tutto velocità e temperamento (iniziato da Rudy Cardenas, proseguito, fra gli altri, dagli Alegria e gli Alvarez); quello russo: tecnica e ricerca dell’organicità (dagli istruttori Violetta Kiss e Nikolai Ernestowitsch Baumann, all’allievo Sergei Ignatov, fino al giovanissimo Nikolai Gerassimov); quello minimalista inaugurato dai Kremo, con numerosi emuli; quello orientale della pura ricerca della perfezione (i fratelli Jianping, Jianhua e Jianwen Qian).

Ultimo virtuoso della giocoleria tecnica è il giovane americano Anthony Gatto capace di esercizi da guinness ma dotato di poca eleganza nella presentazione. Negli anni ’70, collegato al fenomeno del `Nuovo Circo’, nasce il trend americano dei Fantasy Jugglers. Il giocoliere torna in strada e all’aria aperta per ritrovare freschezza e spontaneità nel contatto con il pubblico. Interpreti più rappresentativi sono i Karamazov Bros, i Bay City Red, i Passing Fancys, i Wimbledon Bros e gli Airjazz. Grande fama la conquista Philip Petit . Da segnalare gli americani Paul Binder e Michael Christensen, poi fondatori del Big Apple Circus. Ma più di tutti dona una nuova impronta alla disciplina il fantasy juggler americano Michael Moschen che, traendo spunto dai più moderni aspetti del mimo e della danza contemporanea, presenta accattivanti giocolerie con il fuoco e ipnotiche combinazioni con tre piccole sfere di cristallo. L’uso di elementi naturali come il fuoco o perfetti come le palle traslucide, dona in qualche maniera al numero di Moschen una qualche connotazione metafisica.

GITIS

Fondata nel 1878 col nome di Scuola musicale-drammatica, fin dall’inizio annovera tra i suoi docenti alcuni dei più importanti attori del tempo (O. Pravdin, A. Juzin). Dal 1891 al 1901 vi insegna V. Nemirovic-Dancenko, che forma una generazione straordinaria di attori, i migliori dei quali entrano nel Teatro d’Arte, fondato nel 1898 da Nemirovic stesso e da K. Stanislavskij. Dopo la rivoluzione d’Ottobre la scuola assume la nuova denominazione e viene completamente riorganizzata: vengono aperti laboratori sperimentali (uno di questi è diretto dal regista Mejerchol’d) e l’Istituto diventa uno dei più vitali centri di ricerca e di formazione in tutti i settori teatrali, dalla recitazione alla scenografia alla tecnica scenica. Dopo un periodo di relativa decadenza negli anni più duri della dittatura staliniana, l’Istituto dopo la guerra viene diviso in tre facoltà: regia, recitazione e ricerca teatrale, con molte sottosezioni specifiche (corsi per attori di commedie musicali, per coreografi, per organizzatori di teatro). Oltre agli insegnanti tradizionali, molti registi (Fomenko, Vasil’ev) e attori delle nuove generazioni vi tengono dei seminari..

Geert

Gisa Geert dominò per lunghi anni il balletto di rivista italiano con la fama ben meritata di ‘lady di ferro’. Nell’ultima rivista di Totò Bada che ti mangio! (1948-49, con ripresa 1949-50), che precedette una lunga parentesi cinematografica dell’attore napoletano, su un copione di Michele Galdieri, erano numerosi e assai spettacolari i quadri coreografici: una scacchiera con pedine viventi (il Capitale giocava contro il Lavoro!), il quadro delle volpi (con E. Giusti), il memorabile finale con fontane luminose che sprizzavano getti d’acqua alti cinque metri. Spicca, nel corpo di ballo, Floria Torrigiani, danzatrice proveniente dalla danza classica. Gisa Geert potrà poi contare su un’altra stella, la danzatrice-soubrette Corinne Marchand, interprete del film Moulin Rouge con José Ferrer, nella rivista Oh quante belle figlie madama Doré , stagione 1955-56, di Terzoli e W. Chiari, tornato quest’ultimo alla rivista tradizionale dopo le esperienze di varietà-cabaret; a fargli da `spalla’ C. Campanini e B. Valori. Sue anche le coreografie di Masanello , di Corbucci e Grimaldi, «pasticcio frenetico e composito», con N. Taranto dalla vena dirompente, Macario nel ruolo brechtiano di un soldatino-cronista piemontese capitato a Napoli per sbaglio, l’esordio della cantante Miranda Martino. Nella stagione 1966-67, mentre declina inesorabilmente la rivista, sostituita dalla commedia leggera e dal musical, la G. ha l’impegnativo compito di legare, intervallandoli con quadri coreografici, la sfilata di centootto personaggi imitati da A. Noschese nello spettacolo La voce dei padroni , testi di Castaldo e Faele, spettacolo di Garinei e Giovannini, che sfrutta la notorietà televisiva dell’imitatore. Due testimonianze sul temperamento della coreografa. Aldo Buonocore, musicista: «Nel 1947, alle prove della rivista con Totò C’era una volta il mondo , la G. spaccò una sedia in mille pezzi perché due ballerine avevano sbagliato un’entrata: un temperamento così deciso non s’era mai visto in teatro». La danzatrice Flora Torrigiani: «In Bada che ti mangio! con Totò c’era un quadro sensazionale, oltre alla `scacchiera vivente’ con la partita Capitale-Lavoro. Si rievocava la morte del torero Manolete (interpretato dal ballerino Riccardo Rioli); il toro ero io. Da un trampolino facevo un gran salto in palcoscenico, Rioli-Manolete toreava e facevamo acrobazie mai viste; ogni volta che mi posava per terra scendevo sulle punte, girando come una pazza scatenata, finché mi prendeva per la testa e per una gamba, mi faceva roteare lasciandomi la testa e io giravo per aria per la forza centrifuga, solo con un sostegno sulla gamba. Alla fine morivamo tutti e due, toro e torero. Una cosa forsennata e dietro c’era la G., una coreografa tremenda, cattivissima. Ma l’effetto era sensazionale».

Garinei

L’esordio di Enzo Garinei avviene in rivistine di carnevale per studenti al Teatro Valle di Roma, come primattore in uno spettacolo scritto dal fratello Pietro (del famoso fratello autore-regista avrebbe fatto poi l’imitazione in una scena del Delia Scala show , rivista montata nel 1960 da Garinei&Giovannini per rimediare al rinvio di Rinaldo in campo per infortunio di Domenico Modugno). Dalla Bisarca con Billi e Riva, nel 1950, al Lenzuolo per sognare a fianco di Sylva Koscina (1977), passando attraverso Grand baldoria, Gran Baraonda, Tobia la candida spia (con Rascel), La padrona di raggio di luna (con Andreina Pagnani), La manfrina, Lo sai che non ti sento quando scorre l’acqua, Alleluja brava gente con Johnny Dorelli, qui nel sapido ritratto di Folchetto, tombarolo monco (“M’hanno tagliato un branchio, pe’ punizione, perocché dice che arrobbavo”). Poi Cielo mio marito di Costanzo e Marchesi, con Ombretta Colli, Bramieri e Marisa Merlini, Assurdamente vostri , commedia di Ayckbourne con Sandra Mondaini. In Accendiamo la lampada di Pietro Garinei e Iaia Fiastri era Ussein Ullà, accanto a Dorelli e G. Guida, in una favola da mille e una notte. Attore elegante e preciso, dalla comicità sottile e garbata, è stato diretto da registi quali Visconti e Ronconi (in I lunatici ), F. Enriquez e S. Bolchi. Nel 1961, il trio di successo (E.G., Sandra Mondaini e Carletto Sposito) reduce dal Delia Scala show in teatro, presenta Canzonissima in tv. Ha partecipato a numerosi film, spesso accanto a Totò. Gli è stata attribuita nel 1961 la Maschera d’argento per il teatro di rivista.

Guizerix

Scritturato all’Opéra di Parigi nel 1964, diventa étoile nel 1973. Danzatore di formazione classica ma di spirito moderno, ha brillato tanto nel repertorio classico ( Giselle , Il lago dei cigni , Coppélia ) quanto in quello barocco e contemporaneo (Lifar, Petit, Béjart, Taylor). Ha tenuto a battesimo lavori quali Un jour ou deux di Cunningham, Tristan di Tetley e Manfred di Nureyev. Dopo la sua uscita dall’Opéra (1990) ha dato vita, insieme a Thierry Malandain e alla moglie Wilfride Piollet, anche lei étoile dello stesso teatro, alla Compagnie Temps Présent, con la quale ha presentato varie coreografie, ivi inclusa Afin qu’il n’y soit rien changé . Nel 1994 si è reso protagonista di Sept dernières paroles du Christ (musica di Haydn), un singolare a solo firmato da otto diversi coreografi contemporanei fra i quali Mark Tompkins, François Raffinot, François Verret, Andy Degroat e Daniel Larrieu.

Greene

Graham Greene si convertì al cattolicesimo nel 1927, evento che lasciò una profonda traccia nella sua opera. Ma pur strumenti di una volontà superiore, i personaggi dei suoi romanzi, tutti di grande successo, possiedono sempre una netta individualità e vivono con intensa passione la loro avventura, spesso drammatica e tragica, talvolta ironica e grottesca. Esordì in teatro con le riduzioni dalla sua opera narrativa La rocca di Brighton (Brighton’s Rock, 1943), Il nocciolo della questione (The Hearth of the Matter, 1950), in collaborazione con B. Dean, e Il potere e la gloria (The Power and the Glory, 1952) in collaborazione con P. Bost, messo in scena per la festa del teatro di S. Miniato da L. Squarzina prima e da G. Sbragia nel 1991. La sua prima commedia è L’ultima stanza (The Living Room, 1953), cui seguirono Il capanno degli attrezzi (The Potting Sad, 1957), L’amante compiacente (The Complaisant Lover, 1959), la tragicommedia Scolpendo una statua (Carving a Statue, 1964), Il ritorno di A. J. Raffles (The Return of A. J. R., 1975), Sì e no (Yes and No), Per chi suona la campana (For Whom the Bell Chimes, 1980), Lo splendido Jowett (The Great Jowett, 1980). Nelle sue opere teatrali G. rispetta le regole del `well-made-play’: le sue commedie, eleganti e ben costruire, puntano l’interesse più sui contenuti (problematica morale) che sullo sviluppo delle nuove tecniche e modi espressivi. Di rilievo sono anche le sue sceneggiature cinematografiche: Idolo infranto (The Fallen Idol, 1948) e Il terzo uomo (The Third Man, 1950).

Giannini

Giancarlo Giannini studia all’Accademia d’arte drammatica di Roma, senza terminare i corsi regolari. Scritturato da Beppe Menegatti per uno spettacolo estivo, Il sogno di una notte di mezza estate , inizia una fulminante carriera teatrale e soprattutto cinematografica. La sua attività teatrale raggiunge una svolta importante nel 1964 grazie all’incontro con Zeffirelli, che ne fa il suo Romeo nella storica edizione di quell’anno. Con il regista fiorentino interpreta anche La lupa di Verga (1965), Black Comedy di Shaffer (1966), Due più due non fa quattro di Wertmüller (1968). Lavora anche con V. Zurlini in La promessa di Arbuzov (1967) e nello spettacolo tratto dal capolavoro di Silone, L’avventura di un povero cristiano. Nel 1970 è Amleto con la regia di S. Graziani. È la sua ultima grande interpretazione di prosa, che a Roma conosce un grande insuccesso. Il principe di Danimarca che balla lo shake dell’epoca non piace neanche al pubblico delle cantine. Uno sguardo intenso, quello di Giannini, che non si è misurato abbastanza con la sfida dello spettacolo dal vivo.

Giallomare minimal teatro

Ha progettato percorsi per una diversa dimensione del tempo e dello spazio ( Un attimo una stella , 1986; Hansel e Gretel restaurant , 1988) creando poi, in collaborazione con Giacomo Verde, Il teleracconto (1989), incontro molto suggestivo tra la narrazione con oggetti e la televisione. Altri lavori: Boccascena (1991); Biancaneve nera la notte gialla la luna (1995).

Gullotta

Leo Gullotta si è formato come attore con una lunga militanza nella compagnia del Teatro Stabile di Catania, dove a fianco di T. Ferro e S. Randone ha interpretato testi di Sciascia, Sartre e Shakespeare. Trasferitosi nel 1979 a Roma comincia a lavorare al cinema e in televisione ritagliandosi spazi importanti. Al cinema ricordiamo: Mi manda Picone (1983) di N. Loy, Il camorrista (1987) di G. Tornatore con cui vinse il David di Donatello come miglior attore non protagonista e Nuovo cinema Paradiso (1988) di G. Tornatore. In televisione, dopo gli esordi in Black out (1979), raggiunge un grande successo partecipando ai varietà del Bagaglino trasmessi da Rai e Reti Fininvest come Biberon (1989), Crème caramel (1991), Bucce di banana (1994). Intanto, nel 1990, G. è tornato a teatro recitando da protagonista in Vaudeville , testo e regia di B. Navello, spettacolo allestito al Teatro Parioli di Roma. L’anno dopo forma una compagnia e, sempre al Parioli, interpreta Il signor Popkin di Murray Schisgal con la regia di P. Rossi Gastaldi.

Grüber

Dopo gli studi alla scuola di teatro di Stoccarda, nel 1964 si reca in Italia dove, per quattro anni, lavora come assistente alla regia e collabora con Strehler e Grassi al Piccolo Teatro di Milano. Nel 1967, a Friburgo, debutta nella regia con L’impresario delle Smirne di Goldoni e, nel 1968, rappresenta al Piccolo Teatro di Milano Il processo di Giovanna d’Arco a Rouen di Brecht e Seghers; nel 1969 dirige Off limits di Adamov, con la scenografia di Eduardo Arroyo col quale allestisce in seguito numerose opere. In quello stesso anno viene chiamato da Kurt Hübner al Teatro di Brema dove mette in scena con grande successo La tempesta . Qui cura anche regie per il teatro d’opera come quella del Wozzeck di Berg (1971) e del Giulio Cesare di H&aulm;ndel (1972) e dirige B. Minetti in L’ultimo nastro di Krapp di Beckett (1973). Realizza altre regie a Stoccarda, Düsseldorf, Francoforte e inizia a lavorare alla Schaubühne ad Hallesches Ufer, a Berlino ovest, dove si evidenzia pienamente il suo talento. La sua prima regia per questo teatro è Storie del bosco viennese di Horváth nel 1972. Il lavoro di G. può essere considerato l’opposto e a un tempo il completamento di quello di P. Stein. Tanto questo è razionale e costituisce la colonna portante della Schaubühne, quanto G. sembra improvvisare in modo apparentemente capriccioso, ma sempre ricco di invenzioni e illuminazioni inattese. La sua ricerca si sviluppa ai confini del teatro con un gruppo di collaboratori che continueranno a essergli vicini: i pittori Arroyo e Aillaud, il filosofo e drammaturgo Pautrat, l’assistente E. Hammer. Spesso preferisce lavorare su testi di poeti, come nel caso dell’ Empedocle di Hölderlin, che mette in scena nel 1975 con l’interpretazione di B. Ganz. Realizza spettacoli in luoghi che non sono quelli consueti del teatro: nel 1975, nella cappella Saint Louis a Parigi, il Faust Salpêtrière , da Goethe; nel 1977 a Berlino, Die Winterreise , dall’ Hyperion di Hölderlin, mito greco rianimato dal poeta romantico nello smisurato stadio olimpico costruito durante il nazismo; nel 1979 Rudi , da Brentano, nel novecentesco Hotel Esplanade. Non abbandona tuttavia la scena tradizionale e sempre a Berlino, alla Freie Volksbühne, dirige Sei personaggi in cerca d’autore (1981) e l’anno seguente un adattamento del Faust ridotto a tre personaggi, che fa molto discutere, con B. Minetti nel ruolo di protagonista. Nel 1984 torna al Piccolo Teatro di Milano dove dirige Nostalghia di F. Jung. Nello stesso anno è il primo regista tedesco a lavorare alla Comédie Française dove, con grande successo, dirige la Bérénice di Racine. Sempre a Parigi e in lingua francese realizza nel 1976, al teatro delle Bouffes du Nord, Le récit de la servante Zerline , da H. Broch, con J. Moreau e La morte di Danton di Büchner nell’ambito del festival d’Automne del 1989. Il rapporto col teatro francese si estende anche a regie realizzate a Berlino: L’Affaire de la Rue de Lourcine (1988) di Labiche, in una versione tanto ironica quanto onirica, e Splendid’s (1994) di Genet, entrambe alla Schaubühne. Da ricordare è anche il rapporto con l’opera di Wagner che G. ha affrontato tre volte: a Parigi nel 1976 con La Valchiria , a Firenze nel 1983 con il Tannh&aulm;user e ad Amsterdam nel 1990 con il Parsifal . Una delle sue messe in scena più recenti, Ifigenia in Tauride di Goethe, per la Schaubühne, è ancora la testimonianza di un teatro dove essere, fare e recitare, chiarezza e oscurità, si incontrano e si confondono.

Galloway

Entra al Balletto di Francoforte nel 1985, dove si distingue per il temperamento esuberante e le linee lunghe e nervose. Danza ruoli di spicco in numerose coreografie di Forsythe ( Slingerland , In the Middle Somewhat Elevated , Behind the China Dogs ) e canta il rap in Impressing the Czar . Negli anni ’90 prosegue la sua collaborazione con Forsythe, in qualità di costumista, per numerose creazioni: Quintet t , Self Meant to Govern , Pivot House , Eidos/Telos , Invisible Film , Of Any if And , Six Counter Points , Sleepers Guts , Hypothetical Streams 2 .

Grédy

Studia all’Institut des hautes études cinématografiques e nel 1948 scrive la sceneggiatura del film Julie de Carneilhan . L’anno successivo inizia la collaborazione con Pierre Barillet; assieme continuano con successo la migliore tradizione del teatro del boulevard, sia come autori di pièces originali, sia traducendo per le scene francesi i testi di commediografi stranieri. Barillet e G. sono ironici censori dei costumi della società contemporanea, con garbo e leggerezza mettono gli spettatori a confronto con i loro vizi e le loro piccole ipocrisie. Tra i loro spettacoli ricordiamo: Ami-ami (1950); La plume (1956); Fleur du cactus (1963); Black Comedy (adattamento da P. Shaffer, 1967); Une rose au petit déjeuner del 1973 (due giovani parigini parlando del loro amore rivelano che il sentimento ha delle costanti che l’evoluzione della società non ha il potere di mutare); Même heure, l’année prochaine (adattamento da B. Slade, 1976 – ripreso nel 1991); Le préféré del 1977 (un uomo di mezza età, dopo aver lasciato diciotto anni prima la moglie perché incapace di assumersi alcuna responsabilità, rincontra la giovane figlia incinta e decide di restarle accanto, aiutandola a crescere suo nipote); Coup de chapeau (adattamento da B. Slade, 1979); Potiche del 1980 (la moglie di un industriale, di cui è stata per lungo tempo la docile compagna, rivendica la sua indipendenza e si dimostra un’abile imprenditrice); Lily et Lily (1985); Ténor (adattamento da K. Ludwig, 1988); Marcel et la belle excentrique (1992).

Gramsci

Antonio Gramsci inizia la sua collaborazione alla “Guida del Popolo” e all'”Avanti” nel 1915 attraverso articoli culturali e note politiche. Le sue Critiche teatrali torinesi (poi raccolte in volume) cominciano a essere pubblicate il 13 gennaio 1916 sull’edizione piemontese dell’Avanti e si interrompono il 16 dicembre 1920 alla vigilia dell’uscita dell’Ordine Nuovo; esse costituiscono un esauriente panorama critico della vita teatrale, non soltanto torinese, ma in buona parte italiana. Nei suoi articoli Antonio Gramsci denuncia la situazione dei maggiori teatri italiani del tempo, quelli di Torino, Milano, Genova, Bologna, Roma che venivano controllati solamente da due o tre potenti organizzatori che successivamente si sarebbero potuti unire in trust. Sempre all’interno degli articoli di critica teatrale Antonio Gramsci continua la sua violenta polemica antiborghese: egli sottolinea come sia necessario che in quegli anni anche il proletariato, gli strati popolari più maturi, partecipino alle opere teatrali andando a formare quello che lui chiama il «pubblico nuovo»: il teatro per Antonio Gramsci può essere un importante strumento di scuola sociale. Di pregevole interesse sono i suoi articoli sull’opera di Pirandello. Questa iniziale esperienza di critico teatrale influenza anche gli scritti successivi, e riemerge nello scritto Quaderni del carcere.

Guitry

Pietroburgo 1885 – Parigi 1957), attore e commediografo francese. Figlio del celebre attore Lucien (Parigi 1860 – ivi 1925), esordisce prestissimo come autore con Il paggio (1902) e arriva al successo nel 1911 con Il guardiano notturno . Le sue pièce, di cui sarà anche interprete spigliato e gradevole, sono commedie leggere nelle quali si assumono le convenzioni del teatro boulevardier per rinnovarle con la freschezza di una scrittura garbata ma incisiva. Attraverso una scatenata girandola di situazioni brillanti, battute ironiche, intrighi salaci, equivoci imprevisti, scambi di persona e rivelazioni piccanti, G. svolge una serie infinita di variazioni sul tema della infedeltà di coppia e dell’adulterio. Il personaggio principale delle sue commedie, spiritoso, cinico ma pieno di fascino, diventa spesso, sulle scene, il detonatore delle sue doti istrioniche.Tra gli oltre centotrenta lavori scritti e interpretati in oltre mezzo secolo, si ricordano: La conquête du Berg-op-Zoom (1913), Faison un rêve (1916), L’illusioniste (1917), Mon père avait raison (1919), Le grand-duc (1921), Un sujet de roman (1923), Désiré (1927), Un tour du paradis (1933). Significative sono inoltre, accanto a un romanzo e ad alcuni volumi di memorie, le sceneggiature romanzate sulla vita privata di uomini illustri: Jean de La Fontaine (1916), Deburau (1918), Mozart (1928), Franz Hals (1931). Diresse e interpretò, pur se con esiti meno brillanti, anche una trentina di film.

Gregoretti

Dopo gli studi classici compiuti a Napoli, Ugo Gregoretti inizia la propria attività in Rai dove è assunto nel 1953. Segnalatosi ben presto con alcuni documentari di costume per la trasmissione Semaforo , ottiene consensi con La Sicilia del Gattopardo (1960, premio Italia) e con lo sceneggiato Il circolo Pickwick (1968). Percorre, contemporaneamente, la strada del cinema, realizzando tra gli altri I nuovi angeli (1961), Rogopag (1963, episodio Il pollo ruspante , con U. Tognazzi), Omicron (1964), Vietnam: scene del dopoguerra (1975, documentario); Maggio Musicale (1990). Il ritorno alla televisione è del 1973, con il fortunato Le tigri di Mompracem , cui fanno seguito lavori come La casta fanciulla di Cheapside di J. Middleton (1977); Viaggio a Goldonia con Paolo Poli (1982) e, dal 1991 al 1994, la trasmissione di inchieste Sottotraccia . Regista garbato e ironico, G. si dedica alla prosa nel 1978, con Il bugiardo di Goldoni (protagonista G. Proietti), per poi affrontare Petrolini, Ionesco, Satta Flores, Viviani, Jarry (Ubu re, 1989, Teatro Stabile di Torino), Pirandello (L’uomo, la bestia e la virtù , 1990); De Filippo (Uomo e galantuomo , 1991). Nel 1998 firma un adattamento del Purgatorio , di Dante Alighieri, che lo vede anche interprete e regista (al festival di Borgio Verezzi). Nella lirica dirige Il matrimonio segreto di Cimarosa (1977, Comunale di Firenze), L’italiana in Algeri di Rossini al Regio di Torino (1979); Un ballo in maschera di Verdi al San Carlo di Napoli (1982); L’elisir d’amore di Donizetti a Spoleto (1984), Le convenienze e inconvenienze teatrali di Donizetti alla Fenice di Venezia (1988); Il barbiere di Siviglia di Paisiello al Comunale di Firenze (1994). Direttore del Festival di Benevento dal 1980 al 1990 e del Teatro Stabile di Torino dal 1985 al 1989, G. è presidente dell’Accademia d’arte drammatica `S. D’Amico’ di Roma dal 1995.

Giono

Narratore tra i più noti, G. si è dedicato anche al teatro con ottimo successo di pubblico e critica. Tra le commedie di G., la prima Lanceurs des graines (1932) si riduce a un poema dialogato, la cui affettata semplicità stilistica inficia il ritmo e la resa teatrale. Con Le bout de la route (1941), vicenda di ambientazione contadina, ottenne un grande successo, grazie anche al dialogo ben costruito e accattivante. La femme du boulanger (1944), tratta dal suo romanzo Jean-le bleu da cui Pagnol aveva derivato il soggetto di un film (1939) e Le voyage en calesse (1947) confermano il gusto di Giono per una certa bonomia linguistica e per la ricostruzione del mondo contadino e pagano della Provenza, terra d’origine dell’autore, resa mitica dalla pratica letteraria.

Gielgud

Figlio d’arte, debutta nel 1921 sotto la guida di Granville Barker e ottiene il primo successo sulla piazza londinese interpretando Trofimov ne Il giardino dei ciliegi di Cechov per la Oxford Repertory Company per cui lavora tra il 1924 e il 1925. Il debutto nelle vesti di regista avviene su invito di George Devine che nel 1932 lo spinge a mettere in scena Romeo e Giulietta per la Oxford University Dramatic Society, con Peggy Ashcroft, Edith Evans e in un ruolo minore il giovane Terence Rattigan che qualche anno più tardi, nel 1935, collaborerà con G. all’adattamento del romanzo dickensiano Le due città (A Tale of Two Cities). Nel 1932 dirige e interpreta Riccardo di Bordeaux (Richard of Bordeaux) di Gordon Daviot, affermandosi come star popolare del teatro commerciale nel West End londinese. Dal ’38 è direttore della compagnia del Queen’s Theatre. Nel 1953 viene fatto cavaliere. Indimenticabili rimangono alcuni dei personaggi a cui ha dato corpo e voce tra cui Amleto e Riccardo II di cui ha curato anche la regia; Angelo in Misura per misura (Measure for Measure); Leontes ne Il racconto d’inverno (The Winter’s Tale); Prospero in La tempesta (The Tempest, 1974). Acclamato interprete shakespeariano, G. contribuisce alla diffusione dell’opera di Cechov nel teatro inglese con brillanti interpretazioni e regie per Il gabbiano (1936), Tre sorelle (1937), Il giardino dei ciliegi (1961) e Ivanov (1965). Il suo talento si distinse con la stessa forza espressiva anche in drammi moderni, in particolare nelle vesti di John Whorting in L’importanza di chiamarsi Ernesto (The importance of Being Earnest) di Wilde, o in quelle di Spooner in La terra di nessuno (No Man’s Land, 1975) di Pinter nella messa in scena di Peter Hall per il National Theatre.