De Chiara

Un posto di primaria importanza nella sua produzione occupano il dialetto romanesco e la rivisitazione di alcuni classici dell’antichità (Terenzio e Plauto) e della narrativa di Verga, Brancati, Sciascia e D’Annunzio. Esordisce come commediografo nel 1960 con Antonello capobrigante , cui seguono Itaca! Itaca! (1974); Il mostro (1978); Miseria e grandezza nel camerino nº 1 (1984); Eleonora: ultima notte a Pittsburgh (1988, sulla vita della Duse). È stato anche critico, saggista, regista teatrale e sceneggiatore cinematografico e televisivo.

Derain

Interessato come Picasso e Braque all’arte africana e allo studio dello spazio compiuto da Cèzanne a inizio secolo, D. sviluppò tuttavia una sua traiettoria personale, che lo porterà più vicino ai fauvisti e a Matisse. Dal 1919 Diaghilev gli chiede di realizzare delle scenografie per i Ballets Russes. Le sue scene fortemente decorative e immaginifiche gli assicureranno una lunga carriera di scenografo di balletti. La prima produzione è per La boutique fantasque di L. Massine; in seguito al successo ottenuto viene chiamato a collaborare al balletto Jack in the box (1926) di Balanchine. Con quest’ultimo collaborerà ancora per La Cuncurrence (1932), rappresentata dai Balletti Russi di Montecarlo, Fastes (1933) e Songes (1933), al Teatro degli Champs-Elyisées. Nel 1947, inoltre, si occupa delle scene per il balletto Mam’zelle Angot , su musica di Charles Lecocq, al Covent Garden; l’anno seguente disegna scene e costumi per Le diable l’emporte di R. Petit, al Teatro Marigny di Parigi.

De Monticelli

Di famiglia nobile, intraprende la carriera artistica su piccoli palcoscenici torinesi, ma approda presto alla grande scena lavorando con Zacconi, Sichel, Tumiati, Betrone. È nelle tournée della Caterina Sforza di Benelli e nella Guarnigione incatenata di Colantuoni. Milita poi nel milanese Teatro degli Arcimboldi, e nella Compagnia eclettica di C. Dondini. L’ultima apparizione in palcoscenico fu in Lazzaro di Pirandello, al fianco di A. Pagnani.

Dietrich

Pittore e disegnatore di stoffe, a ventidue anni si avvicina alle discipline fisiche studiando lo yoga e, dal 1981, danza moderna con Hans Züllig alla Folkwang Hochschule di Essen. Nel 1984 crea il primo assolo, Hiob , e nel 1986 danza nel Folkwang Tanzstudio diretto da Susanne Linke, con la quale si esibisce in Affekte (1988), omaggio al mondo poetico di Dore Hoyer; in seguito collabora alla direzione del Bremen Tanztheater. Performer di inquietante e poderosa presenza teatrale, propone negli anni vari brani coreografici, tra cui Da war plötzlich… Herzkammer , Do Re Mi Fa So Latitod , Ein Stück über Leben .

Dorelli

Cantante, scrittore, entertainer a trecentosessanta gradi, ha inciso i primi dischi al rientro dagli Usa, dove era arrivato a nove anni, nei primi anni ’50, tentando anche l’avanspettacolo con i celebri fratelli Maggio. Il primo best-seller è nel ’57 il disco Calypso melody , che vende centomila copie e porta fortuna allo pseudonimo D., invitato alle prime trasmissioni del Musichiere. Ma il boom è dietro l’angolo e gli viene offerto a Sanremo da Domenico Modugno che lo sceglie come partner per cantare due refrain internazional popolari come “Nel blu dipinto di blu” nel ’58 e “Piove” nel ’59. Parte da qui la sua carriera di show man con la tv che gli offre varietà ad personam come le quattro edizioni di Johnny 7 in cui l’attore lancia Dorellik. Lavora anche alla radio (il mitico Gran varietà ), sostituisce Tognazzi nell’edizione televisiva di Uno scandalo per Lili , ha una chiacchierata love story con Lauretta Masiero (ne uscirà il figlio d’arte Gianluca) e nel ’68 fa coppia, anche in privato, con la Spaak in La vedova allegra per la tv e poi a teatro nel giallo Aspettando Jo . Il debutto è in sordina, ma nel ’70 col musical di Neil Simon e Burt Bacharach, tratto dall’ Appartamento , D., sempre con la Spaak, ha la sua grande occasione per dimostrare lo stile di primo attore lieve e con venature malinconiche; più avanti gareggia anche con Gianrico Tedeschi nella commedia grottesca Oplà noi ci ammazziamo . Grazie alle doti canore e all’aria da bravo ragazzo ottiene un vasto successo: è personaggio discreto, ha un suo humour, è capace di presentare Canzonissima con Vianello e le Kessler (1969), ma anche di andare dietro a Mina in Teatro 10 (1972). Non c’è dubbio che, affinando le qualità di cantante-attore confidenziale, D. si lancia con Garinei e Giovannini, per l’ultima volta insieme, nella strada maestra del musical, interpretando il best seller Aggiungi un posto a tavola , che resta in scena per molte stagioni, record di pubblico dal 1974. Nella storia musicata da Trovajoli e dolcificata alla Frank Capra, del novello diluvio universale, D. fa un pretino moderno, armonico, simpatico, sportivo e in crisi ormonica quando vede in scena la Goggi. Che è la soubrette del cast insieme alla coppia felice di Paolo Panelli e Bice Valori, Ugo Maria Morosi, mentre prima Renato Turì e poi Riccardo Garrone offrono la voce di Lassù. Il musical consolatorio è stato recitato in molte capitali del mondo (D. stesso l’ha ripreso a Londra nel 1978), ha lanciato una colonna sonora popolare e orecchiabile, è più volte tornato in scena: nel 1977-78 con Jenny Tamburi e nel 1990 con Croccolo, Pappalardo e Alida Chelli. Trasmesso anche dalla tv, ha sempre ottenuto larga audience; meno fortunato sarà invece nel 1979-80 e nel 1980-81 il manieristico musical orientaleggiante Accendiamo la lampada di Garinei e Fiastri, ancora con Panelli-Valori, il glorioso Gigi Bonos, Elio Pandolfi e la soubrette Gloria Guida, che diventerà poi la `terza’ signora Dorelli. Un best seller in prosa sarà la farsa a equivoci Niente sesso siamo inglesi di Mariott e Fott, che debutta nel ’72 e resta in scena a furor di pubblico tre stagioni: con D., in un miracolo di tempismo e affiatamento comico, recitano i suoi compagni storici: Valori, Panelli, Chelli, Bonagura. Dal 1984 al 1987 D. si dedica al teatro degli equivoci, interpretando due farse inglesi di grana grossa, Taxi a due piazze e Se devi dire una bugia dilla grossa di Ray Cooney, al fianco della Quattrini, Ucci, Garrone, Pernice. Una puntata nella prosa più seria, nel ’92, con Una bottiglia piena di ricordi di Waterhouse, diretto da Garinei, gli procura però qualche delusione: D. ebbe il ruolo classico ma a lui poco congeniale dell’ubriacone. Torna al suo terreno preferito e confidenziale con Ma per fortuna c’è la musica , show di Fiastri e Vaime scritto in onore delle canzoni che ci hanno accompagnato nei migliori anni della nostra vita; poi, sempre con la complicità del maestro Garinei, recita dal 1995 al 1997 con Loretta Goggi in Bobby sa tutto , un testo a quattro episodi scritto da Age e Scarpelli, Benvenuti e De Bernardi, Fiastri, Magni, fior fiore degli sceneggiatori del nostro cinema. Nella stagione 1998-99 D. si misura, assieme a Villaggio, nel Vizietto , un testo noto per un popolare film e un musical, affrontando, lui che ha sempre conservato una personalità per famiglie, lo show en travesti dell’ambiguità sessuale. Per alcuni anni D. ha anche avuto gran successo nella commedia all’italiana, di cui vale ricordare almeno qualche film, Una sera c’incontrammo , Il cappotto di astrakan , il catechistico State buoni se potete per la tv e molti titoli a sketch in compagnia di popolari partner, come la Vitti, che lo segue anche sul piccolo schermo nel ’92. Per la televisione, dopo Premiatissima , Finalmente venerdì con la Parisi, e altri varietà, show e gare – nel ’90 presenta anche il Festival di Sanremo con Gabriella Carlucci e nel ’91 patisce una problematica edizione di Fantastico con la Carrà – ha avuto due belle occasioni. È stato nel 1984 il maestro Perboni nel Cuore di Comencini e poi Sandro Bolchi l’ha scelto come protagonista della Coscienza di Zeno di Svevo, nel ruolo che fu di Lionello.

Donadio

Esordì con la compagnia dialettale Carlo Nunziata con la quale andò in tournée in America e riscosse i primi successi. Al suo rientro in Italia fu notato da E. Zacconi che lo raccomandò a V. Talli. Quindi, nel 1912-13, fu con la Talli-Melato-Giovannini, nel 1914 con A. Magnetti ( Assunta Spina e di ‘Ovoto di S. Di Giacomo), nel 1915 con la stabile del Teatro Manzoni di Milano diretta da Marco Praga. Dal 1919 si dedicò al cinema e tornò al teatro nel 1922 con la Commedia Nuova diretta da Paolo Teglio, poi con Annibale Betrone, Alda Borelli, Emma Gramatica (soprattutto opere dannunziane). Nel 1934 fondò una sua compagnia e si dedicò ai drammi polizieschi a tinte forti.

Diberti

Studia recitazione all’Accademia d’arte drammatica di Roma e, dopo una serie di piccoli ruoli, viene scoperto da L. Ronconi che gli affida il ruolo di Astolfo nell’ Orlando furioso (1968). Professionista di lunga esperienza alterna testi contemporanei a classici: dal dramma di A. Moravia Il dio Kurt con la regia di A. Calenda (1969) al Così è (se vi pare) di Pirandello, con L. Brignone e la regia di G. Sepe (1981). Importante la sua esperienza al Piccolo Teatro dove Strehler lo chiama a interpretare le due edizioni del Campiello di Goldoni (1974 e 1992) e uno straordinario Calibano nella Tempesta (1984). Nel 1985 incontra di nuovo M. Melato con cui aveva cominciato nell’ Orlando furioso , per una nuova messinscena pirandelliana: Vestire gli ignudi , nuovamente diretto da G. Sepe. Nella stagione 1996 è interprete del Viaggio , spettacolo ricavato da testi di autori contemporanei che ha debuttato a Taormina Arte con la regia di W. Manfrè. D. ha lavorato anche per la tv e la radio, tra le sue ultime partecipazioni il film Nei secoli dei secoli (1997) e il dramma radiofonico La rivolta di Villiers de l’Isle-Adam (1998).

Dakin

Studia e si esibisce con Pearl Lang e Hirabayashi. Fa parte della Martha Graham Dance Company dal 1976 e insegna presso la scuola della compagnia. Danza ruoli principali in Clytemnestra , Acts of Light , Phedra’s Dream , Night Journey , Errand into the Maze , Cave of the Heart , Appalachian Spring , Herodiade. Con la sua particolare vena lirico-drammatica è una delle interpreti di spicco della poetica della Graham.

Darrel

Dopo gli studi presso la Sadler’s Wells School, entra a far parte del corpo di ballo del Sadler’s Wells Theatre e del London Festival Ballet, danzando in Inghilterra e all’estero. Nel 1957 fonda il Western Theatre Ballet, divenuto in seguito lo Scottish Ballet di Glasgow, di cui fu direttore e coreografo fino alla morte. Fra i balletti ideati da D. sono da ricordare I prigionieri (1957) e Regalo di nozze (1959) su musiche di Bartók, Mods and rockers (1963) su musiche dei Beatles, I racconti di Hoffmann (1972) su musiche di Offenbach, oltre a numerosi allestimenti di balletti del repertorio classico: Giselle (1971), Lo schiaccianoci (1972), Il lago dei cigni (1978).

Duroure

È da considerare uno dei più originali rappresentanti della `nouvelle danse’. Dopo una formazione come ginnasta da competizione, nel 1980 si avvicina alla danza con M.F. Gautry ad Avignone; é poi stagiaire con V. Farber al Centre national de danse contemporaine. Successivamente entra nella compagnia di J. Baiz e F. Verret, quindi al Wuppertal Tanztheater diretto da P. Bausch. Nel frattempo si cimenta come coreografo riportando, vistoso successo con Pudique Acide (1984), firmato con M. Monnier, con la quale fonda una compagnia (anche se le strade dei due si divideranno presto). A capo di un gruppo che porta il suo nome dal 1988, firma lavori nei quali non sfugge la lezione postespressionista della Bausch, come La Anqua (Avignone 1988), coreografia ispirata a Le funambole di Genet e al mondo crudele ed esaltante del circo. Seguono, negli anni ’90, Extasis , Mort de rire , La maison des plumes vertes , Rossignol e Palimpseste . Al festival di Avignone del 1993 presenta alcune creazioni, frutto di un lavoro con danzatori di strada ( L’Ephémère e La nuit partagée ).

De Matteis

Inizia la sua attività come illustratrice di fiabe, per dedicarsi al teatro prima come assistente di Sensani, poi come costumista. Dopo alcuni fortunati allestimenti ( Alceste di Gluck, regia di G. Salvini, 1936; Il deserto tentato di A. Casella, Maggio musicale 1937; Vita col padre di Lindsay e Crouse, regia di G. Guerrieri, 1947), disegna i costumi per Troilo e Cressida di Shakespeare diretto nel 1949 da L. Visconti: nella Troia turrita ideata dalle scene di F. Zeffirelli si muovono personaggi leggendari e fiabeschi; come gli eroi dei codici miniati medioevali, i troiani hanno colori squillanti, i greci i toni dell’acciaio: l’attenzione all’intero complesso dello spettacolo le permette di ottenere raffinate fusioni di colore. Le sue preferenze vanno in effetti alle opere con importanti scene d’insieme, come Gigi di Colette e Loos (regia di G. De Lullo, 1955), Ifigenia in Tauride di Euripide (regia di M. Ferrero, Taormina 1957), L’avaro di Molière (regia di O. Costa, 1952). Negli ultimi anni preferisce lavorare per il cinema (spesso con lo scenografo Mario Chiari), disegnando i costumi per alcune pellicole ( Un colpo di pistola di R. Castellani, 1942; La carrozza d’oro di J. Renoir, 1952; La Bibbia di J. Huston, 1956).

Dunn

Nel 1964 entra nella Princeton Ballet Company, danza poi con Yvonne Rainer and Group (1968-1970) e con Cunningham (1970-1973). Componente della Grand Union (1970-1976), crea: Nevada e Time Out (1973), 101, Octopus, Four for Nothing (1974), Gestures in Red (1975), Solo Film and Dance (1977), Rille, Relief, Coquina (1978), Stucco Moon (1990), Secret of Waterfall , Elbow Room (1994). Coreografa anche un Pulcinella (1980) per l’Opéra di Parigi. Esponente del movimento postmoderno, è fautore di una coreografia critica, che renda esplicito il processo compositivo.

De Francovich

Dopo il debutto accanto a V. Gassman in Ornifle di Anouilh (1957), Massimo De Francovich lavora con la Compagnia dei Giovani in Il diario di Anna Frank (1956-57), Sei personaggi in cerca d’autore (1963) e Le morbinose (1960), tutti con la regia di G. De Lullo. L’anno dopo è Orazio nell’ Amleto di F. Zeffirelli. Nel 1969 vive una stagione intensissima: dall’ Ivanov di Cechov con la regia di O. Costa al Piccolo Eyolf di Ibsen, da L’avventura di Maria di Svevo a Diana e la Tuda di Pirandello con A. Foà. L’incontro con Svevo è fondamentale nella sua carriera. Infatti nei primi anni ’70 lavora sugli atti unici dell’autore triestino realizzando La penna d’oro e Il matrimonio secondo Svevo . Nel 1979 mette in scena e interpreta Esuli di Joyce ed è protagonista di Ipazia e il messaggero di M. Luzi con la regia di Costa. Nel ’90 inizia la sua intensa stagione ronconiana: da Strano interludio di O’Neill che gli vale il premio Curcio (1990) a L’uomo difficile di Hofmannsthal (1991). Nel 1990 per lo stesso Ronconi interpreta anche il ruolo del Criticone nel mega allestimento al Lingotto de Gli ultimi giorni dell’umanità di Kraus. Nel ’91 rielabora il suo monologo su materiale sveviano e lo rappresenta per il Teatro stabile di Trieste con il titolo Caro Bon Bon (regia di M. Sciaccaluga). Nel ’92 partecipa a La riunione di famiglia di Eliot, regia di Giorgio Marini. Seguono Re Lear , Questa sera si recita a soggetto al teatro di Roma e I fratelli Karamazov. Forte di un viso espressivo e di un’eloquenza imperiosa, De F. vive con Ronconi i suoi anni d’oro e trova nel primo Novecento la sua zona privilegiata d’azione.

Dudinskaja

Studia presso la scuola della madre e poi presso l’Istituto coreografico di Leningrado dove si diploma con A. Vaganova. Moglie del danzatore K. Sergeev, dal 1931 al 1962 danza presso il Teatro d’opera e balletto di Leningrado (Kirov) dove è interprete dei principali ruoli del repertorio classico ( Il lago dei cigni , La bella addormentata , Schiaccianoci , Don Chisciotte , Giselle , Bajadère ) e di quello sovietico ( Le fiamme di Parigi , Illusioni perdute , Gajané , Cenerentola ). Rilevante la sua interpretazione di Laurencia , accanto a Vachtang Cabukiani. La danza di D. è caratterizzata da una forte tecnica classica, ma il suo virtuosismo si lega a una profonda espressività di interprete, che si sviluppa soprattutto negli anni della maturità.

Delorme

Girard; Levallois-Perret 1926), attrice francese. Esordisce sulla scena nel 1942 in Pel di carota con la compagnia di C. Duphin. A Parigi segue i corsi di recitazione di René Simon e Tania Balachova. A teatro interpreta: La famille Shéhérazade di P. Brive (1945); Bonne chance Denis di M. Duran (regia di R. Rouleau, 1947); Svolta pericolosa di J.B. Priestley (1948); Mademoiselle di J. Deval (1948); Il sorriso della Gioconda di A. Huxley (1949); ma la notorietà la deve all’interpretazione cinematografica di Gigi (1949), per la regia di Audry. Le parti che accetta in seguito al grande successo del film cercano di allontanarsi dal cliché della giovane ingenua; la D. recita infatti in Colombe di J. Anouilh (1951), Casa di bambola di Ibsen (1954), Histoire de rire di Salacrou (1955). Nel 1956 sposa l’attore e regista Yves Robert. Tra i suoi spettacoli sono da ricordare L’annonce fait à Marie di Claudel (1961); Santa Giovanna di G. B. Shaw; Chaud et froid di F. Crommelynck; La Mandore di R. Weingarten (1975); Kennedy’s children di R. Patrick (1975); Amedée ou comment s’en debarrasser di Ionesco (1986); Léopold le bien-aimé di Sarment (1988); Les parents terribles di Cocteau (1992).

Dufy

Dotato di un tratto preciso e di un interesse per il colore che lo avvicinerà ai fauvisti e a Matisse, Dufy fu un artista poliedrico che si dedicò all’illustrazione, alla progettazione di tessuti (per Paul Poiret) e alla scenografia teatrale, in seguito a un incontro con J. Cocteau. Nel 1920, infatti, lavora per Le boeuf sur le toit rappresentata alla Comédie degli Champs-Elisées. L’anno seguente realizza scene e costumi per il balletto in un atto Frivolant all’Opéra di Parigi. Il mare è il motivo che caratterizza questa scenografia e lo ritroviamo anche nelle scene per il balletto Palm Beach del 1933 interpretato da L. Massine (Parigi, Théâtre du Chatelet 1933, Théâtre des Champs-Èlisées 1934 e Londra, Royal Opera House 1936). Per quest’opera D. inventa un’architettura scenica che crea un’illusione spaziale: concepisce la scena come una finestra aperta su una prospettiva a volo d’uccello che gli consente di avere una visione più profonda dello spazio marino. I colori utilizzati da D. non hanno solitamente una funzione descrittiva ma testimoniano l’immaginazione cromatica dei Fauves, corrente pittorica di cui l’artista è esponente.

Dell’Ara

Allievo di E. Caorsi alla scuola di ballo dell’Opera di Roma, vi debutta come primo ballerino nel 1939 in Coppélia di A. Milloss, del quale diventa interprete prediletto. Nel 1946 è con lui alla Scala e ne interpreta La follia d’Orlando (1947) e Bolero (1948), primeggiando poi per tecnica e versatilità anche in opere di L. Massine ( Mario e il mago , 1956), F. Ashton, S. Lifar. Come coreografo è attivo dal 1949 ( Carosello napoletano ) e crea oltre cento lavori tra i quali Racconto d’inverno (1956), L’urlo (1967), Laudes Evangelii (1975) e soprattutto la preziosa ricostruzione del Ballo Excelsior (1967). Nel 1954 fonda con M. Porcile il Festival internazionale del balletto di Nervi. Ha diretto inoltre i corpi di ballo del San Carlo di Napoli (1959-64) e del Massimo di Palermo (1965-76).

Deane

Entra nel Royal Ballet nel 1972, diventando primo ballerino nel 1980. Lascia la compagnia nell’anno successivo per concentrarsi sul lavoro coreografico (fra i suoi balletti, The Picture of Dorian Gray per il Sadler’s Wells Royal Ballet). In seguito lavora molto in Italia, dove è per un breve periodo assistente di Elisabetta Terabust alla scuola del Teatro dell’Opera di Roma e poi maître de ballet della compagnia. Crea balletti anche per il complesso di Carla Fracci ( Il vespro siciliano ). Nel 1993 è nominato direttore artistico dell’English National Ballet per il quale rielabora Giselle , Il lago dei cigni e Lo schiaccianoci , e crea Alice in Wonderland.

Denard

Approdato solo diciassettenne alla danza, allievo di S. Golovine, ha saputo bruciare in fretta le tappe di una brillante carriera, debuttando giovanissimo prima a Tolosa e poi al Ballet de Nancy. Nel 1965 è stato scritturato all’Opéra di Parigi dove, sei anni dopo, è stato promosso étoile. Danzatore dotato di una forte personalità, ha eccelso tanto nei ruoli classici come in lavori di coreografi contemporanei (Ailey, Lubovitch e altri). Successivamente sarà anche all’American Ballet e al Ballet du XXème siècle, applaudito interprete dell’ Oiseau de feu . Memore dei corsi d’arte drammatica seguiti da giovane a Tolosa, ha saputo ben sfruttare le sue doti d’attore anche in diverse partecipazioni teatrali.

Dean

Formata alla High School of Performing Arts, alla School of American Ballet e con Hoving, Sanasardo e Cunningham, Laura Dean danza con Taylor, Sanasardo, Monk e Wilson. I suoi primi lavori sono basati su ripetizioni minimaliste, come Stamping Dance , Square Dance , Jumping Dance , Spinning Dance , tutti del 1971, mentre dalla felice collaborazione con il musicista Steve Reich nasce Drumming (1975). Fonda la Laura Dean Dance Company (New York 1976) per cui crea Song , con i danzatori intenti a vocalizzare in scena, e numerosi brani dal titolo indicativo della sua ispirazione analitica, su partiture scritte da lei stessa: Spiral (1977), Dance (1978), Music (1980). Adattando le punte al suo vocabolario, fatto di giri pulsanti e di intenso lavoro di piedi, coreografa per il Joffrey Ballet Night (1980), Fire (1982), Force Field (1986) ancora su musica di Reich e una delle sezioni di Billboards (1995) su musica di Prince, mentre per il New York City Ballet crea Space (1988), sempre su musica di Reich. Esponente del postmoderno americano, privilegia il lavoro sulla struttura del movimento in uno spazio controllato e definito.

Dragone

Tra i primi uomini di teatro a specializzarsi nel circo. Inizialmente regista in Belgio, D. si distingue dapprima per il lavoro con le maschere e l’improvvisazione nel campo della Commedia dell’Arte moderna. Nel 1984 insegnando alla Scuola national del Circo di Montreal, inizia a sperimentare un’idea di teatralizzazione dell’arte circense. Collabora poi con il Cirque du Soleil per il quale scrive e dirige otto spettacoli applauditi nei cinque continenti, tra cui due produzioni stabili per Las Vegas. D. dirige anche i primi spettacoli del circo francese Archaos. Nel 1998 D. presenta come regista il film.

Donadoni

Compie gli studi musicali al conservatorio, ma esordisce a teatro interpretando Come vi piace di Shakespeare, al fianco di O. Piccolo, nel 1982. Tra le opere scritte per il palcoscenico, da ricordare Fosse piaciuto al cielo (premio di drammaturgia Riccione/Ater nel 1991), e Memoria di classe , sulla tragedia del Vajont, premiato come migliore spettacolo al festival di Benevento nel ’94. In scena è al fianco di G. Lavia nell’ Amleto del 1982. Nello stesso anno interpreta Troilo e Cressida con R. Girone e P. Graziosi. È tra i I masnadieri nel 1983, regia di Lavia, nel ruolo di Schweiter. Lavora poi con Chérif (1985) in Bestia da stile (per questa interpretazione ha vinto nel 1986 i premi Ubu e Idi), al fianco di M. Fabbri, e nel Ritratto di Dorian Gray di Vasilicò, nel ruolo di Lord Henry (1986). Con Ronconi nel 1988 è nei I dialoghi delle Carmelitane , in Rosamunda presentato nel 1989 alla Fenice di Venezia, nel Calderon di La vita è sogno allestito da M. Castri nel ’91. Nel ’94 è interprete di Fosse piaciuto al cielo , regia di David Haughton Brandon e di Line di Horovitz diretto da Piero Maccarinelli. Nel ’95 è nella Notte di Picasso di E. Erba e scrive e interpreta Check-point Papa , sempre diretto da David Haughton Brandon.

dramma

Durante il Medioevo, comparve la formula `d. sacro’ o `d. liturgico’, che costituì il nucleo originario del teatro religioso, intorno all’anno mille, e che era collegata alla liturgia pasquale. Soltanto con il Settecento e con l’Ottocento, il termine d. fu usato per indicare un preciso genere teatrale, legato a una vera e propria riforma del teatro, che coinvolse uomini come Diderot e Lessing ai quali dobbiamo la nascita del `d. borghese’: un genere che aveva come punto di riferimento l’affermarsi di una diversa classe sociale, che divenne fonte di ispirazione del nuovo teatro. Compito del d., e quindi del drammaturgo, non era soltanto quello di aderire a schemi presi in prestito dalla realtà circostante, né di adeguare il linguaggio del teatro a quello della vita, ma la scelta di una medietà tra classe elevata e classe media, tra lingua alta e lingua bassa, che favorisse una struttura naturale, non in quanto copia della natura, ma in quanto mediatrice dei comportamenti quotidiani. Con Diderot e Lessing, il d. aderì a una istanza codificatrice, ovvero a un discorso teorico attorno a parametri letterari e drammaturgici. Ciò che agli autori importava non era il fatto che i personaggi fossero borghesi, quanto l’impianto sociale, dentro il quale i personaggi si muovevano e instauravano delle relazioni. La famiglia diventò il microcosmo di una situazione più universale, un vero e proprio laboratorio di sperimentazione per il d. Quando si arriva al `d. naturalista’, si assottiglia il diaframma tra rappresentazione della realtà e realtà; i suoi assertori, con in testa Zola, portarono alle estreme conseguenze i risultati di Diderot e Lessing; il d. si caricò di verità, rappresentando un uomo per mezzo di un uomo, un oggetto per mezzo di un oggetto, fino ad arrivare ai famosi quarti di bue veri, messi in scena da Antoine, che rimandano alla teoria della reviviscenza di Stanislavskij. Accadde, così, che il `d. naturalista’, per essere incollato alla realtà, sbilanciò le sue attenzioni verso la scena, che si arricchiva sempre più di verità e che diventava il punto di riferimento primario, al quale occorreva adattare anche la recitazione. Quando sulla scena irrompono autori come Ibsen, Strindberg, Hauptmann, Pirandello, Brecht, O’Neill, muta la stessa nozione di d. che, per essere distinta dalla precedente, è affiancata dal termine `moderno’ e teorizzata da Lukacs e Szondi. Anche il `d. moderno’ ha come punto di riferimento la borghesia, essendo, in fondo, il risultato più problematico del `d. borghese’, un problematicismo, però, che si arricchisce di tensioni oniriche, mistico-religiose, dall’affermarsi dell’epicizzazione che mette in crisi i caratteri di assolutezza che lo avevano contraddistinto. Secondo Szondi, il d., come forma, rimase lo stesso: divenne `moderno’ a causa dell’inserimento di una tematica epica, all’interno della forma tradizionale. Certamente perché esista un d. è necessaria una collisione, ovvero un conflitto che può essere generato o da noi stessi, dal nostro mondo interiore (d. analitico), da forze metafisiche (d. onirico), da scontri storici (d. storico), da disturbi mentali (d. patologico), o da conflitti (d. intimista). Il d., avendo origini borghesi, si differenzia dalla tragedia, perché ricerca le sue radici non nella morte, ma nella vita. Ai giorni nostri, il termine d. ha assunto un significato più vasto e lo si riferisce al teatro di parola, il cui testo diviene un pretesto per la rappresentazione, che ne allarga la visione e lo adatta ad una molteplicità di espressioni.

De Giorgi

Diplomato alla scuola del Piccolo Teatro nel 1964, entra presto a far parte della compagnia di Dario Fo. È inoltre fra i primi componenti del Gruppo della Rocca (dal 1972 al 1978), quindi lavora al Pier Lombardo fino al 1982. Con la regia di Puggelli interpreta Igne Migne (1987) e Il conte di Carmagnola (1989). Nella stagione 1990-91 torna alla sala milanese, dove partecipa a I cavalieri di re Arthur e a Peter Pan . Tra i suoi tanti spettacoli ricordiamo Morte accidentale di un anarchico , Ballata e morte di Pulcinella capitano del popolo (1976), Il cavaliere indifferente di Goldoni (1986).

Del Buono

È una delle personalità più vivaci del mondo letterario italiano del secondo Novecento. La sua attività, che spazia dal campo editoriale a quello giornalistico, è mossa sempre da curiosità insonne e da un’acuta e spesso umoristica analisi della realtà contemporanea. Autore di numerosi romanzi ( Racconto d’inverno , 1945; Né vivere né morire , 1963; I peggiori anni della nostra vita , 1971; Se mi innamorassi di te , 1980), come drammaturgo è autore, per ora, di una sola commedia, Niente per amore , la cui prima fu data a Milano nel 1962, con successo: un’attenta, disincantata rappresentazione di amori alienati, sullo sfondo di un ambiente cinematografico dall’autore ben conosciuto.

Dix

Dal 1979 al 1984 partecipa come attore a diversi spettacoli teatrali, fra i quali Un marziano a Roma per la regia di A. Salines, Il malato immaginario e Tartufo accanto a F. Parenti. Con Bruno Olivieri fonda il Teatro degli Eguali, assieme si esibiscono dai microfoni di Radio Popolare in un divertente repertorio di teatro horror. Intraprende la carriera di solista comico lavorando all’inizio nei milanesi Derby club e Zelig e successivamente vince il premio `Riso in Italy’. Dal 1988, lavora al Teatro Sistina di Roma. Da qui in poi assidue diventano le sue frequentazioni del piccolo schermo: Una notte all’Odeon , Cocco , la passerella del Maurizio Costanzo Show , Finalmente venerdì , Ruvido Show , fino alle serie televisive Tre passi nel delitto , Olimpo Lupo cronista di Nera (1995), film tv di cui D. è protagonista e co-sceneggiatore, e ancora per la serie Uno di noi con la regia di F. Costa. Parallelamente è anche attivo in campo teatrale in spettacoli di cui è autore e interprete: La mia patente non scade mai (1986 ), Mai a stomaco vuoto del 1988, Antologia di Edipo del 1991, Anna del 1992. Nella stagione 1993-94 debutta con Sto ristrutturando ; il suo ultimo spettacolo (1997) Mi sembra che andiamo bene è replicato con una tournée che prosegue per tutto il ’98, interrotta in gennaio per interpretare L’uomo degli appuntamenti , adattamento teatrale di Centuria , di G. Manganelli. Al cinema ha lavorato in: Tracce di vita amorosa di P. Del Monte (Venezia 1990) e Per non dimenticare di M. Martelli (1992). Sul piccolo schermo appare come conduttore di Mai dire gol . Scrive, fra l’altro due libri in cui sono contenuti i suoi monologhi comici, il primo Il manuale del vero automobilista , e nel 1995 Cinque Dix .

Draper

Presentò sulle scene di tutti i continenti, a partire dal 1920, spettacoli composti da sketch di cui era anche l’autrice, nei quali, senza truccature e con un minimo di attrezzatura scenica, impersonava diverse figure di donne di ogni età e di ogni cultura, riuscendo anche a evocare efficacemente, senza renderli visibili, i personaggi dei suoi interlocutori. I più famosi di questi monodrammi (raccolti in volume nel 1960 col titolo The Art of Ruth Draper ) furono Tre donne e il signor Clifford (Three Women and Mr Clifford) e In una chiesa italiana (In a Church in Italy).)

Dondi

Ha frequentato la scuola del Piccolo Teatro di Milano. Sin dagli esordi recita in produzioni importanti come Vita di Galilei e Il gioco dei potenti , entrambe di Strehler. Nel ’68 lavora allo Stabile di Genova dove incontra M. Castri. Col regista inizia una collaborazione decennale nella compagnia della Loggetta di Brescia e successivamente all’Ater. Nel ’72 interpreta don Milani in L’obbedienza non è più una virtù . Prima è socio del Gruppo della Rocca, poi partecipa assiduamente alle produzioni degli Attori e Tecnici di Roma tra cui le oltre seicento repliche di Rumori fuori scena di M. Frayn, nel fortunato allestimento curato da M. Sciaccaluga con Zuzzurro e Gaspare (1994-95). Nelle ultime stagioni ha lavorato con Donatella Marchi a un progetto ispirato alla sceneggiatura di Pasolini sulla vita e le lettere di san Paolo.

Durieux

Dopo il debutto a Olmütz, lavora a Breslavia e poi a Berlino: al Deutsches Theater dal 1903 al 1911, quindi al Teatro Nazionale, dal 1919 sino alla sua emigrazione in Jugoslavia nel 1933. Interpreta la Marchesa Werdenfels nella prima assoluta di Il Marchese von Keith di Wedekind, con la regia di Leopold Jessner (1920). Al suo rientro in Germania nel 1952 lavora a Berlino e ad Amburgo; effettua anche numerose tournée. Definita da Alfred Kerr «una cerva che ha mangiato della paprica», la sua personalità vagamente selvaggia, ma dotata di notevole aggressività intellettuale, affascina e turba la borghesia berlinese del tempo. Con tale spirito interpreta i grandi e scabrosi personaggi femminili di Strindberg, Wedekind, Shakespeare e Shaw, e i poeti dell’epoca depongono le loro corone d’alloro ai suoi piedi. Dopo il 1952 recita anche in opere quali Le sedie di Ionesco. Di lei è stato detto che, quando già molti dei suoi colleghi si reggevano sulle stampelle, queste a lei servivano solo come oggetto di scena, se la parte lo richiedeva.

Daniels

Fondatrice della prima compagnia di danza contemporanea olandese, Dansproduktie (1975), ne è stata per dieci anni coreografa e danzatrice. Dal 1984 con lo spettacolo di assoli Profiel inizia una ricerca espressiva nella quale musica sperimentale, poesia, cinema e fotografia sono integrati alla danza. Fra gli spettacoli più significativi: Geen plek. Nergens (1987), Trio (1989), Daniels – Uitti (1991).

Damiani

Luciano Damiani si diploma all’Accademia di belle arti di Bologna. Le prime esperienze scenografiche (1948) avvengono presso il Centro universitario teatrale di Bologna. Negli anni ’50 inizia un fertile periodo artistico con il Piccolo Teatro di Milano, realizzando Il cammino sulle acque di O. Vergani per la regia di Strehler, con il quale collabora assiduamente fino alla fine degli anni ’70. Fra i suoi spettacoli più celebri: El nost Milan di Bertolazzi (1954-55), L’anima buona di Sezuan di Brecht (1961), Vita di Galileo di Brecht (1961-62), Le baruffe chiozzotte di Goldoni (1964), Il giardino dei ciliegi di Cechov (1973-74), Il campiello di Goldoni (1975), La tempesta di Shakespeare (1975). Lavora con Strehler anche per il teatro musicale, inaugurando nel 1954 la Piccola Scala di Milano con il Matrimonio segreto di Cimarosa e allestendo spettacoli lirici fortunatissimi come Il ratto dal serraglio di Mozart (Salisburgo 1964), L’amore delle tre melarance di Prokof’ev e Macbeth di Verdi (Teatro alla Scala 1975). Le elaborazioni sceniche costruite da D. fanno parte della drammaturgia del testo. Nelle sue scenografie vi è l’esempio di come lo spazio visuale può ritmare e accompagnare il tempo musicale. La scena non è mai didascalica o illustrativa ma evoca attraverso citazioni stilistiche il periodo storico dell’opera teatrale. D. stravolge l’uso del palcoscenico inteso come impianto scenico all’italiana, invade la platea con veli o accenni architettonici, creando nuovi spazi, usando il vuoto come poesia della messinscena: «Le mie più belle scenografie sono fatte di silenzi». Collabora con importanti registi come V. Puecher, L. Squarzina, F. Enriquez, J. Vilar e L. Ronconi, con il quale progetta gli spettacoli: Gli uccelli di Aristofane (1975) e Orestea di Eschilo (1976) al Burgtheater di Vienna. Sempre con la regia di L. Ronconi realizza Don Carlos di Verdi (Scala 1977) ed elabora le scene per The Fairy Queen di Purcell (Maggio musicale fiorentino 1987). Nel 1996 inaugura un nuovo spazio teatrale, il Teatro Documenti, con La morte innamorata di F. Glissenti e Amor nello specchio di G. Andreini per la regia di L. Ronconi. D. giunge allo studio dello spazio teatrale tramite una serie di disegni e schizzi preparatori, che documentano l’evoluzione creativa e analitica del lavoro di progettazione e realizzazione. Adotta soluzioni innovative per le luci, i costumi, le scenografie, introducendo materiali nuovi. Nel corso della sua carriera si dedica alla riorganizzazione contrattuale della figura dello scenografo bozzettista come lavoratore dello spettacolo. Riceve numerosi premi e riconoscimenti, tra cui la Maschera d’argento 1996 per il teatro.

D’Amico

Figlio di un grande musicologo, Fedele D’Amico, e della più celebre sceneggiatrice del cinema italiano, Suso Cecchi D’Amico, Masolino D’Amico ha da sempre respirato l’aria dello spettacolo. Per questo, la sua attività di anglista, ricca di numerosi studi, traduzioni di romanzi (tra cui i fluviali Pamela e Clarissa di Richardson), di epistolari (Byron) e di altro, rileva dall’universo del teatro la sua vena più felice. È infatti come traduttore uno tra i più apprezzati da registi e produttori, non soltanto per la competenza linguistica, ma anche per la resa scenica delle sue traduzioni teatrali. Che sono numerosissime, una quarantina circa, la più parte rappresentate. E svariano da Shakespeare a Ayckbourn, a parte Tennessee Williams e Arthur Miller, dei quali diventa l’interprete ideale e autorizzato. Un equilibro delicato di E. Albee, rappresentata da Zeffirelli nel 1968, è la sua prima pièce tradotta. Da allora molte ne sono seguite: sempre di Albee, Tre donne alte (regia di Squarzina, 1996); Una bomba in ambasciata (Don’t Drink the Water) di Woody Allen (regia di Monicelli, 1997); Les liaisons dangereuses di C. Hampton, da Laclos, messe in scena una prima volta da Calenda, nel 1989, poi da Monicelli, con D. Sanda, nel 1994. Per Lavia ha tradotto Il servo di scena di Ronald Harwood e Il sottoscala di C. Dyer. Importanti sono le sue traduzioni shakespeariane: Molto rumore per nulla , per la regia di S. Sequi; La bisbetica domata, con M. Melato e Come vi piace , entrambe per la regia di M. Sciaccaluga; Il mercante di Venezia , con la regia di O. Costa; Antonio e Cleopatra , diretto da Missiroli. Di T. Williams rammentiamo Un tram che si chiama desiderio , nell’edizione di De Capitani; La dolce ala della giovinezza , diretto da G. Patroni Griffi; La rosa tatuata , di Vacis con V. Moriconi (1996); Estate e fumo di Pugliese e Zoo di vetro di Bordon; di A. Miller, Erano tutti miei figli e Broken Glass , entrambi per Missiroli, e La discesa da Monte Morgan , per M. Sciaccaluga. E sempre per Sciaccaluga, nel 1998, traduce una commedia classica, Il ventaglio di Lady Windermere di Oscar Wilde.

Delbono

Fondatore nel 1983 della compagnia che porta il suo nome, D. è al contempo autore e interprete degli spettacoli di cui cura anche la regia. La sua poetica si caratterizza come un viaggio verso un teatro sempre più essenziale, sempre più spoglio e vicino alla vita. I suoi spettacoli nascono infatti dall’incontro con persone che vivono l’arte non come mestiere, ma come esperienza fondamentale per la propria sopravvivenza. Teatro sociale di notevole suggestione e intensità poetica, che rimanda ai personaggi surreali e circensi di Federico Fellini e alla gestualità di Chaplin. Sin dalle prime produzioni, Il tempo degli assassini (1986), Morire di Musica (1989), Il muro (1990), Enrico V (1992), fino agli ultimi La rabbia (1995) e Barboni (1997), sul palcoscenico spoglio di scenografie, ma ingombro di vicende, memorie, vissuti individuali in un’atmosfera felliniana, la scena si crea da sé attraverso l’azione di attori che non recitano, non interpretano, ma semplicemente sono, esistono. Così si succedono le storie di Bobò, sordomuto incontrato in un laboratorio al manicomio di Aversa ( Il tempo degli assassini e Barboni ), Mister Puma, Wolf, Armando, vagabondi della strada che intrecciano la loro storia a quella degli attori della compagnia, in un avvicendarsi surreale di gag tragicomiche e sublimi. D. sta attualmente lavorando per la messa in scena di La guerra , uno spettacolo nel quale i temi comuni di persone incontrate nel corso del suo peregrinare (bisogno di identità sociale e senso di appartenenza a una comunità) si sposano al bisogno di ciascuno di trovare dentro di sé il nucleo, il centro di tutte le guerre per superare le fatiche del vivere quotidiano.

Del Prete

Dotato di una rara versatilità, nella sua carriera è passato con disinvoltura dal teatro alla musica, dal cinema alla televisione, dal musical al cabaret. Della sua attività teatrale sono da ricordare le sue interpretazioni ne La bottega del caffè di Goldoni per la regia di Patroni Griffi (1967); Riccardo III di Shakespeare (1968) e Orlando furioso di L. Ariosto (1969), entrambi diretti da Ronconi. Ha affrontato i musical Promesse promesse (1970-71) e Amori miei (1975) di Garinei e Giovannini. Nel 1977 ha interpretato C onfessione scandalosa , curandone anche la traduzione e l’adattamento, per la regia di Patroni Griffi, e l’anno seguente ha proposto A tu per te , da lui scritto, con la regia di E. Aldini. Per il Piccolo Teatro di Milano ha lavorato in Minna von Barnhelm di Lessing per la regia di Strehler (1983) e in Stella, commedia per amanti di Goethe diretto da W. Pagliaro (1988). Negli ultimi anni ha interpretato Viviana di G. Giardini per la regia di R. Bernardini (1992), Il corsaro di F. Tapeggi, diretto da M. Carniti (1993). L’ultimo suo ruolo è stato quello dell’avvocato degenere in Nata ieri di G. Kanin per la regia di Patroni Griffi (1996-97). Della sua attività cinematografica ricordiamo Alfredo Alfredo di P. Germi (1972), L’assassinio di Trotskij di Losey (1972), Amici miei di M. Monicelli (1975).

Decroux

In gioventù passa da un mestiere all’altro, in buona parte nel campo dell’edilizia; d’altronde per il padre la strada da intraprendere era quella di architetto, sino a quando non comincia a collaborare con gruppi di artisti anarchici che si dedicano alla scrittura automatica e alla tecnica oratoria. Nel 1923 si iscrive al Vieux-Colombier, in un momento in cui, dopo il viaggio negli Usa (1917), la scuola-compagnia diretta da J. Copeau stava sistematizzando il proprio percorso di formazione pedagogica e poco prima che questa fosse lasciata da Jouvet per accettare la direzione dei Théâtres des Champs-Elysées. Nell’unico anno in cui D. seguirà i corsi di S. Bing e le prove generali del dramma No Kantan (la testimonianza di quel periodo viene riportata nel libro di D. Paroles sur le mime , 1997), Copeau scioglierà quell’esperienza di apprendistato comunitario, trasformando il Colombier in una compagnia vera e propria che prenderà il nome di I Copiaus. Attore per sbarcare il lunario, ma soprattutto attento studioso delle forme corporee intorno all’arte del mimo, D. lavorerà con G. Baty, L. Jouvet, G. Dullin, A. Gange e M. Carné, mentre con Artaud collaborerà al Théâtre Alfred Jarry, costruendosi un notevole curriculum professionistico. Punto cardine della ricerca di D. è la capacità di rendere al corpo dell’attore (del mimo) un autosufficiente linguaggio fisico che possa «tradursi in opera»; dunque il mimo come mezzo espressivo originario e come mezzo di formazione dell’individuo (in questo, paradossalmente, l’esperienza di E. Barba non si rivelerà molto distante), lasciando che la prassi pedagogica comprendesse improvvisazioni guidate, esercizi vocali e una precisissima tecnica corporea. Abbandonando l’illusione pantomimica e le altre convergenze gestuali del teatro, D. chiarisce nel termine `mimo corporeo’ una nuova commistione antinaturalistica della danza e del movimento, che devono anzi «sforzarsi di diventare illustrazione di assente». Nel 1931 presenta il suo primo spettacolo di mimo, La vie primitive , che vede la partecipazione della moglie S. Lodieu. Apre una scuola nel 1940, che avrà come sede finale rue Edouard Vaillant in Boulogne-Billancourt fino al 1987; qui presenterà le azioni mimiche L’haltérophile , Marche de personnages sur place e La lessive , per molte repliche con tre o quattro persone alla volta come pubblico (tra i quali Cocteau e Picasso). L’anno seguente, grazie a un finanziamento, costituirà un gruppo di lavoro che debutterà alla Comédie des Champs-Elysées con Camping . Con la compagnia verranno eseguiti diversi numeri di successo, creazioni comiche alternate a brani drammatici e letture, portandoli in tournée all’estero con annesse conferenze e insegnamenti. Frequenti saranno gli stage, in America, mentre in Israele nel 1950 presenterà Petits soldats e nel ’54 soggiornerà al Piccolo Teatro di Milano con una personale dei suoi ultimi lavori e lezioni sul mimo. Nel ’74 sarà il regista e attore cinematografico M. Nichetti a studiare il metodo Decroux con M. Flach.

De Sanctis

svolse le più svariate mansioni: suggeritore, amministratore, primo attore. Nel 1886 entrò a far parte della compagnia di Cesare Rossi come generico; e successivamente fu primattore giovane per la compagnia Roncoroni, per la Di Lorenzo-Calamai, per la Paladini-Talli. Nel 1894 Francesco Garzes gli offrì il ruolo di primattore e recitò con Giovanni Emanuel, Eleonora Duse, I. Vitaliani. Attento alle correnti innovatrici, nel 1898 fondò il Teatro d’Arte a Torino, di cui gli fu offerta la direzione da Domenico Lanza. Nonostante i grandi attori (Cesare Dondini, Giacinta Pezzana) e la nobiltà dei testi proposti, l’istituzione crollò in pochi mesi. Divenne capocomico con una sua compagnia mettendo in scena un repertorio d’eccezione (Ibsen, Turgenev, Gor’kij, Shalom Aleichem, Brieux) . Per esigenze di popolarità affrontò anche lavori di più facile successo, tra i quali Il colonnello Bridau da Balzac, L’Aiglon di Rostand. Si ritirò dalle scene a settant’anni. Nel 1953 riprese l’attività fondando una nuova compagnia con cui presentò un suo cavallo di battaglia, Un curioso accidente di Goldoni.

De Ceresa

Fra gli attori del Teatro Sperimentale di Genova, poi teatro Eleonora Duse, insieme alla moglie Elsa Albani e Alberto Lupo, è subito scritturato da Strehler che raccoglie nel primo Stabile italiano gli attori più bravi del secondo dopoguerra. Qui dal 1951 al ’54 ha modo di costruirsi una personalità di prim’ordine, da L’oro matto di Giovaninetti a Re Enrico IV di Shakespeare, ad Arlecchino (Brighella), e in testi di Bruckner, Gogol’, Sartre, Pirandello, Buzzati, Giraudoux e La mascherata di Moravia; dopo questo spettacolo (nel quale era anche Rossella Falk) entra a far parte della Compagnia dei Giovani (De Lullo-Falk-Guarnieri-Valli con Elsa Albani) fino allo scioglimento: qui fra Betti e Patroni Griffi, Testoni e Farquhar, è il Capocomico dei Sei personaggi , un irresistibile ser Tobia nella Dodicesima notte , il dottor Dussel nel Diario di Anna Frank, Trillini in D’amore si muore, Cebutykin in Tre sorelle, il consigliere Agazzi in Così è (se vi pare). Altri spettacoli: Nella giungla della città , regia A. Calenda, e Il prezzo di Miller, diretto da R. Vallone, 1969; Il ritorno a casa di Pinter, regia M. Bolognini, 1974; Norman ai tuoi ginocchi di Ayckbourn, regia F. Crivelli, 1975. La sua recitazione moderna e nervosa, attenta alle mille sollecitazioni del testo, gli permetteva di passare indifferentemente dai classici ai moderni; lunga la collaborazione con il teatro Stabile di Genova (da L’anatra selvatica di Ibsen, 1977, regia di Ronconi a I fisici di Dürrenmatt, 1989-90) e importanti le sue performance di lettore di poesie, da Caproni al prediletto Sbarbaro.

Dimitri

Influenzato dalla sensibilità artistica dei genitori, il padre architetto e scultore, la madre stilista, dimostra una naturale inclinazione verso le arti. Visita da giovanissimo il circo Knie dove rimane affascinato dall’esibizione di un clown, tale Andreff. Ma il suo primo vero approccio al mondo dello spettacolo popolare è attraverso un gruppo di teatro di marionette per il quale lavorava il padre. Dopo le scuole dell’obbligo si reca a Parigi dove frequenta i corsi di mimo di E.M. Decroux, oltre a quelli di flamenco e di funambolismo. Diventa pupillo di M. Marceau esibendosi in due sue pantomime ( Il matador e Il piccolo circo ). È poi clown augusto al fianco del bianco Maisse, col quale si esibisce prima in piccoli circhi francesi, poi al Medrano di Parigi. Del 1959 il debutto con un proprio spettacolo di mimo comico ad Ascona. Il suo personaggio è lunare, un Pierrot moderno, la sua maschera dipinta di bianco, le labbra sottili rosse e due stelline nere sugli occhi. Ma i tempi del suo spettacolo sono ritmati, un susseguirsi di piccole e grandi trovate dove mette a frutto anche le sue capacità di giocoliere, funambolo e poliedrico musicista. Il successo ottenuto lo porta in continue tournée attorno al mondo. Del 1970, ’73 e ’79 le tournée con il Circo Knie, amato in infanzia. Nel 1985-86 è dal Big Apple Circus. È uno dei primi mimi con formazione istituzionale a esibirsi nella pista del circo, lanciando una tendenza che diventerà poi assai diffusa e influenzerà la clownerie europea di fine secolo. Nel 1971 apre un proprio teatro a Verscio, nel Ticino. Nel 1975 fonda la sua Scuola di teatro e nel 1978 una propria compagnia, per la quale scrive o adatta numerose opere teatrali. Negli anni ’90 è spesso chiamato da festival internazionali a dirigere creazioni teatrali o liriche. Dal 1995 è ambasciatore Unicef per la Svizzera.

De Carmine

Dopo aver frequentato l’Accademia d’arte drammatica inizia a lavorare nel cinema. Renato De Carmine debutta in teatro allo Stabile di Napoli; recita al Flaiano di Roma in O di uno o di nessuno di Pirandello in coppia con Mario Maranzana, poi è scritturato da Strehler e inizia una collaborazione col Piccolo milanese che dura tuttora e con il quale ottiene le più vive affermazioni. È il candido, indimenticabile Frate Fulgenzio in Vita di Galileo , un perfetto re Enrico VI nel Gioco dei potenti , il protagonista delle Notti dell’ira di Salacrou e del Caso R. Oppenheimer di Kipphardt, il Conte dei Giganti della montagna, sempre diretto da Strehler ; con lui e nel gruppo Teatro e Azione (1970-71) in Nel fondo di Gor’kij (il Barone) e nello spettacolo su Walter Reder del quale assume il ruolo. Col ritorno di Strehler al Piccolo, contrapposto a Tino Carraro (Lear), è un autorevole, straziante Gloucester, un mascherato Vescovo nel Balcon di Genet, l’acquaiolo Wang della seconda Anima buona di Sezuan ; perfetta la costruzione del suo Otto Marvuglia (un misto di miserevole, amara guitteria unita a una disincantata ironia) nella Grande magia di Eduardo, nelle tre edizioni dell’opera (con Parenti nella stagione 1984-85, e con Dettori nel 1990 e ’98). Lavora anche con F. Zeffirelli ( La città morta ), interpreta Il guardiano di Pinter (regia G. De Monticelli (stagione 1988-89) ed è Malvolio in una discussa Dodicesima notte di Shakespeare, messa in scena da J. Savary nel 1991 al teatro Carcano di Milano. Attore di grande mestiere, di duttile sensibilità, capace di abbandoni trasognati e di grande statura scenica, nel 1997-98 ha interpretato Pericle, principe di Tiro di Shakespeare.

Dance Theatre of Harlem

È nata dalla scuola, fondata nel 1968, da Karel Shook e dallo stesso Mitchell, già prestigioso interprete balanchiniano. Dopo il debutto al Guggenheim Museum di New York con balletti di Mitchell, ha arricchito il suo repertorio con titoli di Balanchine ( Agon , Concerto Barocco , Serenade , Quattro temperamenti ), di Tetley ( Voluntaries , Dialogue ), di Taras ( L’uccello di fuoco ), di North ( Troy Game ), di Fagan ( Footprints dressed in Red ) e di Robbins, ma anche con brani di segno etnico, di Franklin ( Giselle Creole ), di Geoffrey Holder ( Dougla ) e del sudafricano Sekwati Mantsoe ( Sasanka ). Molto apprezzata per la sua energia e il suo calore interpretativo, è stata la prima compagine nera invitata al Covent Garden di Londra (1981). Nel 1991, dopo un periodo di interruzione a causa di tagli finanziari, ha ripreso l’attività sempre sotto la guida di Mitchell, tornando anche al festival di Spoleto (1997), dove era apparsa la prima volta nel 1971. La compagnia, nata con l’intento di offrire ai ballerini afroamericani l’opportunità di danzare un repertorio riservato ai bianchi, ha poi accolto anche elementi non di colore.

D’Amburgo

Compie i suoi studi a Firenze. La sua vicenda artistica segue quella della compagnia da lei fondata nel 1972 con Federico Tiezzi e Sandro Lombardi (il Carrozzone, poi Magazzini Criminali, attualmente Compagnia Teatrale i Magazzini). Dal 1972 al 1987 partecipa a Morte di Francesco (1972), La donna stanca incontra il sole (1973), Punto di rottura (1979), Crollo nervoso (1980), Sulla strada (1982), Genet a Tangeri (1984), Ritratto dell’attore da giovane (1985), Vita immagninaria di Paolo Uccello (1985), tutti su testo e per la regia di Federico Tiezzi. Nel 1987 interpreta Come è , su drammaturgia di Franco Quadri e regia di Tiezzi. Nel 1988 è Madre Courage per la regia di Billi e Marconcini; dello stesso anno la sua interpretazione di Medeamaterial di H. Müller per la regia di Tiezzi; nel 1989 è nei Giganti della montagna con la regia di C. Quartucci. In seguito partecipa ai lavori drammaturgici su Inferno , Purgatorio , Paradiso . Le tre cantiche sono messe in scena dalla sua Compagnia in collaborazione con Edoardo Sanguineti, Mario Luzi e Giovanni Giudici. Nel 1996 è interprete di Giorni felici di Samuel Beckett, per la regia di Giancarlo Cauteruccio. Nel 1997 è in scena con Il Cantico dei Cantici , per la traduzione di Guido Ceronetti, a cura di Federico Tiezzi. Ha interpretato testi di Sandro Penna, Mario Luzi, Juan de la Cruz e Elsa Morante. Ha lavorato con i musicisti Azio Corghi, Jon Hassel, Giancarlo Cardini, Giacomo Manzoni.

Díaz

Integrato dal 1959 al 1965 nel collettivo teatrale sperimentale Ictus, nel quale ha prestato la sua opera come attore, regista e autore. Il gruppo Ictus, che si dedicava alla ricerca di nuove forme drammatiche e all’allestimento di testi di giovani autori cileni, ha messo in scena quasi tutte le opere di D.: Un uomo chiamato isola (Un hombre llamado isla, 1961); Spazzolino da denti (Cepillo de dientes, 1961); Il luogo dove muoiono i mammiferi (El lugar donde mueren los mamíferos, 1963); Il muto cieco (El mudo ciego, 1965), tutti testi vicini al teatro dell’assurdo, trapiantato nella realtà problematica dell’America Latina. Stabilitosi in Spagna dal 1965, D. ha continuato a scrivere per il teatro, riuscendo in alcuni casi a far mettere in scena i suoi nuovi testi, nei quali si accentua la componente politico-sociale e appaiono i temi della nostalgia e dello sradicamento. Dal 1982, con Pelle contro pelle (Piel contra piel), torna a far rappresentare i suoi testi in Cile.

Dolin

Ha studiato prima a Brighton, poi con la Astafieva e la Nijinska. Attore di prosa già da ragazzo, poi nel corpo di ballo per la produzione di Diaghilev della La bella addormentata (Londra, 1921), è stato promosso solista dei Ballets Russes nel 1924. Ha creato ruoli nel Train bleu della Nijinska e Le bal di Balanchine (più avanti nel Figliol prodigo di Lichine). Dopo la morte di Diaghilev si è esibito in diverse riviste e in seguito ha collaborato alla fondazione della Camargo Society. Ha creato il ruolo di Satana nel Job di Ninette de Valois, interpretato il ruolo di Albrecht accanto alla Giselle della Spessivtseva, poi con la Markova per il Vic-Wells Ballet. Nel 1935 ha fondato con la Markova il Markova-Dolin Ballet, che ha intrapreso regolari tournèe in Inghilterra fino al 1938. È entrato nel Ballet Theatre (adesso American Ballet Theatre) alla fondazione. Ha realizzato numerose produzioni classiche, soprattutto Giselle . Ha creato il ruolo principale nel Bluebeard di Fokine e la prima coreografia di Scènes de ballet di Stravinskij. Del 1941 è Pas de Quatre , eseguito in vari Paesi. Tornato in Inghilterra, ha fondato con la Markova la compagnia che diventerà il Festival Ballet (1951), ora English National Ballet. Direttore e primo ballerino fino al 1961, è stato eccezionale danseur noble ed partner dalla personalità fortissima e estrosa. Ha lavorato come maestro in diversi Paesi e scritto numerosi libri sulla danza e sulle sue esperienze.

Danilova

Diplomata all’Istituto teatrale di Pietrogrado, dove ha studiato con E. Gerdt, O. Preobraženskaja e A. Vaganova, Aleksandra Dionis’evna Danilova è stata dal 1921 al 1924 ballerina del Teatro d’opera e balletto di Pietrogrado (Kirov) dove ha interpretato parti da solista in Bella addormentata , Notti egiziane , Giselle . Nel 1924 con G. Balanchine ha intrapreso una tournée in Occidente, dalla quale non è più tornata in Urss. Scritturata da Diaghilev, è diventata prima ballerina dei Ballets Russes nel 1927, restando nella compagnia sino al 1929 per poi unirsi nel 1933 ai Ballets Russes del Colonel de Basil. Ha interpretato i balletti di L. Massine ( Sul bel Danubio blu , Gaité Parisienne ). Dal 1938 al 1952 è stata étoile nei Ballets Russes de Monte-Carlo. Ospite di importanti compagnie inglesi (Sadler’ Wells Ballet, English National Ballet), negli anni ’40 e ’50 è la più nota ballerina classica negli Usa, dove è interprete di balletti del repertorio classico, di M. Fokine e di G. Balanchine (Le Bal , Danze concertanti, Night Shadow). Ha abbandonato le scene nel 1957, ha rimontato coreografie del repertorio ottocentesco, è stata insegnante alla School of American Ballet, ha interpretato se stessa in un ruolo cameo nel film Due vite, una svolta , ha scritto un libro di memorie Choura. The Memoirs of Alexandra Danilova (1986). ‘Comédienne’ brillante, elegante e piena di charme, ha dimostrato forza e purezza nei ruoli classici.

Dapporto

Figlio di un padre calzolaio («ero di famiglia malestante») e di una madre casalinga astigiana, fonte delle inflessioni piemontesi del suo classico Agostino, Carlo Dapporto è un ‘self made actor’: prima di arrivare sul palcoscenico fa un po’ di tutto, il barman, il cameriere, il battutista, lo chaperon e il tanghista al Savioli di Riccione, sempre osservando il mondo; nel 1927 viene perfino assunto come fantasista in un circo. Viene notato da V. D’Arys, signora soubrette che lo scrittura con A. Campanini nella compagnia di avanspettacolo, dove i due ragazzi si prodigano nel ’35 in un’imitazione di Stanlio e Ollio. D. passerà poi con la Fougez e D. Maggio, reciterà Visi e maschere (1937-38), Chissà che penserà di me (1938-39), Se ne vedono delle belle e Sono un tipo fatto così (1941-42). Diventa amico inseparabile dei fratelli De Rege, tanto che, dopo la morte di Guido, nel 1945, tenterà di rilanciare, facendogli da spalla, Ciccio in Ba bi b, il primo show del dopoguerra a Milano, dopo la Liberazione. Finché una sera del 1941, al Supercinema di Milano, W. Osiris, teatralmente neoseparata da Macario, seduta in platea ride alle trovate del giovane attore sanremese e lo scrittura nel grande spettacolo Sogniamo insieme di Nelli, tema dei sogni, indispensabili al periodo bellico. La ditta Osiris-Dapporto diventa una affiatata garanzia di botteghino anche in altri spettacoli, Sognate con me (1943-44), il fastoso Che succede a Copacabana (1943-44) e L’isola delle sirene di Bracchi e Danzi (1945-46). Ma Dapporto recita anche, in pieno coprifuoco, Si chiude quasi all’alba (1944-45) con la Paolieri, U. Tognazzi e l’orchestra di G. Kramer; Ohilalà di M. Marchesi (1944-45) con la Maresca e due show di beneficenza, per i partigiani e gli internati in Germania, con tutte le star in locandina.

Dapporto è dal primo dopoguerra uno dei grandi caratteri della rivista, in equilibrio delicato tra la vecchia maschera e il nuovo conversatore-barzellettiere che parla un gustoso e ironico francese, stupendo il pubblico con un infinito repertorio di doppi sensi, sintonizzati sul comune senso del pudore. Ha almeno due volti, entrambi simpatici: quello impomatato e in frac del Maliardo, del seduttore a tempo pieno che le donne sa come conquistarle, in regime di macho con vestaglia di seta e con l’occhio sempre rivolto a Montecarlo, come un D’Annunzio reso ridicolo e grottesco; dall’altra parte è irresistibile nella macchietta regional popolare del baffuto, ingenuo Agustino che parla e storpia in piemontese, personaggio nato nel 1950 nella rivista Buondì zia Margherita di Galdieri, in cui fa da soubrette E. Giusti, così come farà poi con lui la passerella D. Lodi. Riviera follies di D’Anzi e Marchesi, nel ’47, è lo show in cui pare si facesse per la prima volta uno strip-tease; seguono Chicchirichì (1947-48), in cui il comico fa la parodia di un gangster, Snob di Galdieri, nel 1950-51, con ricche coreografie, Sul cocuzzolo del tuo cuore (1951-52) con Carletto in Napoleone e La piazza (1952-53) sempre di Galdieri, suo autore di fiducia. E ancora Baracca e burattini nel 1953-54 con L. Masiero (in cui si fa il verso anche a Cantando sotto la pioggia ), Buon appetito : spettacoli di rivista molto tradizionali imperniati sulla doppia personalità di D., viveur della passerella e talent scout di soubrette, mentre in privato scrive anche poesie. Ma lo spettacolo che lo rilancia è il suo debutto con la ditta Garinei e Giovannini e il primo che, a furor di pubblico, fu replicato per due stagioni dal 1954 al ’56: con Giove in doppiopetto nasce il primo musical italiano, con D. nella parodia di un Giove donnaiolo che fa infuriare la moglie Giunone (prima L. D’Albert, poi L. Zoppelli) e s’innamora, complice un `doppio’ Gianni Agus, di una neomogliettina che è Delia Scala, prototipo della nuova soubrette: alla fine tutti riuniti a cantare “E le cicogne van…”. Lo spettacolo, ispirato a Plauto, è diverso, spiritoso, fatto di equivoci classici, ma nel secondo tempo D., pur mantenendo il filo conduttore, trova spazio anche per il suo Agustino. G. Kramer ha composto un’ottima partitura con motivi famosi (“Ho il cuore in paradiso” e “Il bacio con le pere” in cui debutta la formosa F. Gandolfi, poi signora Modugno). Sempre con i due `G’ D. si lancia in una parodia delle nozze di Ranieri e G. Kelly in Carlo non farlo (1956-57), con la Masiero che canta “Luna sanremese”, L. Nava, il Quartetto Cetra e il Charley Ballett: un ruolo perfetto e un pizzico di attualità.

La coppia felice con Delia Scala, un po’ edipica e un po’ maliarda, torna in L’adorabile Giulio di Garinei, Giovannini e Kramer (1957-58), con un Teddy Reno confidenziale e romantico che intona “Simpatica” e “Dillo con le rose”: musical ambientato nella New York in cui un maturo attore galante viene messo in crisi da una giovane figlia. Il periodo felice di D. finisce quando lascia Garinei e Giovannini; ma l’attore si ricicla nel suo classico personaggio insieme ad altre primedonne, la `vecchia’ E. Giusti e M. Scaccia nel Diplomatico di Scarnicci e Tarabusi (1958-59), o la `nuova’ Marisa Del Frate che sarà con lui in due spettacoli inizio anni ’60: Monsieur Cenerentolo e Il rampollo . Da aggiungere anche altri titoli di stampo tradizionale, come Il tiranno di Scarnicci e Tarabusi, in cui D. è doppio, un principe cinquecentesco dei Medici ma anche un contadino, lanciando la giovane Claudia Mori, non ancora coniugata Celentano; e inoltre appare in Babilonia (1962-63) di Maccari, show `ancien régime’ con la Merlini e Carlini, La gioia di Galdieri (1963-64) con Agus e la Folchi, in cui il comico fa lo strangolatore e il professore di spogliarello. La sua ultima scoperta sulla passerella sarà Miranda Martino, con lui in I trionfi , nel 1964-65, rivista classica sui vizi dell’uomo moderno, e L’onorevole (1965-66) di Scarnicci e Tarabusi, storia fin troppo tipica di uno sdoppiamento per equivoci. L’ultimo show musicale lo vede già anziano in passerella in Yo Yo Ye Ye , 1966-67, un’operazione nostalgica con Aldo Fabrizi. L’ultimo tempo della sua carriera – che ebbe anche qualche sporadica apparizione al cinema, quasi autobiografica, come Ci troviamo in galleria di M. Bolognini, finché E. Scola con La famiglia non gli fece vincere un Nastro d’argento – lo vede impegnato nella prosa, accanto a P. Quattrini (Mi è cascata una ragazza nel piatto), M. Sannoner (Un papà perfetto) e con R. Pavone in tv. Ripresi anche in palcoscenico alcuni dei successi di Govi come Pignasecca e Pignaverde, in cerca di una affinità elettiva che va alle radici linguistiche; ma senza tradire mai quella maniera che piaceva a B. Hope e M. Chevalier, segno della sua internazionalità.

Dodin

A. Dodine; Novokonznetsk, Siberia, 1944), regista russo. Nel 1966 si diploma all’Istituto del teatro di Leningrado e lavora come assistente alla regia in molti teatri, anche di Mosca, segnalandosi come uno dei più interessanti talenti della giovane generazione. Nel 1973 firma la sua prima regia al Teatro dei giovani spettatori di Leningrado: Con i propri ci si arrangia di Ostrovskij. A partire dal 1975 lavora al Piccolo Teatro di Leningrado, prima come regista e poi, a partire dal 1990, anche come direttore artistico. È al Piccolo che crea i suoi spettacoli più noti, allevando una compagnia affiatatissima di giovani attori: la regia di La casa , riduzione di un romanzo di F. Abramov (1980), viene definita «un evento teatrale di importanza nazionale». Sempre da un romanzo di Abramov è tratto un altro spettacolo, acclamato dalle platee russe ed europee e più volte premiato: Fratelli e sorelle (1985), dove vengono raccontate le vicende degli abitanti di un villaggio, dal dopoguerra all’inizio dell’era krusceviana, con emozionante coralità. Del 1986 è Il padrone delle mosche da William Golding, del 1987 Stelle al mattino di A. Galin, del 1988 Il vecchio , riduzione dal racconto di J. Trifonov. Altri tre spettacoli, con molti elementi sperimentali e soluzioni registiche originali, hanno fatto il giro d’Europa riscuotendo enormi consensi: Gaudeamus (1990), basato su un testo di S. Kaledin; I demoni (1992), dal romanzo di Dostoevskij; Claustrophobia (1994), riduzione da vari racconti di V. Sorokin, V. Erofeev, M. Charitonova. Gli ultimi due spettacoli sono basati su testi di Cechov: Il giardino dei ciliegi (1994) e Commedia senza nome (1997, tratto dal Platonov , testo incompiuto, ritrovato nell’archivio dello scrittore dopo la sua morte). D. ha anche diretto due spettacoli al Teatro d’Arte di Mosca: I signori Golovlëv , dal romanzo di Saltykov-Šcedrin (1984) e La mite , riduzione del racconto di Dostoevskij. Dal 1989 insegna regia all’Istituto statale di teatro, musica e cinema di Pietroburgo.

De Filippo

Eduardo De Filippo nasce da una relazione amorosa tra Eduardo Scarpetta e Luisa De Filippo, nipote della sua legittima moglie. Debutta a quattro anni come giapponesino in La geisha di E. Scarpetta. Sarà Peppiniello in Miseria e nobiltà . Nel 1920 viene chiamato alle armi e presta servizio militare nel corpo dei bersaglieri a Roma. Comincia nel frattempo a scrivere i primi sketch e un atto unico: Farmacia di turno. Nel 1922 scrive la prima commedia in tre atti, Uomo e galantuomo, il cui titolo originario è Ho fatto il guaio? Riparerò. Nel 1923, insieme al fratello Peppino, rientra nella compagnia di Vincenzo Scarpetta. Avverte le prime insoddisfazioni nei riguardi di un certo repertorio e si interessa maggiormente al teatro di S. Di Giacomo, di R. Bracco e R. Viviani. Tra il 1924 e il 1925 comincia a scrivere Ditegli sempre di sì e Chi è cchiù felice ‘e me?, che troveranno la via del palcoscenico solo qualche anno più tardi. Nel 1929 fa parte della Compagnia Molinari, cui collaborano anche Titina e Peppino. L’anno successivo diventa coautore della rivista Pulcinella principe in sogno di M. Mangini, con l’atto unico Sik-sik, l’artefice magico (scritto con lo pseudonimo Tricot). Il successo è clamoroso e nel 1931 decide con i fratelli di dar vita alla Compagnia del teatro umoristico ‘I De Filippo’, che si esibisce in avanspettacoli presso il cine-teatro Kursaal (oggi Filangieri). Negli stessi anni intensifica la scrittura degli atti unici, tra i quali Natale in casa Cupiello (1931, successivamente sviluppato in tre atti). Nell’autunno del 1932 avviene il debutto della Compagnia al Sannazzaro, con la commedia Chi è cchiù felice ‘e me?. Anche Pirandello si interessa ai De Filippo, offrendo loro la versione napoletana di Liolà . La collaborazione con il grande scrittore siciliano ha un seguito: sempre in edizione napoletana viene infatti rappresentato Il berretto a sonagli e, qualche anno dopo, L’abito nuovo , scritto da Eduardo e tratto dalla novella omonima di Pirandello, che assistette alle prove senza tuttavia poter intervenire alla prima, a causa dell’improvvisa scomparsa avvenuta nel 1936.

La compagnia ‘I De Filippo’ gira tutta Italia, sovvenzionata anche dai proventi dell’attività cinematografica, intrapresa a partire dal 1932 con i film Tre uomini in frack , Il cappello a tre punte (1935, regia di M. Camerini) e Quei due (1935, regia di G. Righelli). Nel 1938 i successi dei De Filippo diventano unanimi in tutta Italia; le commedie preferite sono: Sik-Sik , Ditegli sempre di sì , Chi è cchiù felice ‘e me?, Gennariello e Natale in casa Cupiello. Nel 1940 l’Italia entra in guerra; le difficoltà per `I De Filippo’ sono tante. De F. scrive, nel 1942, Io, l’erede . Nel 1944 i rapporti tra Eduardo e Peppino si deteriorano, fino allo scioglimento della Compagnia del teatro umoristico. Nel 1945 scrive Napoli milionaria , e dà vita alla Compagnia di Eduardo, che rappresenta Questi fantasmi nel 1946, senza un grande successo di pubblico; in pochissimo tempo Eduardo la rimpiazza con Filumena Marturano : un trionfo e, per Titina, un grande successo personale. La commedia viene recitata anche dinanzi a Pio XII. Dopo Filumena Marturano , nascono altri capolavori: Le bugie con le gambe lunghe (1947), La grande magia (1948), Le voci di dentro (1948), La paura numero uno (1951). Si arriva agli anni ’50. Eduardo, intanto, per ricostruire il teatro San Ferdinando svolge un’intensa attività cinematografica. Così ad Assunta Spina , interpretata da Anna Magnani, fa seguire Fantasmi a Roma , L’oro di Napoli , Napoli milionaria , Filumena Marturano , Il marchese di Ruvolito , Ragazza da marito , Napoletani a Milano. Nel 1954 regolarizza l’unione coniugale con Thea Prandi, dalla quale ha avuti i figli Luca e Luisella. Dopo la morte della Prandi, si legherà a Isabella Quarantotti. Nel 1958, a Mosca, con la regia di R. Simonov viene rappresentata Filumena Marturano ; nel 1962, Il sindaco del rione Sanità . Le ingiustizie della situazione teatrale italiana vengono riproposte in L’arte della commedia (1964), che dai critici è ravvicinata a L’improptu di Molière e al Teatro comico di Goldoni. Tra il 1965 e il 1970 scrive Il cilindro , Il contratto e Il monumento. Nel 1972 riceve dall’Accademia dei Lincei il premio Feltrinelli; nel 1973 rappresenta Gli esami non finiscono mai e, nello stesso anno, all’Old Vic di Londra viene rappresentata Sabato, domenica e lunedì , con la regia di F. Zeffirelli e l’interpretazione di L. Olivier. Il 1977 è un anno particolarmente importante: sposa I. Quarantotti, presenta al Festival dei due mondi di Spoleto Napoli milionaria , adattata a libretto d’opera per Nino Rota e, dopo un’anteprima presso il Teatro di Norwich, la sua Filumena Marturano trionfa, messa in scena al Lyric di Londra, nell’interpretazione di J. Plowright. Il 15 luglio riceve la laurea in lettere honoris causa all’università di Birmingham, per i suoi meriti di drammaturgo, attore e regista.

Nel novembre del 1980, nell’aula magna dell’università degli Studi di Roma, gli viene conferita la laurea in lettere honoris causa, insieme all’accademico francese H. Gouthier, mentre nel settembre del 1981, a Palazzo Madama, la Repubblica Italiana lo onora con la nomina di senatore a vita. Il primo intervento in senato avviene il 23 marzo 1982 ed è proprio sui fanciulli abbandonati: Eduardo ritorna alle origini. Il teatro di Eduardo spazia su cinquant’anni di storia italiana (1920-1973), attraverso una serie di protagonisti nei quali si riflette lo stesso autore, «col suo difficile rapporto con quel contesto sociale su cui egli innesta la propria ricerca drammaturgica, oltre che la tecnica espressiva che attinge, in un evolversi continuo, alla farsa, alla comicità di carattere, all’umorismo, ben diverso da quello pirandelliano, attento a scomporre, piuttosto che a comporre o a rapportare, la natura storica dell’uomo. Per intenderci, i sofismi pirandelliani in Eduardo si concretizzano, diventano realtà sofferta, non più a livello di pensiero o di logica, ma a livello di vita. Eduardo rende lineare tutto ciò che in Pirandello si doppia; la sua maschera non è nuda, ma strettamente legata alla storia del personaggio; alla stessa maniera, la finzione diventa `trucco’ premeditato. Eduardo sa che il mondo è il luogo dove l’errore umano maggiormente si esplica, dove la verità viene facilmente offesa; da questo mondo egli ha tratto il suo repertorio, l’umor comico, che spesso si trasforma in accusa e in invettiva. Dinanzi alle colpe, agli errori, all’ingiustizia, Eduardo assume un atteggiamento di denuncia con mezzi ora tipicamente teatrali (la magia, il gioco, il trucco), ora con un’analisi approfondita dei caratteri e quindi dei personaggi che ne sono invischiati. La vita, per Eduardo, cambia continuamente volto; è necessario, quindi, adattarsi alle sue trasformazioni, che sono sempre contemporanee all’uomo. Proprio l’uso di questa contemporaneità e il modo di trasferirla sulla scena, hanno sempre reso attuale e `rivoluzionario’ il suo teatro.

Dorst

Dalle sue prime pièces per marionette sino ai lavori di ampio respiro storico come Toller si impone per il rigore della sua estetica e per il suo stile altretttanto ricco quanto insolito. Figlio di un industriale, arruolato nell’esercito tedesco a diciassette anni, è prigioniero negli Usa, in Belgio e in Inghilterra. Al suo ritorno in Germania studia scienze teatrali, storia dell’arte e germanistica. Quindi lavora nel campo dell’editoria, del cinema e alla radio. Scrive pantomime ispirate alla Commedia dell’Arte, ma anche a Giraudoux, Brecht e Dürrenmatt, per il teatro di marionette di Monaco. Attraverso farse clownesche e parabole rappresenta il grottesco insito nelle passioni umane in lavori come Società in autunno (Gesellschaft im Herbst, 1959), Libertà per Clemens (Freiheit fur Clemens) e La curva (Die Kurve), entrambe del 1960. Realizza anche adattamenti di racconti romantici e opere di carattere classico o di ambientazione medioevale francese. Con Grande imprecazione davanti alle mura della città (Grosse Schm&aulm;hrede an der Stadtmauer, 1961), opera in forma di parabola brechtiana e ispirata dal teatro d’ombre cinese, denuncia, attraverso la storia di una donna che rivuole il marito arruolato nell’esercito dell’imperatore, la tragedia dell’individuo di fronte a un sistema disumano. Qui già si annuncia Toller , la più significativa tra le sue opere scritta nel 1968. Attorno alla figura del poeta espressionista e pacifista Ernst Toller, leader della costituita repubblica in Baviera dopo l’assassinio di Kurt Eisner, D. cristallizza i momenti più drammatici della rivoluzione del 1919, spingendosi a fondo nella complessità del personaggio e nella sua fede nell’utopia, sino agli avvenimenti che portano al suo arresto e alla detenzione. Più che sul contesto storico, l’autore si concentra sull’intima dimensione di un uomo pronto a morire per il suo sogno. In uno stile analogo D. scrive E adesso, pover’uomo? (Kleiner Mann – was nun?, 1972), dal romanzo di Fallada, sulla crisi economica che precede l’avvento di Hitler e Goncourt o l’abolizione della morte (Goncourt oder die Abschaffung des Todes, 1977) sulla Comune di Parigi. Sempre interessato al rapporto tra la storia e il destino degli individui, attraverso diverse opere come Sul Chimborazo (Auf dem Chimborazo, 1974), sino a Heinrich o le pene della fantasia (Heinrich oder die Schmerzen der Phantasie, 1985), traccia un affresco sociale seguendo le vicende di una famiglia tedesca, dagli anni ’20 sino al 1960. Il tema dell’infrangersi dei sogni e delle illusioni si ritrova in Il giardino proibito (Der verbotene Garten, 1983), sulla figura di D’Annunzio. Tra i suoi lavori più recenti è da citare Io, Feuerbach (Ich, Feuerbach, 1986).

Dolfin

Figlia del celebre soprano Toti Dal Monte, comincia la carriera d’attrice per caso: sua madre recitava con C. Baseggio e quando una giovane attrice lasciò la compagnia il capocomico le chiese di debuttare nella Bona mare di Goldoni (1949). Con la sua voce limpida e melodiosa, si è particolarmente distinta nel repertorio goldoniano. L’anno dopo fu scoperta da Strehler e ottenne, giovanissima, il suo primo e pieno successo nel ruolo di Bettina ne La putta onorata di Goldoni (luglio 1950, Venezia, XI festival internazionale del Teatro). Nel medesimo anno sarà poi nel ruolo di Eugenia de Gli innamorati ancora di Goldoni, e al Piccolo Teatro di Milano lavorerà per le cinque stagioni successive in un repertorio eterogeneo ( Estate e fumo di Williams, La morte di Danton di Büchner, Frana allo scalo Nord di Betti, Giulio Cesare di Shakespeare, La casa di Bernarda da Alba di García Lorca, La folle de Chaillot di Giraudoux). Negli anni ’60 lavorerà con la compagnia di F. Piccoli a Bolzano e, successivamente, passerà in altre formazioni. Negli anni ’70 è presso lo Stabile del Friuli ( Il crogiuolo di Miller, L’opera degli straccioni di Gay, Calderón di Pasolini). Nei primi anni ’80, dopo una bella prova nei Rusteghi diretti da U. Gregoretti si è ritirata dalle scene.

D’Angelo

Al talento naturale aggiunge una tecnica cabarettistica appresa nei due maggiori templi del genere, il Derby di Milano e il Bagaglino di Roma, nei momenti del loro massimo splendore. La prima grande occasione è del 1971, quando viene chiamato da Garinei e Giovannini per recitare in Alleluja, brava gente al fianco di G. Proietti e R. Rascel. La sua corpulenta gestualità, ormai raffinata dal mestiere, viene notata dai registi e dai produttori del cinema commerciale: una lunga serie di pellicole contribuirà a farne, insieme a L. Banfi, R. Montagnani e A. Vitali, il `quarto moschettiere’ della cosiddetta commedia scollacciata. In essa comparirà, invariata per quasi un decennio, la sua maschera di giovane odioso trombone, che D’A. riesce a rendere con accenti di considerevole comicità. Dal 1983 rinnova la sua presenza televisiva con un grande successo di pubblico in Drive in che, fino al 1988, lo presenta alla ribalta – notevolmente dimagrito – come imitatore e fustigatore dei costumi dell’italiano medio, spostando l’asse dei suoi testi sulla satira sociale e politica. Torna sul palcoscenico nel 1992 con Chi fa per tre e, l’anno successivo, con Gli uomini sono tutti bambini . Nel 1995-96 recita e canta accanto a S. Ferilli nel musical I cavalieri della tavola rotonda , mentre della stagione 1997-98 è in Il gufo e la gattina con B. Boccoli.