Pur essendo figlio d’arte, Ernesto Calindri al teatro arrivò quasi per caso dopo aver intrapreso studi di ingegneria. Alto, di bella presenza, debuttò nel 1929 come `ultimo generico’ accanto a L. Carini; fu poi in compagnie di `grande cartello’ dirette da R. Ruggeri, A. Ninchi, D. Galli, P. Borboni, E. Merlini. Nell’estate del 1937 venne chiamato da R. Simoni a Venezia per sostenere la parte di Florindo ne Il bugiardo di Goldoni e da quel momento iniziò la sua brillante carriera, in ruoli di primo piano e in un repertorio quanto mai vario, accanto a nomi importanti come quelli di S. Tofano, L. Cimara, A. Gandusio, E. Gramatica, L. Adani, E. Maltagliati. Nel 1944 è in `ditta’ con L. Adani, T. Carraro e V. Gassman; nel 1950 nasce la sua prima vera compagnia, che comprende anche L. Zoppelli, L. Solari, V. Valeri, L. Masiero, F. Volpi e A. Lionello. Ha avuto esperienze anche al Piccolo Teatro di Milano e allo Stabile di Genova, con registi quali Visconti, Strehler e Costa che lo diresse ne L’avaro di Molière (1970).
Nel 1966, alla televisione, diventò testimonial (lo sarà per diciotto anni) di un noto aperitivo: così divenne `l’uomo del Cynar’, caso unico di messaggero pubblicitario che allargò a dismisura la sua fama. Sul video in quegli anni, oltre che in numerose commedie, apparve anche in uno show tutto suo, Il signore delle 21. Dal 1969 al ’75, al San Babila di Milano, fu direttore (con F. Piccoli) di una formazione semi-stabile, con un repertorio pronto a spaziare da Feydeau a Rattigan, da Ionesco a Pirandello ( Pensaci, Giacomino! anche in veste di regista, 1974). In seguito ha continuato a essere molto attivo sulle scene, in lavori di qualità non sempre eccelsa ( Sul lago dorato , Indovina chi viene a cena? ) ma in cui ha saputo, e con sottile umorismo, portare quel tratto di grande eleganza e civiltà che lo ha sempre contraddistinto. Quel suo fare sorridente e argutamente salottiero – caratteristica tutt’altro che riduttiva – lo ha fatto considerare da molti l’ultimo gentleman della scena italiana. Di ciò fanno fede anche le più recenti interpretazioni di Mercadet, l’affarista da Balzac e del Borghese gentiluomo di Molière. Per una decina d’anni, a partire dal 1975, C. fu anche maestro, insegnando all’Accademia dei Filodrammatici di Milano.