Buzzati

Dino Buzzati inizia la sua attività come giornalista al “Corriere della sera”, dove è assunto nel 1928, per diventare l’anno successivo redattore interno e vice-critico musicale per il Teatro alla Scala. Quindi diventerà inviato speciale. Intanto comincia a scrivere romanzi; nel 1940 esce Il deserto dei Tartari, primo grande successo. Il 14 maggio 1953, Giorgio Strehler mette in scena, al Piccolo Teatro, Un caso clinico, che verrà anche presentato a Parigi in una versione di Albert Camus. Ma la sua vera carriera di drammaturgo era iniziata nel 1942, quando, al Teatro Nuovo di Milano, viene rappresentata Piccola passeggiata, con la regia di Fulchignoni; continua con La rivolta contro i poveri, realizzata da Strehler, al Teatro Excelsior di Milano nel 1946.

Tra atti unici e commedie regolari, Buzzati ha scritto ben quindici testi teatrali, più due libretti d’opera: Ferrovia sopraelevata e Procedura penale , per le musiche di Luciano Chailly (Bergamo, 1955; Como, 1959). Altri testi sono: Il mantello (Teatro Convegno, 1960, regia Ferrieri), Drammatica fine di un noto musicista (Teatro Olympia, 1955, regia Brissoni), Sola in casa, 1958, e L’orologio , 1959, ambedue scritti per Paola Borboni e da lei rappresentati al Teatro Gerolamo. Le finestre (Teatro Gerolamo, 1958, regia Zeffirelli); Un verme al Ministero (Teatro S. Erasmo, 1960, regia di Blasi); I suggeritori (Teatro Lirico, 1960, regia D’Anza); L’uomo che andrà in America (Teatro Mercadante, 1962, regia di Colli); La colonna infame (Teatro S. Erasmo, 1966, regia di Lualdi). Scrisse anche La telefonista, non rappresentato, per Laura Adani e il soggetto per un balletto, oltre che disegnarne le scene e i costumi: Fantasmi al Grand Hotel , in collaborazione con Luciana Navaro, con le musiche di Chailly, rappresentato al Teatro alla Scala nel 1960, con Carla Fracci.

Buzzatti arriva al teatro negli anni ’40-50 portandovi le sue emozioni personali, oltre che le sue curiosità; ma soprattutto un senso di libertà, che nasce da una felice commistione di stile e di linguaggio e dalla sapienza con cui riesce ad alternare l’impianto realistico con quello simbolico. Egli ha cercato di guardare la realtà in faccia e di raccontarla allo spettatore con una scelta drammaturgica personale, con una lingua alquanto vicina alla quotidianità e, nello stesso tempo, sperimentale, che sa dar voce ai fantasmi presenti dentro ogni uomo. Per Buzzati, il teatro era un’evasione, una specie di transfert che né il romanzo, né altra forma d’arte potevano dare. Martin Esslin, dopo aver analizzato Un caso clinico , che considerò un moderno miracle-play, nella tradizione di Everyman , lo pose tra gli autori del `teatro dell’assurdo’, formula un po’ ambigua, ma certamente calzante.