Bosetti

Nato sopra l’allora Teatro Duse fatto costruire dal nonno impresario, Giulio Bosetti si iscrive a Scienze politiche e all’Accademia d’arte drammatica ‘S. D’Amico’, scegliendo in seguito la carriera teatrale. L’esordio avviene nella stagione 1950-51 con La Moscheta di Ruzante, con la regia di G. De Bosio. Dopo una breve esperienza al Piccolo Teatro di Milano con Strehler, affianca Gassman nell’ Oreste di Alfieri, quindi si sposta tra gli stabili di Genova, Trieste (che dirigerà dal 1967 per cinque anni) e Torino. Forma la prima compagnia nel ’64 per Le notti bianche da Dostoevskij con G. Lazzarini, debutta come regista teatrale nel 1970 ( Zio Vanja di Cechov) e allestisce opere liriche (Lucia di Lammermoor , Tokyo, 1974). Forma quindi la Cooperativa Teatro Mobile e, negli anni 1980, la Compagnia Giulio Bosetti. Tra gli autori interpretati, Brecht (Un uomo è un uomo), Sofocle (Edipo Re), Shakespeare (Vita e morte di Re Giovanni ), Pirandello. Ha diretto lo Stabile del Veneto ‘Carlo Goldoni’ dal 1992 fino all’estate del ’97. È stato attore goldoniano in Le massere, La bottega del caffé e Il bugiardo (con regia di G. De Bosio), La famiglia dell’antiquario (regia di M. Sciaccaluga); dopo aver affrontato Molière in Don Giovanni, Tartufo e L’avaro è stato quindi protagonista del Malato immaginario con la regia di J. Lassalle; ha inoltre interpretato Spettri di Ibsen e Se i no xe mati no li volemo di G. Rocca, di cui ha curato anche la regia, così come per Le ultime lune di F. Bordon, ritorno e addio al teatro di M. Mastroianni. Dalla stagione 1997-1998 è direttore artistico del Teatro Carcano di Milano, per il quale ha progettato la versione teatrale, assieme a Tullio Kezich, di Un amore di Buzzati, mentre si appresta a interpretare Aspettando Godot di Beckett. Se la prestanza giovanile l’ha dirottato sui classici, la maturità ha favorito una naturale predisposizione ai contemporanei, da Ionesco (Il re muore, La lezione e un insuperato Béranger di Assassino senza movente) a Kafka (Il processo) a Svevo (La coscienza di Zeno e Zeno o la cura del fumo) e soprattutto all’amato Pirandello del quale era stato il Figlio nei Sei personaggi in cerca d’autore (1953, regia G. De Bosio), al Teatro dell’Università di Padova. Dell’autore agrigentino, per tappe successive affronta Ma non è una cosa seria (1957, Stabile di Trieste), Vestire gli ignudi (Taormina, 1958), La morsa (con Giulia Lazzarini e Antonio Salines, 1966, Teatro Club di Catania) e finalmente Romei Daddi di Non si sa come e il Martino Lori di Tutto per bene , un’interpretazione giocata sui mezzi toni dell’introversione senza nessuna concessione all’effetto facile, banco di prova dopo alcune sofferte maturate riprese dei Sei personaggi (ora nel ruolo del Padre) per l’ Enrico IV (1989) regia M. Sciaccaluga.