Borelli

Come la sorella maggiore Alda, Lyda Borelli debuttò quindicenne, per essere subito scritturata da Talli nella compagnia di E. Gramatica e Calabresi. Se valore emblematico ebbe l’incontro con la Duse per una recita benefica, determinante fu invece l’esperienza con Ruggeri, accanto al quale si affermò ben presto come la più elegante e fascinosa primadonna del momento. Capace di passare dai toni farseschi di La presidentessa di Hennequin-Veber alla sofisticata Salomé di Wilde, dalle tragedie dannunziane e da La Gorgona di Benelli ai drammi di Bracco, Bernstein, Bataille, non si negò perciò alla scoppiettante vivacità del vaudeville. Al culmine del successo di palcoscenico ebbe spalancate le porte del cinema, imponendo il suo inconfondibile stile, statuario e misterioso, fin dall’esordio (Ma l’amor mio non muore di M. Caserini, 1913). Quando nel 1918 abbandonò definitivamente palcoscenici e teatri di posa per sposare il conte Vittorio Cini, i suoi più fervidi ammiratori tentarono invano di recuperarla `all’arte’.