bharata natyam

Danzato in origine dalle sacerdotesse dei templi ( devadasi ) e sviluppatosi in connessione col culto shivaita, godette presto del favore delle corti ed è giunta ad oggi senza soluzione di continuità. Con tutti gli stili di danza del Sud, condivide la forma geometrica romboidale della postura fondamentale (gambe flesse, ginocchia aperte, del tutto assente negli stili del Nord) e la bipartizione in nritta (danza pura) e nritya (danza espressiva). La prima, più strettamente legata ai tala (strutture ritmiche basilari della musica indiana), fa appello al virtuosismo di passi e gesti, in un crescendo ritmico sempre più complesso e serrato. La nritya si basa su un linguaggio complesso ed altamente stilizzato, in cui entro l’inquadramento ritmico dei tala , si svolge l’ abhinaya (recitazione), ossia una traduzione gestuale ed espressiva di un testo. Codificata puntigliosamente dagli antichi trattati (soprattutto il Natya Sastra e l’ Abhinaya Darpana ) la recitazione in tutto il teatro indiano è arte totale, che coinvolge corpo ( angika ), voce ( vacika ), costume e trucco ( aharya ) e l’elemento psicologico o il contenuto interiore ( satvika ). Nel b.n., secondo gli antichi trattati, «i piedi tengono il ritmo, le mani raccontano la storia, il volto esprime le impressioni e le reazioni alla storia raccontata dalle mani», mentre il testo è affidato alla voce del cantante, che siede a lato della scena con gli strumentisti (al minimo, un tamburo e uno strumento a corde, in genere anche un flauto e cembali). Le mani raccontano grazie agli hasta , un vero e proprio vocabolario gestuale, ma non meno stilizzate sono le espressioni del volto. Attualmente, uno spettacolo di b.n. è strutturato in una serie di brani, i primi più chiaramente devozionali e i successivi alternativamente di danza pura e narrativa.