Barnes

Peter Barnes approda al palcoscenico alla fine degli anni’70, in ritardo rispetto ai contemporanei Orton e Pinter, con commedie politicamente impegnate nell’intento di produrre un teatro che abbia un impatto diretto sulla realtà. Debutta nel 1965 con Sclerosi (Sclerosis), farsa convenzionale sul colonialismo britannico, ma il suo particolare stile comico, che combina un umorismo macabro ad effetti gotici e ad aspre parodie punteggiate da violenti scarti, si dispiega nel suo secondo testo La classe dirigente (The Ruling Class, 1968), ritratto parodico dell’alta società inglese influenzato da Orton che ottiene un forte successo.

Nei lavori successivi seleziona tematiche morali e storiche per le sue `black comedies’: la successione spagnola in Gli stregati (The Bewitched, 1974), l’olocausto in Riso (Laughter, 1978), la peste in Nasi rossi (Red Noses, 1985). Ribaltando l’assunto bergsoniano secondo cui la base della commedia è la percezione dell’incongruo, nei suoi lavori l’incongruo nega la validità del riso per generare la percezione.

Iconoclasta e provocatore, Barnes individua come suoi modelli: il teatro giacobino, Ben Jonson, l’espressionismo tedesco e Frank Wedekind. Con la fusione degli opposti a livello tematico come in Declini e glorie (Sunsets and Glories, 1990) ambientato nel Medioevo, e la giustapposizione di tecnique formali discordanti, il teatro di B. è spesso un vero e proprio catalogo di violenze e torture messe in scena come forme di protesta contro lo status quo; periodi storici oscuri fanno da sfondo a società dove gli dei sono interscambiabili con i diavoli e dove l’ultima indegnità è trattare la sofferenza con ironia: tra i suoi personaggi solo gli inumani, gli imbecilli o i folli sopravvivono.