Barlocco

Tony Barlocco visse nelle tipiche case di ringhiera di San Vittore Olona, figlio del ceto proletario lombardo di allora, tra luoghi, figure e atmosfere che ispirarono poi il suo personaggio di Mabilia, soubrette tempestosa e capricciosa dei celebri Legnanesi. Penultimo di cinque figli, dopo gli studi trovò lavoro alla falegnameria e poi all’ufficio tecnico della Franco Tosi. A diciassette anni nella Milano dell’immediato dopoguerra vide per la prima volta Wanda Osiris nella rivista Grand Hotel , con l’ingresso in piedi, e visse tre ore abbondanti di incantesimo che non lo lasciarono più: iniziò qui il suo sogno di recitare in abiti femminili. Nell’estate del 1948 Barlocco, in campeggio, prese parte a uno spettacolo di dilettanti dell’azienda; qui lo vide un violinista compagno di lavoro di Musazzi, che stabilì così quello che fu poi l’incontro storico delle due star dei Legnanesi. Nel primo show, del ’49, B., non ancora travestito, faceva un garzone della filanda; ma dal ’50 in poi l’attore assunse definitivamente i panni della Mabilia, figlia unica della Teresa-Musazzi, rampolla zitella e poco seria che si scontrava con la saggezza popolare della madre e l’ironia dei vicini, deformando l’immagine della ragazza futile, vittima di ogni mass media e sempre troppo alla moda. Nel ’58 Barlocco debutta con la compagnia all’Odeon di Milano in Va là batel… ed ebbe la soddisfazione di vedere in prima fila, che applaudiva divertita, la sua musa ispiratrice, la Osiris. Da allora egli assunse anche il compito di coreografo della compagnia e, non più operaio, si diede a tempo pieno alla vena parodistica, raffinando quel personaggio grottesco iper – femminile che veniva nello stesso tempo dall’osservazione della realtà e dalla passione per la vecchia rivista. Rappresentava la ragazza che va con i tacchi a spillo ‘in camporella’ e vuole vivere sempre al di sopra delle sue possibilità, confondendo gli status – symbol specie quando si recava in luoghi consacrati come la Scala, il Vaticano e la corte inglese. La risata nasceva anche, naturalmente, dallo sfarzo sempre più esibito del travestimento da soubrette, dal trucco, dalle parrucche, dal lusso dei costumi, affidati a sartorie di pregio come la Boetti e la Rame, tanto che Barlocco si può considerare a tutti gli effetti l’ultima delle soubrette del teatro leggero italiano.

I suoi continui scontri, in scena, con l’ignorante e amata mamma Teresa, emblema di un’altra generazione, sono diventati proverbiali e degni della Commedia dell’Arte: per trentasette anni B. fece la soubrette dei cortili, deliziando il suo pubblico con movenze, occhiate, giochi di parole. La Mabilia portò nell’`ensemble’ legnanese quell’ombra di malizia anche sessuale contrapposta, ma assolutamente complementare, all’ingenuità popolare del gruppo e del suo ispiratore, Musazzi. Spalleggiato dagli intellettuali, amatissimo dal pubblico gay, stimato da Fellini, Barlocco raffinò le sue doti parodistiche strapaesane da Folies Bergère: la maschera dell’attore fu insostituibile e dopo la sua morte, nell’unico show che Musazzi allestì senza di lui, lo fece partire per l’America ricordandola con affetto. La Mabilia, in viaggio per le mode dell’Italia da rotocalco degli anni ’60 e ’70, ci metteva entusiasmo e genialità. Altera e scostumata zitella di provincia, faceva scattare l’invidia delle altre, perché era la più bella, ma una bellezza di teatro, da riflettore puntato, volgare ed esagitata come una caricatura, sebbene dentro costruita attraverso un minuscolo e paziente lavoro di osservazione sulle tante Mabilie che ogni giorno incontriamo.