Alvaro

La sua attività di drammaturgo si fa risalire al 1923, con Il paese e la città, rappresentato al Teatro degli Indipendenti di Roma. La prima notorietà, però, l’ottenne con una raccolta di racconti, cinque anni dopo: Gente d’Aspromonte. Nel 1939, la Compagnia Pagnani-Cervi portò in scena Il caffè dei naviganti , dove ritorna il tema, a lui caro, del contrasto tra la gente umile, naturale e quella artificiosa della città. Alvaro Corrado immagina una solitaria spiaggia d’Italia, dove vivono pescatori e barcaioli semplici e forti, oltre che felici, e dove arriva un gruppo inquieto di uomini nordici che turberà il loro equilibrio delicato. Renato Simoni, pur sottolineando una segreta musicalità, fece notare una «difettosa drammaturgia». Tra gli altri attori, va segnalata la presenza di Rina Morelli e Paolo Stoppa. Nel 1949, A. ottenne maggior successo con Lunga notte di Medea, con Tatiana Pavlova, scene di De Chirico, musiche di Pizzetti, ripresa nel 1966 con Laura Adani e Renzo Giovampietro, per la regia di Maurizio Scaparro. Egli spogliò il mito da ogni demonismo e crudeltà e fece di Medea una donna semplice, meridionale, offesa nel suo amore materno.

Conclusa l’attività di drammaturgo, iniziò quella di critico drammatico per “Il Popolo” (1940-41) e “Il Mondo” (1949-51), quella di riduttore per le scene: I fratelli Karamazov (1940), Celestina (1942) e quella di sceneggiatore cinematografico: Terra di nessuno (1939), Fari nella nebbia (1942), Una notte dopo l’opera (1942), Patto col diavolo (1950) e Roma ore 11 (1952). Certamente la fama teatrale di A. è legata alla trasposizione del mito di Medea in un ambiente che più si avvicina alla sua terra d’origine. Il modello è Il lutto si addice ad Elettra , di O’Neill, o forse la necessità di trasferire il mito antico nelle mitologie moderne così come avevano fatto Hofmannsthal ( Elettra ), Gide ( Edipo ), Giraudoux ( Elettra , Anfitrione ) e come faranno autori a lui contemporanei: Savinio ( Ulisse ), Anouilh, la cui Medea è scritta sei anni prima di quella di A. (1953). La drammaturgia di Alvaro Corrado può essere divisa in due momenti: quella del teatro antecedente alla guerra, inserita più nel quadro della narrativa, con riferimenti al mondo arcaico-contadino; e quella del secondo dopoguerra, più attenta a riscoprire l’oasi del mito, non disgiunta da una forte carica sociale.