Albee

L’intera sua opera può essere letta come un attacco ai valori della società americana e una constatazione amareggiata della solitudine e della disperazione dell’uomo contemporaneo. Questi temi, presenti già nei primi drammi – gli atti unici La storia dello zoo (The Zoo Story, 1959), La morte di Bessie Smith (The Death of Bessie Smith, 1961) e Il sogno americano (The American Dream, 1961), accolti come esempi significativi di quel teatro dell’assurdo allora in voga – trovarono la loro espressione più riuscita nel primo testo in più atti, Chi ha paura di Virginia Woolf? (Who’s Afraid of Virginia Woolf?, 1962), in brillante equilibrio fra la durezza del messaggio e le esigenze commerciali di uno spettacolo per Broadway. Nei copioni successivi riprese gli stessi temi, ora edulcorandoli, ora rarefacendoli e ora complicandoli con presenze metafisiche e ambiguità di vario genere che assicurarono spesso un successo di scandalo. Come accadde con Piccola Alice (Tiny Alice, 1964), Un equilibrio delicato (A Delicate Balance, 1966), All Over (1971), Marina (Seascape, 1975), The Lady from Dubuque (1979), Tre donne alte (Three Tall Women, 1991), che piacquero al pubblico e alla critica senza peraltro entusiasmarli e che gli fecero vincere tre Premi Pulitzer. Adattò inoltre alle scene alcuni romanzi, La ballata del caffè triste (1963) di C. McCullers, Malcolm (1966) di J. Purdy e Lolita (1980) di Nabokov.