Volksbühne

Volksbühne è un teatro fondato nel 1890 a Berlino da un gruppo di dirigenti socialdemocratici come Libero teatro popolare (Freie V.); è uno dei primi tentativi di democratizzazione del teatro che ispira poi le moderne forme di attività sovvenzionata. La proposta parte da B. Willie, un intellettuale, membro della sezione giovanile del Spd (il partito socialdemocratico tedesco) e vicino alla Freie Bühne, un teatro nato sul modello del francese Théâtre Libre. L’idea è quella di spezzare il monopolio culturale della borghesia organizzando in modo cooperativistico un pubblico di lavoratori. A costoro, dietro versamento di una quota minima di partecipazione, si vuole garantire il diritto a una rappresentazione al mese in sale che devono essere prese in affitto con posti a sedere, da assegnarsi con un sistema a rotazione o tirando a sorte.

Il repertorio deve essere di alto livello, con autori classici e moderni, da Goethe e Schiller a Ibsen e Hauptmann, e interpretato da attori di provata professionalità. Nonostante la comune aspirazione a un’arte per il popolo, ben presto sorgono conflitti tra i responsabili del partito (che intendono dare priorità alle lotte politiche e alle problematiche dell’economia) e B. Willie, primo presidente dell’organizzazione teatrale. Ne segue una scissione: B. Willie fonda nel 1892 la Neue Freie V. che si avvanteggerà della rottura tanto che nel 1913 conterà già cinquantamila aderenti. I dirigenti socialdemocratici, infatti, tendono a operare scelte artistiche improntate a un certo tradizionalismo (Schiller piuttosto che il naturalismo, per esempio), con poche aperture a un effettivo rinnovamento del teatro, convinti che un’arte proletaria non sia di fatto possibile in un regime di capitalismo. Questa scissione viene superata con il contratto del `cartello’ nel 1913 e la riunificazione in seno alla V. diventa un dato di fatto nel 1920. L’organizzazione, a quel punto, dispone di un proprio teatro a Berlino (chiamato appunto Volksbühne).

Alla vigilia della guerra, nel 1914, gli aderenti diventano settantamila e oltre mezzo milione nel 1927; le tournèe del teatro si estendono all’intero territorio tedesco, ma le scelte si adattano sempre più a un certo spirito di neutralità sia riguardo agli aspetti economici sia riguardo alle scelte artistiche. Nel 1927, la rottura di E. Piscator – regista principale – segna il culmine di un nuovo conflitto tra due orientamenti diversi. La gioventù di Berlino fa fronte comune continuando a rivendicare un teatro militante a cui K.H. Martin (divenuto intendente nel 1929) provvede inserendo nei programmi pièce d’attualità (Zeitstücke) di cui si contano numerosi esempi soprattutto verso la fine degli anni ’20. Sotto il nazismo l’organizzazione viene sciolta e il teatro viene statalizzato a partire dal 1937.

L’associazione rinasce dopo la guerra, nella Rdt, ma perde la sua indipendenza (1953) a vantaggio dell’organizzazione sindacale sino a quando, nel 1954, il teatro ricostruito può riprendere la sua attività a Berlino sotto l’intendenza di F. Wisten. Negli anni ’70 torna a essere un teatro di primaria importanza sotto la direzione artistica di B. Besson. Nel 1963, nella Germania federale, l’associazione conta ancora quattrocentotrentamila membri, ma soltanto poco più della metà venti anni più tardi. Una nuova sala con il nome di Volksbühne viene inaugurata a Berlino Ovest nel 1962 sotto la direzione di E. Piscator che, sino al 1966 anno della sua morte, vi presenta, tra l’altro, il nuovo teatro documentario tedesco. Dopo la caduta del muro di Berlino e la riunificazione della città viene scelto come nuovo intendente il regista F. Castorf.