Tognazzi

Operaio a quattordici anni in una fabbrica di salumi (da allora è segnato il suo destino di gourmet), poi volenteroso allievo di una filodrammatica, indi intrattenitore e imitatore molto richiesto dagli amici per le serata allegre di provincia, Ugo Tognazzi fu scoperto in una selezione di dilettanti al Teatro Puccini di Milano, la capitale della rivista più prossima alla `sua’ Cremona. Prima del debutto intervenne però la guerra: il giovane si arruolò in Marina e fece parte di una compagnia delle Forze Armate con la quale compì la sua prima tournée. Quello che sarebbe diventato uno dei ‘colonnelli’ della commedia all’italiana, l’unico venuto dal Nord, e l’attore preferito di Ferreri, si esercitò con l’avanspettacolo e la rivista, instaurando un rapporto subito felice con il pubblico, trattato da amico. Anche per il suo nuovo modo di fare ridere non legato a una precisa maschera, vestito all’uomo borghese qualunque, senza eccessi né smorfie, anzi con una sorta di understatement nostrano e spiritoso: con lui e Chiari si volta pagina.

Negli anni 1944-1945 Tognazzi è al nastro di partenza all’Ambrosiano di Milano, sopra la linea gotica, con Spettacolissimo, seguito da Si chiude (quasi) all’alba , accanto a Dapporto, la Paolieri e l’orchestra Kramer. E nello stesso anno appare in locandina, come star dell’imitazione, in Viva le donne (come il film di Berkeley) di Marchesi, al Mediolanum, mentre la stagione seguente lo troviamo sempre a Milano in Polvere negli occhi e a Napoli in Polvere di Broadway , dove incontra Elena Giusti, che diventerà poi la sua soubrette per alcune fortunate stagioni: lui il compagnone un po’ provinciale, lei la vedette elegantissima. Bocca baciata nel 1946-47 lo vede in scena ancora al Mediolanum, con musiche di D’Anzi, poi passa con Macario in Cento di queste donne , di cui tre sono le scatenate, romanissime, sorelle Nava alle prese con i due comici `nordisti’.

Nel 1948-49 Tognazzi riprende con Macario Febbre azzurra, indi Paradiso per tutti e, nel 1949-50, Castellinaria di Amendola, Gelich e Maccari, in cui T. è un nipote che eredita i milioni dello zio d’America ma, per averli, dovrà fare il mendicante per un anno: un classico. Il grande spettacolo col nome al neon del Lirico, è, nel 1950-51, Quel treno che si chiama desiderio di Bracchi, Gelich e D’Anzi, intrigo per ridere con casinò e spionaggio, ispirato nel titolo, come si usava allora, al film di successo con Brando e Vivien Leigh, accanto a quattro soubrette: De Mola, Sandri, Gilda Marino e Vera Rol. La stagione seguente Tognazzi inizia, con Dove vai se il cavallo non ce l’hai , un triplice sodalizio destinato a durare con Elena Giusti, Vianello e con la coppia d’autori Scarnicci e Tarabusi, che tornano complici nel 1952-53 con la rivista Ciao, fantasma (un fantasma dell’opera alle prese col mondo contemporaneo) e nel 1953-54 in Barbanera bel tempo si spera , parodia delle profezie per l’anno in corso. Intanto Tognazzi ci prova anche con la prosa e d’estate al Manzoni di Milano, per i mariti rimasti in città (come dicevano le locandine di allora), recita una farsa quasi dialettale Il medico delle donne di Bracchi, con grandissimo successo.

Nel 1954-55 l’attore cambia compagnia femminile, sceglie la seducente Dorian Gray, dal nome maschile e wildiano, e si presenta nel più ambizioso Passo doppio, curioso show in due tempi: il primo è la storia di una diva del cinema, il secondo è di tipo cabaret con satira tv (nel cast sempre Vianello, sempre più `spalla’). L’anno dopo ancora una rivista, Campione senza volere , in cui uno scienziato diventa campione del ring, vicino a Jula De Palma. Infine l’addio alla passerella con uno spettacolo che già sta a mezza strada con la commedia musicale, protagonisti un vecchio lord, le assicurazioni e una ballerina, Uno scandalo per Lili, di Scarnicci e Tarabusi e le musiche di Luttazzi. Recita in stile pochade, con la Masiero e alcuni attori di prosa come Scaccia, Tedeschi, Maria Monti e Anna Maestri.

Da allora in poi Tognazzi si dedicherà soprattutto al cinema, frequentato prima nella ‘serie B’ e nel film parodia, diventando poi la star della commedia, da Salce a Monicelli, Ferreri e altri maestri. Ma l’amore per il teatro gli è rimasto dentro fino all’ultimo: ci è tornato infatti recitando in francese, alla Comédie di Parigi, il ruolo del padre nei Sei personaggi pirandelliani; indi, in Italia, con Molière l’ Avaro di Missiroli (1988) e Mr. Butterfly (1989), in finale di carriera.

Vianello

Figlio di ammiraglio, Raimondo Vianello studia giurisprudenza e sembra destinato alla carriera diplomatica. Nel 1945 finisce invece, per caso e per gioco, in teatro, conosce P. Garinei e G. Giovannini e partecipa, con il nome di R. Viani, alla rivista Cantachiaro n. 2. L’abbandono della compagnia, prima del debutto, di M. Merlini fece saltare lo sketch, unico, affidato all’esordiente Vianello, al quale gli autori assegnarono altri venticinque piccoli ruoli. Praticamente, comparsate. Ma la sua figura, alta e dinoccolata, le sue maniere da gentleman, il suo stile garbatamente ironico ne fecero subito un apprezzato carattere. In quella rivista ebbe accanto attori di prosa assai bravi e famosi: G. Cervi, E. Viarisio, A. Magnani, A. Tieri. Fu un ottimo apprendistato.

Seguì, nel 1946, sempre di Garinei-Giovannini, Soffia, so’ con Alberto Sordi. Ancora satira politica in Sono le dieci e tutto va bene con la Magnani e Domani è sempre domenica con W. Osiris, nelle stagioni successive. Poi passò accanto a C. Dapporto (che presenta il suo ‘maliardo’) in Buon appetito di M. Galdieri (1948-49). La stagione successiva eccolo in Quo vadis , accanto a M. Viarisio, Milly e all’attrice brillante D. Galli (qui alla sua ultima apparizione). Importante la stagione 1951-52: diventa spalla di U. Tognazzi che ha il nome in ditta con E. Giusti in Dove vai se il cavallo non ce l’hai? di G. Scarnicci e R. Tarabusi.

Sodalizio artistico, quello con Ugo Tognazzi, che si rivelerà vincente in teatro, nelle stagioni successive, con Barbanera bel tempo si spera, Ciao fantasma, Passo doppio, Campione senza volere. E successo anche nel cinema, in una serie di filmetti-parodia (con Vianello anche sceneggiatore), ma soprattutto in televisione con lo storico varietà Un due tre, dal 1954 al ’59. La coppia (fortunata perché di pari peso artistico) si divise non per logoramento ma per diversità di scelte: U. Tognazzi continuò con il cinema (Il federale di L. Salce ne rivelò precipue doti interpretative, tali da affrancarlo dai filmetti-varietà). V. rimase fedele alla rivista, con W. Osiris in Okay fortuna (1956-57) e I fuoriserie (1957-58), in trio con G. Bramieri e G. Durano. Incontrò S. Mondaini, che diventerà poi sua compagna di vita e arte, in Sayonara Butterfly di Marchesi-Puntoni-Terzoli (1958-59), cui seguì, nella stagione successiva, Un juke-box per Dracula con S. Mondaini e G. Bramieri in ditta.

Spente le luci del varietà e sparita la passerella, Vianello continua a far divertire in televisione, facendo coppia fissa con la moglie: Io e la Befana, la Canzonissima del 1979, varietà del sabato sera (Tante scuse, 1974, e Di nuovo tante scuse , 1975). Poi un migliaio di puntate tv di Zig zag, dal 1983 al ’86; quindi una serie di telefilm comici (Casa Vianello e Cascina Vianello). Trasforma la sua passione per il calcio in background professionale presentando con grande successo e ripetuti riconoscimenti Pressing, riassunto serale della domenica calcistica su Italia 1. A settantasei anni, esordisce come presentatore del festival di Sanremo nel 1998.