videoteatro

La disponibilità sul mercato di nuove telecamere e sistemi di edizione dotati di alta qualità e di prezzo contenuto permette al teatro di ricerca degli anni ’80 e ’90 di sperimentare le nuove tecniche audiovisive sulla scena teatrale. La cultura multimediale stimola i teatranti ad esplorare le zone di confine tra i diversi linguaggi (videoteatro) e ad utilizzare il video in tutte le sue forme: come schermo sul palcoscenico, come articolazione dell’azione, come estensione dell’attore dentro e fuori lo spazio scenico. I più importanti fenomeni teatrali del periodo sentono l’esigenza di superare i limiti dello spettacolo tradizionale operando sulle sue potenzialità comunicative, immettendolo nell’ambito dei media elettronici. Dall’America sono state esportate in tutto il mondo le pratiche degli happening e della performance art, le esperienze di Fluxus, W. Kirby e B. Wilson; si è realizzata per la prima volta una completa omogeneizzazione tra varie pratiche estetiche, per cui l’artista può passare continuamente e con naturalezza da un medium all’altro (R. Ruiz, R. W. Fassbinder, ancora B. Wilson).

Il videoteatro non è dunque semplicemente la riscrittura elettronica di un testo teatrale, ma una forma di spettacolo autonoma, che reinventa il linguaggio della messinscena teatrale utilizzando strumenti elettronici, rivolgendosi ad un pubblico che non è quello tradizionale del teatro, né quello della televisione. Si cercano nuovi canali di distribuzione per prodotti che non sono più televisione, ma appunto video nelle sue molteplici potenzialità metalinguistiche e plurilinguistiche. Anche in Italia la cultura audiovisiva e multimediale di questi ultimi anni ha condotto molti artisti del teatro di ricerca a sperimentare in vario modo l’interazione tra il mezzo elettronico ed il palcoscenico, inventando un nuovo modo di concepire e di praticare la messinscena, per cui il teleschermo e il luogo teatrale spesso si sovrappongono, pur mantenendo ognuno la propria identità, si materializzano e si smaterializzano a vicenda, giocano e lottano tra loro. Il video si è imposto come mezzo creativo di progettazione (il diario intimo della preparazione degli spettacoli), di interazione con la presenza dell’attore (per cui lo spazio scenico si modella come la superficie bidimensionale di una scena-schermo) e di dilatazione spazio-temporale della scena (l’uso scenografico o interattivo del video sul palcoscenico), di trascrizione e di trasfigurazione dell’opera teatrale in altri linguaggi e dimensioni, infine di sintesi e di promozione produttivo-distributiva.

L’avanguardia di M. Martone, G. Barberio Corsetti, Magazzini Criminali, Studio Azzurro e altri, utilizza codici linguistici presi a prestito dai più vari linguaggi espressivi (non solo da quelli figurativi, gestuali, vocali, ma anche da quelli della pubblicità, del fumetto, del computer, del video appunto). Il mezzo elettronico è considerato un `luogo privilegiato’ perché permette di trasfigurare l’evento teatrale multimediale in altre più complesse dimensioni per cui la `scatola teatrale’ si frantuma in una serie di frames che si pongono l’uno dietro l’altro secondo una successione ritmica che ci offre la visione di un universo audiovisivo completamente immaginario, visionario, virtuale. L’uso del mezzo elettronico tiene conto del divenire tecnologico dell’arte ed in parte fa proprie le esperienze compiute nel campo della video-arte, per cui si fanno talvolta labili le distinzioni di presunti generi quali il videoteatro, la videoperformance, la videoscena, la videoinstallazione: esperienze difficilmente distinguibili in questo territorio linguistico di confine. Il videoteatrodunque non è un genere spettacolare, ma è integratore e assimilatore di vari modi e tecniche espressive, intermediario tra linguaggi scenici ed elettronica.

Studio Azzurro

Nel 1982 nasce a Milano Studio Azzurro, un’iniziativa di sperimentazione artistica e produzione video avviata dall’incontro delle diverse competenze di Fabio Cirifino (Milano, 1945) per la fotografia, Paolo Rosa (Rimini, 1949) per le arti visive e il cinema, Leonardo Sangiorgi (Parma 1949) per la grafica e l’animazione. Il nuotatore del 1984 è tra le prime videoambientazioni prodotte dallo Studio dove il fruitore si trova coinvolto in un luogo appositamente ricostruito. Nella metà degli anni ’80 S. A. si avvicina anche al teatro di cui ricordiamo in particolare l’opera-video messa in scena in collaborazione con G. Barberio Corsetti La camera astratta, commissionata per l’inaugurazione di Documenta VIII-Kassel. Successivamente la ricerca dello Studio si estende al teatro musicale, realizzando tra l’altro Il combattimento di Ettore e Achille, e poi alla sperimentazione di telecamere agli infrarossi e ai raggi x in videoambientazioni come Il giardino delle cose . Nel 1993 la Fondazione Mudima ospita una retrospettiva di Studio Azzurro dal titolo Videoambienti 1982-199″ che viene poi iterata in diversi musei internazionali. Contemporaneamente lo Studio Azzurro porta avanti un percorso cinematografico, realizzando sia iniziative a sostegno del cinema indipendente sia alcuni film diretti da Paolo Rosa come L’osservatorio nucleare del Sig. Nanof (1985). Dal 1995 Studio Azzurro si interessa all’interattività e al multimediale realizzando una serie di `ambienti sensibili’ tra cui l’installazione Tavoli (1995), Coro (1995) e The Cenci (1997). Studio Azzurro ha realizzato diversi programmi video e televisivi in Italia e all’estero; è intervenuto con scritti e riflessioni teoriche; ha svolto attività in campo formativo e didattico con workshop e seminari, tra cui “Pensare l’arte” nel 1997 con Jacques Derrida e Carlo Sini.