Benois

Figlio di Alexandr Benois e discendente da una famiglia di artisti e musicisti, Nicola Benois iniziò l’apprendistato nel teatro con Oreste Allegri, capo scenografo dei Teatri imperiali di Pietroburgo. Realizzò i primi bozzetti per il Teatro Accademico del Dramma, dove esordì nel 1921 con le scene per I giganti del Nord di Ibsen, il Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, e nel 1922 con il Giulio Cesare. L’anno seguente collaborò al Teatro Accademico dell’Opera del Ballo con le scene per Le quattro stagioni di Glazunov. Nel 1924 si stabilì a Parigi, dove incontrò il regista Alessandro Sanine che propose al direttore artistico della Scala, Arturo Toscanini, il giovane Nicola Benois per Chovanšcina di Musorgskij della stagione 1925-26. Da allora gli impegni di scenografo lo porteranno sul palcoscenico del teatro Colón di Buenos Aires e alla Staatsoper di Berlino (1926); per cinque anni lavorerà al Teatro dell’Opera di Roma. Quando, nel 1937, venne nominato direttore dell’allestimento scenico del Teatro alla Scala, incarico che mantenne fino al 1970, iniziò la fase più intensa della sua carriera artistica: oltre centoventi spettacoli tra opere e balletti. Sostanzialmente legato al linguaggio tradizionale del teatro lirico, specie nelle opere considerate storiche, giunse in altri lavori a esprimere la sua vena poetica di realismo magico. Fu fedele a una resa scenica di precisione storica nelle scene architettoniche di interni e di esterni: così in Anna Bolena di Donizetti (1956) o in Rigoletto (1961) e Trovatore (1964) di Verdi, o nella Tosca di Puccini (1958). E divenne il giocoso interprete del folclore slavo in Pierino e il lupo di Prokof’ev (1949) o in Petruška di Stravinskij (1952). Così come fu il fantasioso autore di una Turandot di Puccini (1958) dove draghi e pagode mostrano un ‘japonisme’ filtrato da una visione espressionista o secessionista, e si rivelò il bizzarro creatore dei costumi per Mefistofele di Arrigo Boito (1964) o il visionario sognatore di Ifigenia in Aulide di Gluck (1959). In qualità di direttore dell’allestimento scenico del Teatro alla Scala, introdusse innovazioni come il palcoscenico meccanico con pannelli e ponti mobili progettato da Luigi Lorenzo Secchi in sostituzione del palco fisso, promosse una scuola di pratica scenografica e una sartoria autonoma all’interno del teatro. Chiamò a collaborare alla Scala, nella veste di scenografi, pittori come de Chirico, Savinio, Prampolini, Sironi, Fontana, Carrà e Casorati.