Shaw

Di famiglia borghese protestante, dopo essere stato impiegato in un’agenzia immobiliare e dopo il fallimento del padre, nel 1976 George Bernard Shaw si trasferì da Dublino a Londra presso la madre. Scrisse cinque romanzi di scarso successo, segnalandosi come critico musicale e teatrale acuto, aggressivo, brillante. Aderì alla Fabian Society e nel 1889 pubblicò i Saggi fabiani (Fabian Essays in Socialism). La sua conversione al socialismo era iniziata con la lettura del Capitale, da cui si allontanò per la sottovalutazione nel sistema marxiano della volontà individuale, che nella concezione evoluzionistico-progressiva di Shaw era invece un fattore essenziale, insieme alla forza vitale (`life force’), per il raggiungimento di una società più giusta. Nel 1891 scrisse La quintessenza dell’ibsenismo, conducendo strenue battaglie sui giornali in difesa del teatro di Ibsen, di cui ammirava lo smascheramento dei falsi valori e il fatto di porre al centro del dramma la discussione di idee. Un altro documento dei suoi interessi critici è il saggio Il wagneriano perfetto (The Perfect Wagnerite, 1898), che testimonia il suo entusiasmo per la musica di Wagner. Con Le case del vedovo (Windower’s Houses), rappresentato nel 1892 all’Indipendent Theatre, si apre il ciclo delle `Commedie sgradevoli’, che comprende anche L’uomo troppo amato (The Philander, 1893) e La professione della signora Warren (Mrs Warren’s Profession, 1894).

La strategia della ‘sgradevolezza’ consisteva nel mettere in scena temi inaccettabili per la morale dominante, come la prostituzione o il denaro sporco. Seguirono le `Commedie dello smascheramento’, che nascondevano dietro la forma tradizionale di commedie brillanti a lieto fine una satira feroce dei falsi ideali della società. Le più interessanti sono Le armi e l’uomo (The Arms and the Man, 1894), Candida (1895) e Non si può mai dire (You Never Can Tell, 1997), in cui trionfano i personaggi realisti contrapposti ai portatori di un idealismo impraticabile. Tra Il discepolo del diavolo (The Devil’s Disciple, 1896) e La conversione del capitano Brassbound (Captain Brassbound’s Conversion, 1899), costruiti come melodrammi, S. conseguì un grande successo con Cesare e Cleopatra (Caesar and Cleopatra, 1898), che ebbe anche una costosa trasposizione cinematografica nel 1946 con Claude Rains e Vivien Leigh. Dopo quattro anni di riflessione tornò al teatro con Uomo e superuomo (Man and Superman, 1903), rivisitazione moderna del mito di Don Giovanni. D’impianto più politico (il problema dell’indipendenza irlandese) è L’altra isola di John Bull (John Bull’s Other Island, 1904).

Seguirono Il maggiore Barbara ( Major Barbara , 1905), Androclo e il leone (Androcles and the Lion, 1913), Pigmalione (Pygmalion, 1914), Casa Cuorinfranto (Heartbreak House, 1920), Ritorno a Matusalemme (Back to Methuselah, 1921-23) e Santa Giovanna (Saint Joan, 1923), vista come una protestante ante litteram per l’affermazione della priorità del suo giudizio su quello della Chiesa; e Il carretto delle mele (The Apple Cart, 1929). Santa Giovanna fu trasposto in film da Otto Preminger nel 1957 con la giovanissima Jean Seberg. Ma la massima fortuna fuori dalle scene la ebbe Pigmalione, con il bel film di Anthony Asquith e Leslie Howard (1938), la traduzione in musical di Alan Jay Lerner col titolo My Fair Lady, a sua volta trasposto in film da George Cukor (1964) con Audrey Hepburn e Rex Harrison. Nel 1925 gli fu assegnato il premio Nobel per la letteratura. Tra la produzione successiva, ricordiamo Troppo vero per essere buono (Too True to Be Good, 1932), Ginevra (Geneva, 1938) e Ai bei tempi del buon re Carlo (In Good King Charles Golden Days, 1939). Di origine ed educazione borghese, Shaw scelse come oggetto e referente proprio la borghesia, che egli voleva non solo stupire e scandalizzare ma trasformare in una società più giusta e meno ipocrita. Il suo grande merito è di aver calato la sua polemica sociale in un’opera che unisce la rivoluzione ibseniana alla tradizione popolare, la teatralità alla letterarietà. Il suo teatro ha esercitato la massima efficacia tra la fine del secolo scorso e la prima metà del Novecento.

Baldwin

Esponente importante della rinascita della letteratura nera negli Usa, James Baldwin diede al teatro due testi di modesto rilievo: L’angolo dell’amen (The Amen Corner, 1954), dove esplorava la particolare religiosità della sua gente attraverso una riunione di una comunità evangelica, con accompagnamento di spiritual; e Blues for Mister Charlie (1964), che ispirandosi a un processo svoltosi nel Sud e concluso con l’assoluzione di un bianco per l’assassinio di un nero, usava in parte le tecniche del teatro d’agitazione per urlare, con violenza troppo scoperta, l’odio contro i razzisti e insieme il ritrovato orgoglio degli uomini di colore.

Verga

Giovanni Verga nacque da una famiglia di piccola ma antica nobiltà terriera di Vizzini. Ricevette una formazione romantico-risorgimentale. Partecipò al corpo della Guardia Nazionale (1861-62). Annessa la Sicilia all’Italia, si trasferì a Firenze e a Milano, ma nel 1893 tornò definitivamente a Catania. Nel 1920 venne nominato senatore. Durante il periodo milanese pubblicò i romanzi e le raccolte di novelle che costituiscono i suoi capolavori (I Malavoglia, 1881; Mastro Don Gesualdo, 1888; Vita dei campi, 1880; Novelle rusticane, 1883) e che segnano la sua adesione alla poetica del verismo.

La produzione drammatica verghiana si distende per un ampio arco di anni e comprende indiscussi capolavori  (Cavalleria rusticana , 1884; In portineria , 1885; La Lupa , 1896). Nel 1901 scrisse e fece rappresentare due bozzetti scenici, Caccia al lupo , tratto da un suo racconto e Caccia alla volpe, con l’intenzione di ritrarre tipiche situazioni di triangolo amoroso a diverso livello: elementare e contadino il primo, più mondano il secondo. Del 1903 è Dal tuo al mio , che affronta la realtà dinamica del mondo economico in cui si trovano in conflitto la vecchia aristocrazia, la nuova borghesia della ‘roba’ e la piccola folla degli zolfatari affamati ma già uniti in un’embrionale organizzazione. Tra questi contrasti si delineano le vicende sentimentali dei personaggi. Il dramma venne interpretato in chiave antisocialista e reazionaria, in realtà l’opera non rivela l’ideologia, ma piuttosto la visione pessimistica dell’autore. Consapevole del carattere ambiguo che il lavoro teatrale aveva assunto alla sua rappresentazione, Verga lo pubblicò in forma di romanzo, premettendovi una dichiarazione di sfiducia nei confronti del teatro.

Testori

Giovanni Testori inizia la sua attività come critico d’arte (si era laureato alla Cattolica, con una tesi sul surrealismo, nel 1947) e come scrittore di racconti. Il debutto teatrale avviene nel 1948, al Teatro della Basilica di Milano, con Caterina di Dio, interpretato da Franca Valeri, regia di Enrico D’Alessandro. Nel 1949 scrive Tentazione nel convento, il cui dattiloscritto, arrivato ad Andrée Ruth Shammah, nel 1993, viene realizzato da Rosa Di Lucia. Nel 1954 pubblica Il Dio di Roserio e, nel 1958, Il ponte della Ghisolfa. Nel 1960, Castellani compra i diritti della Gilda del Mac Mahon e progetta di realizzarne un film con Sofia Loren. Nello stesso anno vanno in scena: al Piccolo Teatro di Milano La Maria Brasca , con Franca Valeri e regia di Mario Missiroli; al Teatro Eliseo di Roma L’Arialda, con Rina Morelli, Paolo Stoppa, Lucilla Morlacchi e regia di Luchino Visconti (i due testi verranno ripresi dalla Shammah: Arialda nel 1976 e Maria Brasca nel 1992 con Luisa Rossi e Adriana Asti nei ruoli di protagonista).

Nel 1961 la censura blocca a Milano l’Arialda, creando un vero e proprio `scandalo’. Nel 1967, al Teatro Bonci di Cesena, la Compagnia Brignone-Fortunato-Fantoni realizza la Monaca di Monza, regia di Visconti, che ebbe forti dissidi con l’autore. Il 1969 è l’anno dell’ Erodiade, scritta per Valentina Cortese, ma che sarà realizzata – totalmente riveduta – con la regia dell’autore (in collaborazione con Emanuele Banterle) nel 1984, con Adriana Innocenti protagonista. Nel 1972 avviene l’incontro con Franco Parenti e Andrée Ruth Shammah, per i quali scrive l’ Ambleto che inaugurerà il Pier Lombardo (16 gennaio 1973), al quale farà seguire il Macbetto (1974) e l’Edipus (1977). La Trilogia degli Scarozzanti ebbe un esito trionfale.

Nel 1978 scrive, per Renzo Ricci, Conversazione con la morte, che sarà invece letta dall’autore, al Salone Pier Lombardo, per la scomparsa del grande attore. Con la Compagnia dell’Arca, nel 1979, va in scena Interrogatorio a Maria , nella Chiesa di S. Stefano a Milano, con la regia di Emanuele Banterle; successivamente viene rappresentata a Castelgandolfo, con Giovanni Paolo II ospite d’eccezione. Nel 1981 va in scena Factum est, con Andrea Soffiantini, regia di Emanuele Banterle. Nel 1983 Testori costituisce la Compagnia degli Incamminati, con la quale realizza: Post Hamlet al Teatro di Porta Romana. L’anno successivo, con Franco Parenti, Lucilla Morlacchi e la regia della Shammah, va in scena I promessi sposi alla prova (ripresa nel 1993, con Gianrico Tedeschi e Marianella Laszlo).

Nel 1985 riceve il premio Renato Simoni `Una vita per il teatro’; nel 1986 viene rappresentato al Porta Romana Confiteor, protagonista Franco Branciaroli, per il quale Testori scriverà anche: In exitu (1988, Teatro della Pergola), Verbò (1989, Piccolo Teatro di Milano, in cui Testori debutta come attore), Sfaust (1990, Teatro Nazionale di Milano). I tre testi sono anche noti come la Branciatrilogia . Nel 1991 va in scena, al Teatro Goldoni di Venezia, Sdisorè, prodotto dagli Incamminati, con Franco Branciaroli e con la regia dell’autore in collaborazione con Emanuele Banterle. Nel 1992 pubblica Gli angeli dello sterminio, a cui seguiranno i Tre lai (Cleopatràs, Erodiàs, Mater Strangosciàs), che verranno realizzati da Adriana Innocenti, all’Umanitaria di Milano; Cleopatràs verrà ripreso dalla Compagnia I Magazzini (1996), con la regia di Tiezzi e l’interpretazione di Sandro Lombardi, che, nel 1994, aveva riproposto l’Edipus.

Nel 1998, a cinque anni dalla morte, Franco Branciaroli ed Emanuele Banterle realizzano, sulla scena del Franco Parenti, un montaggio drammaturgico di suoi testi, curato da Giovanni Agosti, con la regia di Banterle; Andrée Ruth Shammah, invece, sotto il Ponte della Ghisolfa, cura una riduzione di La Gilda del Mac Mahon, con Franca Valeri, Maddalena Crippa e la partecipazione dei Legnanesi. La drammaturgia di Testori costituisce uno dei momenti più alti del teatro italiano del secondo Novecento, la cui matrice ideologica è, forse, da ricercare in un saggio apparso nel giugno del 1968 in “Paragone” (n. 219): Il ventre del teatro. Come sceneggiatore cinematografico firma la sceneggiatura di Bubù , con la regia di Bolognini, scrive una sceneggiatura dell’ Amleto (il film, però, non sarà mai realizzato) e un soggetto originale: L’altra stagione che non avrà seguito.

Ha scritto Giovanni Raboni: «Nessuno è stato tanto fecondo nel reinventarsi e feroce nel ripudiarsi, tanto incapace, incapace sino alla prodigalità, sino allo sperpero, di ripetersi, di mettersi a profitto, di capitalizzarsi». Sono parole chiare che sottolineano il carattere sperimentale della drammaturgia di Testori che, pur tra antinomie e contraddizioni, viene anche evidenziato dalla presenza ossessiva del corpo, portato sulla scena, in tutta la sua carica fisiologica, ma anche drammaturgica; nel senso che l’uso del corpo si trasforma in azione. Il suo teatro, quindi, appare come un viaggio dentro il corpo, quasi un viaggio monomaniaco, segnato, o meglio, scandito dal tempo: quello degli anni ’60 (Maria Brasca, Arialda); quello degli anni ’70 (la trilogia maledetta: Ambleto, Macbetto, Edipus ); quello della conversione (Factum est, L’interrogatorio a Maria); quello del disfacimento (Sfaust). È un corpo che si mostra in tutta la sua prodigalità, che si innalza e si abbassa e che non rinuncia mai al ventre, quello del teatro. In questo senso, viene da pensare ad Artaud, a Grotowski, con i quali la drammaturgia di Testori ha sicuri punti di contatto.