agit-prop

L’agit-prop  (teatro di agitazione) è una forma di spettacolo teatrale che si propone di trattare temi politici in maniera diretta e immediata, con linguaggio semplice ed efficace, facendo partecipare il pubblico e spesso cionvolgendolo nell’azione drammatica. Storicamente per agit-prop si intende quella serie di manifestazioni, largamente diffuse durante il periodo della rivoluzione in Urss, in cui artisti dell’avanguardia politica e militanti di base, davano vita a spettacoli brevi, con tesi precise e politicamente determinate, su argomenti tratti dall’esigenza rivoluzionaria. Azioni teatrali all’aperto furono i giornali viventi, i montaggi letterari, i documenti sceneggiati. Ma agit-prop furono anche i grandi spettacoli di massa (ad esempio La presa del Palazzo d’inverno del 1920, diretto da Evreinov). Majakovskij e Mejerchol’d sono tra le personalità di rilievo che operarono in questo campo. Introdotto a Berlino da E. Piscator nel 1929, l’agit-prop esercitò grande influenza sul teatro politico europeo.

 

 

Tairov

Aleksandr Jakovlevic Tairov lavora prima come attore dal 1905 al ’13, anche sotto la direzione di Mejerchol’d (è il mendicante in Suor Beatrice di Maeterlinck e la maschera azzurra in La baracca dei saltimbanchi di Blok, entrambi del 1906), poi nel 1913 viene chiamato dal regista Marzanov al Teatro Libero, dove dirige la pantomima Il velo di Pierette di Schnitzler e il montaggio La blusa gialla. Nel 1914 con Alisa Koonen (che diventerà la maggior interprete delle sue regie e sua moglie) e un gruppo di giovani attori fonda il Teatro da Camera, inaugurato con Sakuntala del poeta indiano Kalidasa. Dopo alcuni spettacoli molto vicini al teatro `convenzionale’ mejercholdiano (Il matrimonio di Figaro di Beaumarchais, ripresa di Il velo di Pierette di Schnitzler), trova uno stile personalissimo con la tragedia lirica Tamiri il Citaredo di I. Annenskij, dove per la prima volta collabora con la scenografa cubista A. Ekster.

Negli anni prerivoluzionari il Teatro da Camera diventa una sorta di crogiuolo della pittura d’avanguardia: Larionov e la Goncarova firmano la scenografia di Il ventaglio di Goldoni (1915), Lentulov quella di Le allegre comari di Windsor (1916), la Ekster quella di Salomè di Wilde (1917), Jakulov quella di Lo scambio di Claudel. Con particolare attenzione T. segue la preparazione dei suoi attori, a cui chiede da un lato una gestualità ieratica per le tragedie, dall’altro una acrobatica, sciolta plasticità per le pantomime e le commedie musicali. Il repertorio del suo teatro, infatti, negli anni immediatamente post-rivoluzionari, segue essenzialmente due linee: l’arlecchinata (riviste, operette, capricci) e la tragedia, sia classica sia contemporanea. Esempi della prima linea: Re Arlecchino di R. Lothar (1917), Principessa Brambilla su temi di Hoffmann (1920), Giroflé-Girofla di Lecocq (1922), L’opera da tre soldi di Brecht-Weill (1930), spettacoli costruiti con un ritmo perfetto, pieni di vita, di eccentriche invenzioni, di trovate sgargianti.

Alla seconda linea appartengono la già citata Salomè di Wilde (1917), Adriana Lecouvreur di Scribe (1919), L’annuncio a Maria di Claudel (1920), Romeo e Giulietta di Shakespeare (1921), dove T. fa un uso elettrizzante della scena a piattaforme della Ekster, Fedra di Racine (1922), L’uragano di Ostrovskij (1924), Santa Giovanna di Shaw (1924), la trilogia di O’Neill (La scimmia villosa, Desiderio sotto gli olmi, Tutti i figli di Dio hanno le ali, 1929). Accusato d’indifferenza politica, costretto da pressioni da parte dei burocrati di partito, si rivolge tardi al repertorio sovietico, inizialmente senza trovare il tono giusto per le regie: Natal’ja Tarpova di S. Semenov (1929), La sonata patetica di N. Kulis, Soldati ignoti di N. Pervomajskij (1932). Finalmente con Una tragedia ottimistica di V. Visnevskij (1933, stupenda scena elicoidale di Ryndin) ottiene un incondizionato successo, trasmettendo un autentico pathos rivoluzionario all’intera compagnia.

Dopo il 1934, con il peggiorare delle condizioni politiche e il rafforzarsi dello stalinismo, la situazione di Tairov si fa sempre più difficile: dopo qualche spettacolo duramente attaccato dalla critica militante, è costretto a ripiegare su modesti testi propagandistici o su grigie riduzioni di classici (Madame Bovary da Flaubert, 1940). Dopo la guerra il suo teatro sopravvive con la messinscena di Il gabbiano di Cechov (1944) e di Il vecchio di Gor’kij (1946), prima di chiudersi un anno prima della morte del suo regista. Particolare interesse suscita ancora oggi Appunti di un regista (1921), dove T. esprime il suo credo sul teatro e sull’arte dell’attore: un testo che ha esercitato un notevole influsso sul pensiero teatrale delle avanguardie europee.

TIM

Il TIM (Teatr Imeni Mejerchol’da, Teatro Mejerchol’d) venne teatro fondato e diretto dal regista Mejerchol’d dal 1920 al 1938. Nasce come Teatro RSFSR 1 nel 1920 con due spettacoli in cui il regista dichiara apertamente la sua adesione incondizionata alla Rivoluzione d’ottobre (Albe di Verhaeren, 1920 e la seconda edizione di Mistero-Buffo di Majakovskij, 1921); nel 1922 diventa Teatro del GITIS con uno spettacolo sperimentale che utilizza le nuove ricerche mejerchol’diane sull’attore (la ‘biomeccanica’) e una scenografia costruttivista, Il magnifico cornuto di Crommelynck (1922); nel 1923 diventa Teatro Mejerchol’d, dove il regista continua, senza soluzione di continuità, con la stessa compagnia e con gli stessi collaboratori, il programma ‘Ottobre teatrale’ (da lui proclamato nel 1920) dove si dichiara sostenitore di un drastico rinnovamento in ogni campo dell’attività teatrale. Dimostra tale volontà proseguendo le ricerche su testi di giovani autori sovietici (che spesso sollecita alla scrittura e con cui collabora alla messa a punto di testi non sempre letterariamente soddisfacenti), attuando messiscene rivoluzionarie dal punto di vista sia delle soluzioni registiche (gestualità, rapporto attore-spazio, musiche e ritmo dello spettacolo) sia della scenografia d’avanguardia (La terra in subbuglio di Martinet e Tret’jakov, 1923; D.E. di Podgaeckij, 1924; Il maestro Bubus di Fajko, 1925; Komandarm 2 di Selvinskij, 1929; La cimice , 1929 e Il bagno di Majakovskij, 1930; L’ultimo decisivo di Višnevskij, L’elenco delle benemerenze di Oleša, 1931; L’introduzione di German 1933).

Contemporaneamente prosegue l’indagine sui classici, cercando di farne affiorare dimensioni inaspettatamente contemporanee con riletture personalissime, dove riferimenti all’attualità politica si mescolano a sottolineature grottesche o a soluzioni spiazzanti (La foresta di Ostrovskij, 1924; Il revisore di Gogol’, 1926; Che disgrazia l’ingegno di Griboedov, 1928; Le nozze di Krecinskij di Suchovo-Kobylin, 1933; La signora dalle camelie di Dumas, 1934; 33 svenimenti , spettacolo di atti unici di Cechov, 1935). A partire dal 1934, con l’irrigidirsi delle posizioni governative in campo culturale e con il rafforzarsi della dittatura staliniana, nemica di ogni avanguardia e di ogni sperimentalismo, il teatro viene regolarmente attaccato dalla critica ufficiale, accusato di `formalismo’, di atteggiamenti antirealistici, di deviazone ideologica. Molti spettacoli, messi in prova (Boris Godunov di Puškin, Voglio un bambino di Tret’jakov), vengono vietati dalla censura, il progetto di un nuovo edificio, con soluzioni innovative sia per la struttura del palcoscenico sia per la disposizione della platea, viene bloccato già in fase di realizzazione: nel 1938 il teatro viene chiuso, Mejerchol’d arrestato l’anno successivo e fucilato.