Gufi,

Gruppo formato da Roberto Brivio (Milano 1938), Gianni Magni (Milano 1942 – ivi 1992), Lino Patruno (Crotone 1935), Nanni Svampa (Milano 1938). I Gufi è qundi un quartetto di teatro-cabaret in attività per soli cinque anni, dal 1964 al ’69, con un fuggevole ritorno nel 1980; eppure, a distanza di trent’anni dal suo scioglimento (per dissapori interni, non per crisi artistica) viene sempre citato e ricordato. Non a caso, ancora oggi, la locuzione `ex Gufo’ accompagna il nome di Brivio, Patruno e Svampa (Magni è scomparso prematuramente) nel riferire della loro attività, in scena o, più raramente, in tv. In quattro, ciascuno con un personaggio ben definito, frutto delle esperienze precedenti la costituzione del complesso. Roberto Brivio, detto il `cantamacabro’ per aver scritto e interpretato canzoni intinte in umor nero, ambientate in camposanto, tra lapidi e loculi, da “Cipressi e bitume” a “Scheletri, amati scheletri”, da “Il cimitero è meraviglioso” a “Vampira tango”. Gianni Magni, il `cantamimo’: gesti precisi e saettanti, un sorriso superdentato (che accentuava una già straordinaria rassomiglianza a Dario Fo), fu il responsabile dei movimenti coreografici del quartetto. Lino Patruno, il ‘cantamusico’, interprete talentuoso di musica jazz stile New Orleans al banjo e alla chitarra, già leader della Riverside Jazz Band milanese. Nanni Svampa, il `cantastorie’, laureato in economia alla Bocconi, ricercatore di motivi popolari lombardi e interprete di un’importante raccolta storica di canzoni milanesi edita negli anni ’70 dalla Durium (“Milanese”, accanto a “Napoletana” di Roberto Murolo e “Romana” di Sergio Centi); traduttore, in lingua e in dialetto meneghino, e interprete, delle canzoni di Georges Brassens.

I Gufi debuttarono in marzo-aprile 1964 nel locale Captain Kidd di Milano, poi, per due anni, ebbero impegni costanti in locali di Milano (Derby, Lanternin), Torino (Los Amigos), Viareggio (La Bussola), Firenze (Cabaret 75). Nel gennaio 1966 l’esordio in teatro, al Fiammetta di Roma, con Il teatrino dei Gufi e nel febbraio 1966 cinque puntate del varietà tv Studio uno e due puntate di Aria condizionata . La tournée di Il teatrino dei Gufi procede da febbraio a maggio nei teatri e d’estate sulle spiagge. Lo spettacolo si replicherà per tutta la stagione successiva con grande successo. Una serie ininterrotta di rappresentazioni, con i quattro che, alla maniera dei Frères Jacques, indossano calzamaglia e bombetta nera, alternano canzoncine e scenette, fondono in un ritmo senza pause le loro esperienze e le loro capacità espressive. Dall’ottobre 1967 al maggio ’68, portano nei teatri della penisola un cabaret scritto con Luigi Lunari, dal titolo Non so, non ho visto, se c’ero dormivo ; nella stagione successiva, si rinnova la collaborazione con Lunari per Non spingete, scappiamo anche noi . I giudizi sono positivi: «Nelle mani dei G. il cabaret ha saputo divenire teatro, nel senso che le successioni di canzoni, il loro collegamento, le entrate e le uscite in palcoscenico, le luci, l’impianto allusivo degli elementi di costume e di trucco, il ritmo dello spettacolo, tutto, sotto la spinta di un’acuta e accorta regia, si compone in organico spettacolo teatrale, in una resa espressiva sostenuta senza smagliature e cedimenti di tono sino alla fine» (“Il Resto del Carlino”). Dopo Non spingete… , il quartetto, per la defezione di Gianni Magni (che tenta una via da solista, con scarsa fortuna), si frantuma. Roberto Brivio torna a cantare in cabaret i suoi macabri, ma anche sapide parodie strappalacrime in un inventato dialetto meridionale (“La ballata di li mammi”, “La ballata di li casalinghi”) o amene rivisitazioni storiche (“Va longobardo”). Passerà poi, con Grazia Maria Raimondi, a proporre spettacoli di operetta e a interpretare, per le feste carnevalesche del comune di Milano, il personaggio di Meneghino, con la Raimondi nel ruolo di Cecca. Nanni Svampa e Lino Patruno, con Franca Mazzola, nell’ottobre 1969 presentano al Piccolo Teatro di Milano e poi in Lombardia un’antologia di canzoni lombarde dal titolo “La mia morosa cara”. Seguirà, con la stessa formazione Svampa-Patruno-Mazzola, lo spettacolo Patampa , in tournée, con canzoni vecchie e nuove.

In repertorio, il motivo “Povero Cristo” di Svampa-Patruno, dai forti toni anticlericali: «Povero Cristo povero Gesù – tu non avevi detto – ascolta tu sei Pietro – e come mio discepolo – tu fonderai la Banca – Cattolica del Veneto»; e ancora non s’era parlato dello scandalo Ior e di monsignor Marcinkus. Altro spettacolo di intensa forza satirica, nel 1974, fu Pellegrin che vai a Roma , testi di Svampa e Michele L. Straniero per la regia di Fulvio Tolusso, con Svampa-Patruno in ditta e una compagnia con Rita De Simone, Maria Grazia Bon, Remo Varisco, Raffaele Fallica, Augusto Bonardi e, nel ruolo di venditore-guardia svizzera-poliziotto-paramilitare, il pianista Gaetano Liguori, oggi tra le più rappresentative figure del jazz italiano. Nel 1980-81, su sollecitazione amichevole del settimanale “Telepiù”, ci fu una ricomposizione del quartetto, per una serie di trasmissioni televisive realizzate negli studi di Antenna 3 Lombardia, antenna privata all’epoca diretta da Enzo Tortora, che in diretta presentava varietà di successo, da Ric e Gian show a La bustarella con Ettore Andenna, da Il pomofiore con Lucio Flauto e Il bingo con Renzo Villa a cabaret con coppie di comici esordienti: Zuzzurro e Gaspare, Massimo Boldi e Teo Teocoli, per la regia di Beppe Recchia. La rentrée dei G. ebbe successo, e procurò scritture anche in Rai. Poi le strade dei quattro interpreti si divisero ancora, e per sempre. Brivio interpreta operette, Patruno suona jazz e cura colonne sonore, Svampa ripropone Brassens e il folclore lombardo.