Testori

Giovanni Testori inizia la sua attività come critico d’arte (si era laureato alla Cattolica, con una tesi sul surrealismo, nel 1947) e come scrittore di racconti. Il debutto teatrale avviene nel 1948, al Teatro della Basilica di Milano, con Caterina di Dio, interpretato da Franca Valeri, regia di Enrico D’Alessandro. Nel 1949 scrive Tentazione nel convento, il cui dattiloscritto, arrivato ad Andrée Ruth Shammah, nel 1993, viene realizzato da Rosa Di Lucia. Nel 1954 pubblica Il Dio di Roserio e, nel 1958, Il ponte della Ghisolfa. Nel 1960, Castellani compra i diritti della Gilda del Mac Mahon e progetta di realizzarne un film con Sofia Loren. Nello stesso anno vanno in scena: al Piccolo Teatro di Milano La Maria Brasca , con Franca Valeri e regia di Mario Missiroli; al Teatro Eliseo di Roma L’Arialda, con Rina Morelli, Paolo Stoppa, Lucilla Morlacchi e regia di Luchino Visconti (i due testi verranno ripresi dalla Shammah: Arialda nel 1976 e Maria Brasca nel 1992 con Luisa Rossi e Adriana Asti nei ruoli di protagonista).

Nel 1961 la censura blocca a Milano l’Arialda, creando un vero e proprio `scandalo’. Nel 1967, al Teatro Bonci di Cesena, la Compagnia Brignone-Fortunato-Fantoni realizza la Monaca di Monza, regia di Visconti, che ebbe forti dissidi con l’autore. Il 1969 è l’anno dell’ Erodiade, scritta per Valentina Cortese, ma che sarà realizzata – totalmente riveduta – con la regia dell’autore (in collaborazione con Emanuele Banterle) nel 1984, con Adriana Innocenti protagonista. Nel 1972 avviene l’incontro con Franco Parenti e Andrée Ruth Shammah, per i quali scrive l’ Ambleto che inaugurerà il Pier Lombardo (16 gennaio 1973), al quale farà seguire il Macbetto (1974) e l’Edipus (1977). La Trilogia degli Scarozzanti ebbe un esito trionfale.

Nel 1978 scrive, per Renzo Ricci, Conversazione con la morte, che sarà invece letta dall’autore, al Salone Pier Lombardo, per la scomparsa del grande attore. Con la Compagnia dell’Arca, nel 1979, va in scena Interrogatorio a Maria , nella Chiesa di S. Stefano a Milano, con la regia di Emanuele Banterle; successivamente viene rappresentata a Castelgandolfo, con Giovanni Paolo II ospite d’eccezione. Nel 1981 va in scena Factum est, con Andrea Soffiantini, regia di Emanuele Banterle. Nel 1983 Testori costituisce la Compagnia degli Incamminati, con la quale realizza: Post Hamlet al Teatro di Porta Romana. L’anno successivo, con Franco Parenti, Lucilla Morlacchi e la regia della Shammah, va in scena I promessi sposi alla prova (ripresa nel 1993, con Gianrico Tedeschi e Marianella Laszlo).

Nel 1985 riceve il premio Renato Simoni `Una vita per il teatro’; nel 1986 viene rappresentato al Porta Romana Confiteor, protagonista Franco Branciaroli, per il quale Testori scriverà anche: In exitu (1988, Teatro della Pergola), Verbò (1989, Piccolo Teatro di Milano, in cui Testori debutta come attore), Sfaust (1990, Teatro Nazionale di Milano). I tre testi sono anche noti come la Branciatrilogia . Nel 1991 va in scena, al Teatro Goldoni di Venezia, Sdisorè, prodotto dagli Incamminati, con Franco Branciaroli e con la regia dell’autore in collaborazione con Emanuele Banterle. Nel 1992 pubblica Gli angeli dello sterminio, a cui seguiranno i Tre lai (Cleopatràs, Erodiàs, Mater Strangosciàs), che verranno realizzati da Adriana Innocenti, all’Umanitaria di Milano; Cleopatràs verrà ripreso dalla Compagnia I Magazzini (1996), con la regia di Tiezzi e l’interpretazione di Sandro Lombardi, che, nel 1994, aveva riproposto l’Edipus.

Nel 1998, a cinque anni dalla morte, Franco Branciaroli ed Emanuele Banterle realizzano, sulla scena del Franco Parenti, un montaggio drammaturgico di suoi testi, curato da Giovanni Agosti, con la regia di Banterle; Andrée Ruth Shammah, invece, sotto il Ponte della Ghisolfa, cura una riduzione di La Gilda del Mac Mahon, con Franca Valeri, Maddalena Crippa e la partecipazione dei Legnanesi. La drammaturgia di Testori costituisce uno dei momenti più alti del teatro italiano del secondo Novecento, la cui matrice ideologica è, forse, da ricercare in un saggio apparso nel giugno del 1968 in “Paragone” (n. 219): Il ventre del teatro. Come sceneggiatore cinematografico firma la sceneggiatura di Bubù , con la regia di Bolognini, scrive una sceneggiatura dell’ Amleto (il film, però, non sarà mai realizzato) e un soggetto originale: L’altra stagione che non avrà seguito.

Ha scritto Giovanni Raboni: «Nessuno è stato tanto fecondo nel reinventarsi e feroce nel ripudiarsi, tanto incapace, incapace sino alla prodigalità, sino allo sperpero, di ripetersi, di mettersi a profitto, di capitalizzarsi». Sono parole chiare che sottolineano il carattere sperimentale della drammaturgia di Testori che, pur tra antinomie e contraddizioni, viene anche evidenziato dalla presenza ossessiva del corpo, portato sulla scena, in tutta la sua carica fisiologica, ma anche drammaturgica; nel senso che l’uso del corpo si trasforma in azione. Il suo teatro, quindi, appare come un viaggio dentro il corpo, quasi un viaggio monomaniaco, segnato, o meglio, scandito dal tempo: quello degli anni ’60 (Maria Brasca, Arialda); quello degli anni ’70 (la trilogia maledetta: Ambleto, Macbetto, Edipus ); quello della conversione (Factum est, L’interrogatorio a Maria); quello del disfacimento (Sfaust). È un corpo che si mostra in tutta la sua prodigalità, che si innalza e si abbassa e che non rinuncia mai al ventre, quello del teatro. In questo senso, viene da pensare ad Artaud, a Grotowski, con i quali la drammaturgia di Testori ha sicuri punti di contatto.