Kammerspiel

Con il termine Kammerspiel nei Paesi di lingua tedesca si indica un particolare `teatro da camera’ che, rispetto a quello tradizionale, predilige l’analisi dei moti interni dell’animo e delle dinamiche psicologiche in un’atmosfera intima e raccolta. Proponendosi di trasferire il carattere della musica da camera nella drammaturgia, il Kammerspiel nasce come `teatro di poesia’ che si oppone radicalmente a tutte le logiche di un teatro inteso come impresa commerciale; ne deriva il rifiuto del divismo e degli eccessi di protagonismo degli attori, che in scena devono abbandonare la recitazione a piena voce per lasciar posto a un dialogare sommesso, ricco di sottili sfumature vocali, nel rispetto della omogeneità e dell’equilibrio d’insieme. Inteso come stile registico, il Kammerspiel  si impone con M. Reinhardt che nel 1906 inaugura i Kammerspiele del Deutsches Theater a Berlino con Spettri di Ibsen.

Esplorando in tale direzione (chiaroscuro psicologico dei personaggi, toni discreti e velati), Reinhardt giunge a costruire un vero e proprio contrappunto intimista alla sua cifra registica sontuosa e spettacolare; l’espressività mimica lieve e sfumata si sostituisce ai movimenti coreografici fastosi e alle scenografie imponenti, con il compito di evocare intense atmosfere poetiche. Inteso invece come genere drammatico, il Kammerspiel presenta un repertorio estremamente vario nello stile e nelle intonazioni; accanto a testi di carattere psicologico o spirituale se ne trovano altri di impegno e polemica sociale, dai Kammerspiele di Strindberg a Risveglio di primavera di Wedekind, da Periferie di Frantisek Langer (1925) alla caustica Revue zu Vieren di Klaus Mann (1927).