Vincent

Con J. Jourdheuil e la compagnia del Théâtre de l’Espérance, tra il 1968 e il ’69, Jean-Pierre Vincent mette in scena classici: Brecht (La notte dei piccoli borghesi e Tamburi e trombette), Marivaux, Goldoni, Labiche e lancia nuovi autori come S. Rezvani (Le Camp du drap d’or , Festival d’Avignone 1971; Capitaine Schelle , Capitaine Eçço , Théâtre National Populaire, Parigi, 1971), e J. C. Grumberg (En r’venant d’l’expo , Théâtre Ouvert, Festival di Avignone, 1973). In un clima culturale fortemente connotato dalle ideologie V. vuole restituire allo spettatore il piacere del teatro e l’intelligenza del sorriso, così come Chéreau, Sobel e Vitez, andando alla ricerca di un nuovo `spirito classico’. Al Théâtre National de Strasbourg, che dirige tra il 1975 e il 1983, sono in cartellone Germinal (adattamento dal romanzo di Zola, 1975), il Misantropo (1977), Un livre à vue e Palais de la Guérison di S. O’Casey (1978), Vichy-Fictions: violences à Vichy (1980), Le Palais de justice (1981), Dernières nouvelles de la peste di B. Chartreux (1983). Di quest’ultimo autore, così come di De Musset, Sofocle e Büchner, Vincenti mette in scena altre opere al Théâtre des Amandiers di Nanterre, del quale accetta la direzione in sostituzione di P. Chéreau, dopo un travagliato triennio alla Comédie-Française (1983-1986). Vi torna dieci anni dopo, allestendo Léo Burckart (1996), un’opera poco conosciuta di G. de Nerval.