Prampolini

Nella poetica del teatro futurista, avviata da Marinetti con la messinscena di Roi Bombance nel 1909 (anno in cui pubblicò Poupées électriques ) e con il Manifesto del teatro di varietà del 1913, ha inizio l’attività di Enrico Prampolini scenografo, con due bozzetti di costume motorumorista per `coreografie futuriste’: un bozzetto di scena e un costume `fono-dinamici’ del 1914. Nel 1915 P. pubblicò il manifesto Scenografia e coreografia futurista , dove affermò il valore della scena dinamico-cromatica, più incline all’esaltazione pantomimica che alla parola, in un dinamismo scenico che guardava all’allora giovane cinema (nel 1916 infatti collaborò con A.G. Bragaglia a Perfido incanto e Thaïs e pubblicò il Manifesto della cinematografia futurista ). Risalgono al 1917 i bozzetti per la sua prima scenografia teatrale, La vita dell’uomo di Andree. Considerando la marionetta lo strumento più idoneo alla propria concezione teorica, ne concretizzò i risultati espressivi nel dramma simbolico per marionette Matoum et Tévibar di A. Birot (1919). Seguì un’intensa attività di scenografo, scenotecnico e costumista al `Teatro del colore’ di Achille Ricciardi, dove sviluppò la propria ricerca di una scenografia risolta attraverso ritmi espressivi di luce-colore, verso una totale astrazione che lo portò a sostituire l’attore con fasci di luce in movimento, come il personaggio della Morte ne L’intrusa di Maeterlinck.

Ricordiamo inoltre L’après-midi d’un faune da Mallarmé, poema danzato con un declamato di voce fuori campo in luogo della musica, e Le bateau ivre , ispirato al poema di Rimbaud (1920). Nel 1921-1922 disegnò le scenografie e i costumi per il Teatro Sintetico Futurista, che mise in scena Antineutralità e Vengono di Marinetti, Parallelepipedi di P. Buzzi, Giallo+rosso+verde e Il pranzo di Sempronio di Settimelli, rappresentati al Teatro Svandovo di Praga, dove P. ebbe modo di sperimentare il palcoscenico girevole per la simultaneità dell’azione. Nel manifesto Atmosfera scenica futurista del 1924, mosso dall’esigenza di un rigoroso astrattismo, affermò la necessità di una scenografia elettrodinamica di «elementi plastici luminosi in movimento nel cavo teatrale», per inscenare quel “rito meccanico” che aveva assunto le tinte dell’appassionata utopia: «il teatro poliespressivo futurista sarà una centrale ultrapotente di forze astratte in gioco». Su questa linea P. portò le proprie visionarie e provocatorie proposte di messinscena nei teatri di Vienna, Praga, Parigi, New York. Progettò il modello del `Teatro Magnetico’, edificio dedicato alla scena astratta futurista che proseguiva le tesi di Gordon Craig e di altri innovatori della scenografia: esposto a Parigi nel 1925, gli valse il Grand Prix Mondiale pour le Théâtre.

Nel 1927 diede vita al Teatro della Pantomima Futurista, dove ideò suggestive soluzioni scenodinamiche tra cui si ricordano Tre momenti (1927), con la musica di F. Casavola e il `rumorarmonio’ di L. Russolo, dove P. fu anche coreografo, Coctail di Marinetti, musicato da S. Mix (1927), e L’ora del fantoccio con musica di A. Casella (1928). Fu anche autore della pantomima Il mercante di cuori (musica di Casavola), dove utilizzò in scena proiezioni cinematografiche in nome di una ancor più viva adesione all’estetica della macchina. Si affermò in seguito come scenografo nei più noti teatri italiani, lavorando a opere liriche e balletti, intrecciando rapporti estetici con l’astrattismo, il costruttivismo, il cubismo, il neoplasticismo. Ricordiamo tre lavori di Casavola ( Il castello nel bosco , 1931; Salammbô , 1948; Bolle di sapone , 1953), la `prima’ de I capricci di Callot di G.F. Malipiero (Roma, Teatro dell’Opera 1942) e La sonnambula di Bellini per il Maggio musicale fiorentino (1942).

Bragaglia

Anton Giulio Bragaglia aderì al movimento futurista e nel 1918 fondò la Casa d’arte Bragaglia a Roma, luogo di promozione artistica attraverso mostre e conferenze. Dal 1916 al 1922 diede vita alle riviste “Ruota” e “Cronache d’attualità”, che si occupava di problemi d’arte, di teatro e di cultura. Impegnò le sue forze soprattutto nel rinnovamento del teatro per mezzo di nuove soluzioni scenotecniche e scenografiche, dando così risposta all’esigenza del tempo di ammodernamento del palcoscenico, in polemica con lo stile dei mattatori e con il loro repertorio commerciale. Secondo B., che sostenne questa tesi in numerosi interventi, il teatro era qualcosa di diverso dalla produzione letteraria ed in quanto tale doveva essere affidato ad un `corago’, piuttosto che ad uno scrittore. Nel 1922 fondò, nelle cantine di Palazzo Tittoni, il Teatro degli Indipendenti, dove i protagonisti di testi scritti da letterati erano attori dilettanti. L’esperienza, che si concluse nel 1931 con La veglia dei lestofanti di Brecht, permise la messa in scena di lavori, tra gli altri, di Strindberg, Turgenev, Schnitzler, Unamuno, Apollinaire, Jarry, O’Neill, Pirandello (L’uomo dal fiore in bocca, All’uscita ) e Campanile (Centocinquanta la gallina canta, Il ciambellone, L’inventore del cavallo). Dopo aver scritto alcuni saggi di critica teatrale, nel 1937 assunse la direzione del Teatro delle Arti, dove allestì testi italiani poco rappresentati e copioni di autori contemporanei. Per il cinema firmò tre regie: Perfido incanto e Thais (entrambi del 1916) e Vele ammainate (1931). Alla tecnica della fotodinamica dedicò alcuni studi.