Piscator

Erwin Piscator nasce in una famiglia borghese, composta per lo più da pastori protestanti o bottegai. Prima delle scoppio della Grande Guerra il giovane Erwin, che è studente universitario, frequenta a Monaco la Scuola di teatro. Ma gli orrori del conflitto di cui è diretto testimone lo inducono a ricercare un’arte più legata ai bisogni della vita. Diventato pacifista, Piscator, che ormai vive a Berlino, è subito coinvolto nella ribellione dadaista alla cultura codificata, alla quale partecipa anche un grande pittore come George Grosz. La sua attenzione punta immediatamente al valore politico, propagandistico, `educativo’ del teatro, dunque ben al di là del ribellismo individualistico espressionista. Così fra il 1920 e il 1921 dirige a Berlino il Teatro Proletario che si pone come fine un’arte popolare in forte contrapposizione con quella borghese. Sovvenzionato dai suoi iscritti, gestito da un collettivo, perseguitato dall’ostilità politica, il teatro deve chiudere i battenti.

L’astro di Piscator comincia ad affermarsi quando entra alla Volksbühne dove dirige alcuni spettacoli che ne visualizzano lo stile a partire dal dramma di A. Paquet Bandiere , sulle lotte degli operai di Chicago per la conquista delle otto ore lavorative. Qui usa, per la prima volta, le proiezioni fisse come commento e riflessione all’azione scenica. Più tardi in A onta di tutto (Trotz alledem!), un testo collettivo e politico-propagandistico, inserirà anche il film costruendo uno spettacolo-montaggio. Lavora drammaturgicamente sui testi prescelti, siano essi romanzi o classici, intervenendovi anche pesantemente, per sperimentarne la contemporaneità. Atteggiamento che gli costerà l’allontanamento dalla Volksbühne. Con l’aiuto di finanziatori privati fonda, nel 1927 in Nollendorfplatz la Piscator-Bühne dove istituisce un collettivo di drammaturgia del quale fanno parte, fra gli altri, Bertolt Brecht e Alfred Döblin. Qui mette in scena alcuni fra gli spettacoli ai quali è legata la sua fama, da Oplà noi viviamo ! di Ernst Toller (1927), celebre anche per la scenografia simultanea, che riproduce sul palcoscenico la facciata scoperchiata di un albergo. La scena multipla si ritroverà anche in Rasputin, dove rappresenta sul palcoscenico adirittura una sfera-mondo, mentre in Schweyk (1928, adattamento di Brecht), cercherà di adattare al teatro i nuovi materiali, le innovazioni tecnologiche che in quegli stessi anni il Bauhaus usa nell’arte, nel design e nell’architettura. Del resto è proprio in sintonia con le nuove tecnologie che progetta con il grande architetto Walter Gropius, un `Teatro totale’ in cui lo spettatore si trovi inserito da protagonista all’interno di una sofisticata, avveniristica macchina teatrale.

L’avvento del nazismo spinge questo regista, allo stesso tempo discusso e osannato, all’esilio prima in Unione Sovietica, dove gira il film La rivolta dei pescatori di Santa Barbara (1934), poi a Parigi e di lì a New York dove apre un Workshop teatrale frequentato da un giovanissimo Marlon Brando, prima dell’Actors’ Studio, da Tennessee Williams, destinato a diventare uno dei massimi drammaturghi americani contemporanei, e da Judith Malina che negli anni ’60 fonderà con Julian Beck il Living Theatre. Coinvolto nel clima di caccia alla streghe fomentato dalla Commissione del generale McCarthy, Piscator ritorna nel 1951 a Berlino Ovest dove lavora, soprattutto da regista ospite, mettendo in scena testi contemporanei come I sequestrati di Altona di Sartre (1960), ma anche Come tu mi vuoi di Pirandello (1957) e ancora una volta I Masnadieri di Schiller (1957). Diventato sovrintendente della Volksbühne firma le regie delle prime rappresentazioni assolute di Il vicario di Hochuth sulla corresponsabilità del papa nelle deportazioni degli ebrei, dell’ Istruttoria di P. Weiss sugli orrori dei campi di streminio e di Sul caso di Julius Robert Oppenheimer sulle responsabilità della scienza, dove ha modo di mettere in luce la sua predilezione per un teatro politico, coscienza critica di una Germania che avrebbe preferito essere senza memoria.