Rastelli

Enrico Rastelli è considerato il più grande giocoliere di tutti i tempi. Dopo una formazione a tutto campo, avvenuta soprattutto in Russia nei piccoli circhi itineranti dove era scritturata la sua famiglia (a San Pietroburgo riceve persino lezioni di danza da un giovanissimo Nijinskij), nel 1915 R. incontra un giocoliere giapponese, Takashima, dal quale apprende le antiche tecniche della giocoleria orientale, oltre a un enorme rispetto e considerazione per il proprio lavoro. Questi requisiti, insieme a un’innata e spiccatissima predisposizione e a un’incredibile costanza negli allenamenti, lo portano a eseguire virtuosismi mai più eguagliati, come la giocoleria di otto piatti realizzata con un vaso in equilibrio sulla fronte, saltando la corda con una gamba, mentre l’altra è impegnata a far roteare un cerchio.

Dopo un breve tirocinio in Italia con gli impresari Gatti e Manetti, Rastelli lascia definitivamente il circo per i più remunerativi teatri di varietà e inizia a esser noto soprattutto all’estero, dove ottiene il maggior numero di scritture negli anni ’20; Usa, Francia e Germania sono le nazioni dove riscuote maggior successo esibendosi nelle più prestigiose sale di spettacolo, quali il Palace di New York, il Medrano di Parigi e il Wintergarten di Berlino. Il 1931 pare l’anno destinato a segnare la sua consacrazione anche in patria, grazie a un contratto con la potente ditta Suvini – Zerboni; ma pochi giorni dopo il suo debutto al teatro Duse di Bergamo, Rastelli muore per una forma di emofilia congenita, ma maturata in seguito a una lieve ferita riportata in scena durante un’esibizione. Oltre che per gli incredibili virtuosismi, Rastelli è ricordato per l’introduzione nella giocoleria dei concetti di essenzialità, velocità ed eleganza, in assoluto contrasto con le lente e macchinose esibizioni dei nerboruti giocolieri del tempo. Le perfette simmetrie degli oggetti che giocolava e dei movimenti del suo corpo lo pongono fra i pochi artisti di circo e di varietà a essere frequentemente ricordato negli scritti di molte personalità della cultura di allora, come Colette, Jean Cocteau, Oskar Schlemmer (che fece adottare il training del giocoliere ai propri allievi di teatro), oltre ai nostri Orio Vergani e Vito Pandolfi.

giocoliere

La giocoleria è fra le discipline circensi che richiedono più costanza e perseveranza. I progressi sono in genere lenti e frutto di grande sacrificio e gli artisti dediti a essa devono continuamente sottoporsi a prove e allenamenti estenuanti dal punto di vista non solo corporeo ma anche mentale. Nel proprio specifico campo quella del giocoliere è la specialità più suscettibile di variazioni. I giocolieri spesso cambiano i tipi di oggetti che giocolano, il numero di essi, il modo di presentarsi in pubblico e così via, creando una quantità praticamente illimitata di sotto generi (fra i quali la giocoleria con i piedi detta `antipodismo’). La giocoleria è una delle prime tecniche dello spettacolo del corpo, tanto che il reperto più antico pare essere quello dei graffiti rinvenuti in Egitto nella tomba di Ben Hassani, datati attorno al 2.040 a.C. Nel nostro secolo la disciplina ha avuto degli sviluppi importanti. Fino alla seconda guerra mondiale, nei circuiti dei teatri di varietà i g. affinano le loro esibizioni presentando non più dei normali numeri ma dei piccoli atti unici nei quali rappresentano anche dei personaggi. Questo dà loro la possibilità di cambiare più volte l’esibizione nel corso della carriera, inventando delle ossature diverse nelle quali inserire gli stessi salti mortali e le stesse giocolerie. Appaiono i giocolieri `patriottici’, in uniformi militari (fra i quali Paul Conchas); i g. `eleganti’, in abiti da sera (Cinquevalli, Kara, Spadoni); persino i giocolieri `da ristorante’, con scenografie e attrezzi chiaramente ispirati a quelli di una sala da pranzo (i Perezoff). Poi, per rappresentare quelle attività ludiche ormai parte della vita quotidiana, nascono i g. `sportivi’. Tutte le catalogazioni possibili non sarebbero comunque sufficienti a descrivere tutte le tipologie e l’enorme intreccio di famiglie, di troupes, di artisti istruiti da un loro predecessore e a loro volta maestri di altri, che affollano le piste dei circhi e soprattutto le scene dei teatri di varietà nel periodo d’oro della disciplina.

Una grande inversione di tendenza avviene con il più importante giocoliere del secolo, Enrico Rastelli il quale, attorno agli anni ’20, toglie alla giocoleria la caratteristica di piccolo atto unico per restituirle invece l’ingenuità di un’esibizione astratta, senza simboli, al di là e al di sopra d’ogni possibile interpretazione. Se la cultura italiana avesse adeguatamente valorizzato l’arte circense, Rastelli occuperebbe probabilmente un posto nella storia dello spettacolo italiano fra Scarpetta e Petrolini. Il circo, che fornisce tanti stimoli agli esponenti della seconda generazione della regia teatrale, porta chiari segni della sua arte, soprattutto nell’accezione del ritmo e della sveltezza. Oggi sembra normale che un giocoliere usi certi attrezzi e abbia uno stile improntato soprattutto sulla velocità, ma ciò è dovuto alla rivoluzione della disciplina avviata da Rastelli. Durante i suoi ultimi anni di vita la sua fama origina numerosi emuli che cercano di imporsi utilizzando il suo stile o le sue tecniche. Fra gli italiani si ricordano: Massimiliano Truzzi e Paolo Bedini. Anche nel secondo dopoguerra la maniera dominante rimane quella impostata dal grande artista italiano. Attrezzi imperanti di questo periodo sono le clave, che avevano sostituito i bastoni, le palle di diverse dimensioni e i cerchi; lo stile rimane quello rapido ed essenziale dell’italiano. Sui detriti delle sue tecniche lavorano Angelo Piccinelli, Eduardo Raspini, Alberto Sforzi e Gilberto Zavatta. In seguito la tipologia si distingue in diversi stili: quello sudamericano tutto velocità e temperamento (iniziato da Rudy Cardenas, proseguito, fra gli altri, dagli Alegria e gli Alvarez); quello russo: tecnica e ricerca dell’organicità (dagli istruttori Violetta Kiss e Nikolai Ernestowitsch Baumann, all’allievo Sergei Ignatov, fino al giovanissimo Nikolai Gerassimov); quello minimalista inaugurato dai Kremo, con numerosi emuli; quello orientale della pura ricerca della perfezione (i fratelli Jianping, Jianhua e Jianwen Qian).

Ultimo virtuoso della giocoleria tecnica è il giovane americano Anthony Gatto capace di esercizi da guinness ma dotato di poca eleganza nella presentazione. Negli anni ’70, collegato al fenomeno del `Nuovo Circo’, nasce il trend americano dei Fantasy Jugglers. Il giocoliere torna in strada e all’aria aperta per ritrovare freschezza e spontaneità nel contatto con il pubblico. Interpreti più rappresentativi sono i Karamazov Bros, i Bay City Red, i Passing Fancys, i Wimbledon Bros e gli Airjazz. Grande fama la conquista Philip Petit . Da segnalare gli americani Paul Binder e Michael Christensen, poi fondatori del Big Apple Circus. Ma più di tutti dona una nuova impronta alla disciplina il fantasy juggler americano Michael Moschen che, traendo spunto dai più moderni aspetti del mimo e della danza contemporanea, presenta accattivanti giocolerie con il fuoco e ipnotiche combinazioni con tre piccole sfere di cristallo. L’uso di elementi naturali come il fuoco o perfetti come le palle traslucide, dona in qualche maniera al numero di Moschen una qualche connotazione metafisica.