Vacis

Gabriele Vacis si è laureato in architettura ed è tra i fondatori del Laboratorio Teatro Settimo. Promotore e direttore di festival teatrali, coniuga le proprie conoscenze specialistiche con lo specifico teatrale e nella prima metà degli anni ’80 realizza alcuni progetti urbanistici (la Città Laboratorio e il Piano di ambiente culturale) per la città di Settimo. Per la sua compagnia ha curato tra l’altro la regia di: Esercizi sulla tavola di Mendeleev (1984), Elementi di struttura del sentimento (da Goethe, 1985), Riso amaro (1986), Libera nos (da L. Meneghello, 1989), La storia di Romeo e Giulietta (da Shakespeare, 1991), Sette a Tebe (Eschilo, 1992), Villeggiatura, smanie, avventure e ritorno (da Goldoni, 1993), Novecento (di A. Baricco, 1994), Tartufo (di Molière, 1995), Uccelli (da Aristofane, 1996).

Partecipa, tra l’altro, alla creazione degli spettacoli di M. Paolini, e in particolare all’allestimento del Racconto del Vajont (1994), premio Ubu e premio Idi, trasmesso da Raidue nell’ottobre del ’97 (ma ha curato l’adattamento televisivo assieme a Felice Cappe. In veste di coautore e/o di regista segue e accompagna anche il lavoro personale di scrittura e interpretazione di L. Curino, R. Tarasco e A. Zamboni, che gravitano intorno all’attività di Teatro Settimo, ma anche di L. Costa (Stanca di guerra nel 1996 e Un’altra storia nel 1998), V. Moriconi e M. Venturiello (La rosa tatuata di T. Williams, per lo Stabile delle Marche). Alla prolifica attività di allestitore, con incursioni anche nell’opera (tra le altre regie si ricordano la Lucia di Lammermoor di Donizetti, messa in scena nel ’93 per l’Arena di Verona, ma anche le collaborazioni con N. Campogrande e D. Voltolini nell’opera da camera Macchinario, del ’95, e nel melologo Messaggi e bottiglie , 1997), affianca un’attività di ricerca teorica e pratica a tutto campo che si esplicita nell’attività didattica (alla Scuola d’arte drammatica `P. Grassi’ di Milano e alla Holden di Torino) e nei frequenti momenti seminariali presso varie università.

All’origine della sua idea di teatro, che molto deve alle suggestioni ricavate dallo studio dell’architettura e al neorealismo che ispirava esplicitamente i suoi primi spettacoli, vi è anche la riscoperta linguistica degli elementi popolari del canto, della narrazione e della musica sperimentati e `riversati’ nel lavoro drammaturgico e attorale.