Benassi

Abbandonati gli studi di violoncello, Domenico Benassi debuttò giovanissimo nella compagnia di Gualtiero Tumiati, per poi essere scritturato dalla Carini-Gentilli. Decisivo fu il suo incontro con Eleonora Duse, con la quale fu Osvaldo negli Spettri di Ibsen e Leonardo ne La città morta di D’Annunzio durante la fatale tournée americana del 1924. Attor giovane con Irma e Emma Gramatica, fu poi accanto a Rina Morelli, Laura Carli, Diana Torrieri, Evi Maltagliati, Elena Zareschi in testi che svariavano da Dumas a Pirandello, da Forzano a O’Neill, da Gozzi a Sartre. Attore estroso e poliedrico, con qualcosa del keaniano genio e sregolatezza, era capace di una replica annoiata all’indomani di un’interpretazione sublime; di cimentarsi con i classici senza precludersi al nuovo; di simulare improvvisazione dietro una preparazione meticolosa, spinta fino a esasperazioni maniacali. Alla costante ricerca di sempre più affinati mezzi espressivi abbinò il contraddittorio risvolto di qualche concessione compiaciuta alla risonanza mattatoriale, soprattutto quando non dovette misurarsi con registi del rigore di Copeau, Simoni, Salvini, Visconti, Costa. Nella sua quasi cinquantennale vicenda di palcoscenico – accompagnata da qualche esperienza cinematografica – si confrontò con centinaia di autori, prediligendo Molière, D’Annunzio, Cechov, Pirandello, O’Neill, ma conseguì forse i massimi traguardi sul versante shakespeariano, dove fu un anticonformistico Amleto, un indimenticabile Shylock nel Mercante di Venezia con la regia di Max Reinhardt e un forse insuperato Malvolio ne La dodicesima notte. Il destino dispose che la sua avventura umana e artistica si concludesse nella congeniale personificazione del maligno Don Marzio nella goldoniana Bottega del caffè .