Cinese

La Cina è formata da ventuno province, cinque regioni autonome e tre municipalità, e in essa agiscono oltre cento compagnie acrobatiche, non controllate da un unico organismo, seppure sotto la responsabilità del Ministero della Cultura. Le compagnie si esibiscono su palcoscenico; i tendoni utilizzati sono rari. Esiste un unico circo stabile, a Wuhan. La compagnia del Circo Cinese, nucleo centrale dell’attività acrobatica in Cina, è formata da un minimo di quaranta fino a un massimo di circa centocinquanta persone. Di solito viene divisa in due settori distinti, di lavoro e di formazione. Nel gruppo di formazione si insegnano le varie discipline dell’acrobazia ad allievi molto giovani, ai quali vengono messe a disposizione tutte le facilitazioni per perfezionare la loro arte. Grazie alla commistione con altre forme culturali, l’acrobazia è diventata una forma d’arte composita e armoniosa. D’altronde proprio in questa nazione, già nella prima metà del Settecento, le arti dell’acrobazia venivano praticate e insegnate insieme a quelle del canto, della danza e della recitazione nel famoso Giardino dei peri; anche per questo, nei numeri acrobatici cinesi, sono frequenti le citazioni e i riferimenti a miti e leggende popolari o a temi ricorrenti dell’Opera di Pechino. Del resto la grande tradizione acrobatica asiatica ha avuto le sue antiche origini soprattutto in Cina, ed è qui che sono avvenute le trasformazioni più interessanti del nostro secolo. Negli ultimi anni della dinastia Qing, ovvero all’inizio del ‘900, la Cina non riesce a offrire dignitose condizioni sociali ai propri giocolieri, i quali si esibiscono soprattutto in tendoni itineranti simili a quelli europei, ma immersi nella più cupa miseria.

Gli artisti cinesi riescono a ottenere una certa considerazione e un certo status solo nel 1949, quando, con l’avvento di Mao Tse-tung e la nascita della Nuova Cina, viene messa in opera la nazionalizzazione di tutti i complessi acrobatici. La prima esibizione del genere nella Nuova Cina viene organizzata nel 1950 a Pechino, su ordine del primo ministro Zhou Enlai. La compagnia è formata da acrobati provenienti da diverse province e i numeri eseguiti nel corso della rappresentazione sono stati selezionati dallo stesso primo ministro, secondo criteri di validità e moralità: severe censure vengono applicate sui numeri carichi di emozioni troppo crude («L’acrobazia dovrebbe dare al popolo un piacere estetico e una sensazione piacevole. Né deformità né stimoli troppo forti devono essere usati per attirare il pubblico»). Zhou Enlai appare così un precursore della moderna tendenza circense verso forme più raffinate di spettacolo. Grazie alla sua determinazione vengono del tutto eliminate le esibizioni dei fenomeni della natura, così come tutti gli eccessi di fachirismo o di esibizioni analoghe, basate su sensazioni brutali. Dall’arte acrobatica viene inoltre eliminata ogni seppur minima componente di rischio e si introducono rigorose norme di sicurezza. Il motto degli acrobati di tutta la Cina diviene: «Lasciamo che sboccino cento fiori, strappiamo le vecchie erbacce e avanziamo nel nuovo». I numeri devono essere semplici, eseguiti con grazia, senza forme eccessive di protagonismo individuale. Inoltre gli spettacoli delle compagnie di ogni singola provincia devono caratterizzarsi con sapori e colori tipici delle proprie tradizioni. Così uno stesso numero, eseguito da complessi di varia provenienza, può apparire del tutto diverso e portare nuovi motivi di interesse. Il successo della prima compagnia acrobatica ispira la nascita di gruppi simili in tutto il territorio cinese. Secondo alcune statistiche, in Cina sono oggi attivi più di dodicimila artisti, impegnati in una varietà incredibile di discipline, con oltre duecento sottogeneri differenti.

L’acrobazia ha avuto un ruolo importante negli scambi culturali fra la Cina e gli altri Paesi; anche in momenti difficili per le relazioni internazionali, le compagnie di acrobati cinesi sono state ben accolte dal pubblico di diverse nazioni. La Cina è, assieme all’Urss prima e alla Russia poi, la nazione che più di ogni altra ha fatto man bassa di premi nelle varie manifestazioni e festival di circo e di arte acrobatica, fioriti un po’ ovunque negli ultimi vent’anni. I numeri inviati ai festival internazionali vengono accuratamente selezionati attraverso manifestazioni a carattere nazionale, alle quali prendono parte decine di numeri e centinaia di artisti e dove la competitività fra le diverse province è spinta al massimo, a motivazione di grandi stimoli. Interessante, da un punto di vista antropologico, quel che accade a Wuqiao, Liaocheng, Yancheng e Tianmen, località che godono dell’appellativo di `case dell’acrobazia’: tutti gli abitanti eseguono per la strada esercizi acrobatici e di giocoleria, come giocassero al pallone o a nascondino.

Opera cinese

Opera cinese (Xiqu o semplicemente xi: letteralmente `gioco, dramma, rappresentazione, divertimento’) è il termine che l’Occidente ha tradotto convenzionalmente con `opera’, con il quale ci si riferisce al teatro tradizionale cinese. L’uso del termine opera, in riferimento al teatro cinese, non indica una forma analoga al nostro melodramma, bensì un genere articolato composto da diversi modelli e stili regionali. Spettacolo nato attorno al XII secolo, in parte parlato ma soprattutto cantato, è fondato sulla musica, ma di essenziale importanza è l’aspetto coreografico, con personaggi archetipici divisi in ruoli fissi, che utilizzano specifiche tecniche del corpo, del gesto e della voce, nonché costumi e trucchi caratteristici e costitutivi. L’importanza dell’elemento musicale deriva dalla lingua stessa, poiché in cinese l’altezza (intonazione) a cui una sillaba viene pronunciata è un carattere distintivo; ossia, parole per ogni altro aspetto identiche si distinguono per l’intonazione. Dato che una frase o un verso possiedono di per sé un profilo melodico, oltreché metrico, il testo stesso genera modelli ritmici e melodici, diventati presto stereotipi e costitutivi per il teatro cinese.

Le considerevoli varianti di intonazione nei diversi dialetti sono basilari anche nella diversificazione degli stili teatrali regionali; attualmente quelli ancora praticati sono circa trecentocinquanta. A partire dal X secolo si possono distinguere due stili principali: al sud il più popolare nanxi (letteralmente `teatro meridionale’), dove già sono riconoscibili, fra le altre, le quattro principali figure tipologiche del teatro cinese sheng (personaggio maschile), dan (femminile), jing (faccia dipinta) e chou (buffone); e al nord lo zaju (letteralmente `teatro vario o variato’), sviluppatosi dapprima sotto la dinastia Song, fra il X e il XII secolo, e che ebbe la massima fioritura sotto la dinastia Yuan, nel XIII secolo. Una nuova stagione aurea si ha a partire dal XVI secolo, sotto la dinastia Ming, principalmente ad opera dell’attore e musicista Wei Liangfu, che unifica e adatta vari stili musicali preesistenti – originari principalmente dalla Cina meridionale – a una nuova forma, il kunqu (le melodie del Kun-shan, la zona a ovest dell’attuale Shanghai), estremamente raffinata, caratterizzata musicalmente da melodie lente e melismatiche, da un linguaggio elegante e stilizzato e da una certa lentezza anche della gestualità e dell’azione scenica. Mentre il kunqu è un teatro aristocratico, affidato a compagnie spesso private (perlopiù maschili, talora solo femminili, mai miste), una larga varietà di stili popolari si sviluppa durante le dinastie Ming (XIV-XVII secolo) e Quing (XVII-XX secolo), dei quali il principale è tuttora l’Opera di Pechino.